Provinciali rinviate al 2025, si lavorerà alla nuova legge solo dopo le europee - Le Cronache
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Provinciali rinviate al 2025, si lavorerà alla nuova legge solo dopo le europee

Provinciali rinviate al 2025, si lavorerà alla nuova legge solo dopo le europee

di Erika Noschese
Rinviate al 2025 le elezioni provinciali. Questa, al momento, l’ipotesi più concreta che vede il governo nazionale propenso ad un rinvio definitivo. La legge, che di fatto segna la fine della Delrio, dovrebbe essere approvata dopo le elezioni e si andrà alle urne in concomitanza con le Regionali per un election day che promette colpi di scena importanti.
A spingere per accelerare i tempi il vice premier e Ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini che proprio di recente ha dichiarato: «se il centrodestra non rimettesse le Province farebbe un clamoroso autogol, tanto più ora che è forza di governo e avrebbe la possibilità di costruire un radicamento territoriale e pure di aprirsi una strafa che porta ai capoluoghi». Una scelta dettata anche dall’aspetto economico che, chiaramente, non può essere accantonato: il governo nazionale avrebbe difficoltà a sostenere Europee e Provinciali. La nuova legge prevede non solo il ritorno ad elezioni di primo livello dunque con il ritorno al voto di elettori ed elettrici ma anche la giunta provinciale: il presidente, infatti, nomina una giunta, con un numero massimo di quattro assessori, di cui uno con funzioni di vicepresidente, nelle province con una popolazione sino a 500.000 abitanti; con un numero massimo di sei assessori, di cui uno con funzioni di vicepresidente, nelle province con una popolazione compresa fra 500.001 e 1.000.000 di abitanti; con un numero massimo di otto assessori, di cui uno con funzioni di vicepresidente, nelle province con popolazione superiore a 1.000.000 di abitanti. Nella composizione delle giunte, nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura inferiore al 40 per cento, con arrotondamento aritmetico. L’esercizio delle funzioni di assessore provinciale è incompatibile con l’esercizio delle funzioni di consigliere provinciale. Il consigliere provinciale nominato assessore provinciale è sospeso dalla carica di consigliere provinciale per la durata dell’incarico di assessore.
Il consiglio provinciale
Il consiglio provinciale è composto, oltre che dal presidente della provincia, da venti componenti nelle province con popolazione sino a 500.000 abitanti; da ventiquattro componenti nelle province con una popolazione compresa fra 500.001 e 1.000.000 di abitanti; da trenta componenti nelle province con popolazione superiore a 1.000.000 di abitanti e, unitamente al presidente della Provincia, dura in carica 5 anni, fermo restando la possibilità di una mozione di sfiducia da parte della maggioranza assoluta dei componenti del consiglio.
Gli ambiti di interesse
Alle Province sono attribuite diverse funzioni come la cura dello sviluppo strategico del territorio e gestione di servizi in forma associata in base alle specificità del territorio medesimo e la cura delle relazioni istituzionali con province, province autonome, regioni, regioni a statuto speciale ed enti territoriali di altri Stati, con esse confinanti e il cui territorio abbia caratteristiche montane, anche stipulando accordi e convenzioni con gli enti predetti.
Modalità di voto
Gli elettori possono votare solo uno dei gruppi di candidati al consiglio provinciale, tracciando un segno sul relativo contrassegno, intendendosi così votato anche il candidato alla carica di presidente della provincia collegato; solo per uno dei candidati alla carica di presidente della provincia, tracciando un segno sul relativo rettangolo; per uno dei candidati alla carica di presidente della provincia, tracciando un segno sul relativo rettangolo, nonché per uno dei gruppi di candidati al consiglio provinciale ad esso collegati, tracciando un ulteriore segno sul relativo contrassegno. Di conseguenza, nel caso di voto espresso per uno dei candidati alla carica di presidente della provincia, nonché per uno dei gruppi di candidati al consiglio provinciale ad esso non collegato, la scheda è nulla. È proclamato eletto presidente della provincia il candidato alla carica che ottiene il maggior numero di voti validi, purché corrispondente ad almeno il 40 per cento dei voti validi. In caso di parità di voti, è proclamato il candidato più anziano di età e qualora nessun candidato soddisfi le condizioni di cui al comma 5, primo periodo, si procede ad un turno elettorale di ballottaggio, che ha inizio la seconda domenica successiva a quella del primo turno.
Il ritorno ai collegi plurinominali
Il Governo avrà il compito di determinare i collegi plurinominali per l’elezione dei presidenti delle province, dei consigli provinciali, dei sindaci metropolitani e dei consigli metropolitani: il numero dei collegi plurinominali costituiti in ciascuna circoscrizione e il territorio di ciascuno di essi sono determinati in modo che in ciascun collegio plurinominale, sulla base della popolazione residente risultante dai dati dell’ultimo censimento generale della popolazione; la popolazione di ciascun collegio plurinominale può scostarsi dalla media della popolazione, dei collegi plurinominali della circoscrizione di non oltre il 20 per cento in eccesso o in difetto; nella formazione dei collegi plurinominali sono garantite la coerenza del bacino territoriale di ciascun collegio. Altro tema caldo il terzo mandato, fortemente voluto dal presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca. Le Regioni, su questo tema, hanno un minimo di autonomia: Palazzo Santa Lucia sta già lavorando ad una bozza di legge elettorale che passerà al vaglio del consiglio regionale, presentata dalla giunta deluchiana. Due, i passaggi fondamentali: la giunta e il consiglio dovranno votare sì e su questo tema il centrodestra sembra intenzionato a votare sì perchè, come più volte ribadito, l’obiettivo è sconfiggere De Luca al voto e non con un limite imposto dalla legge. Tema, questo, che non vede d’accordo invece il Movimento 5 Stelle che ha già ribadito il suo no a questa ipotesi. Protagonista di questa manovra elettorale sarà il Pd: l’ultima parola spetta alla segretaria nazionale Elly Schlein che potrebbe ribaltare il tutto e, a quel punto, spaccare il Partito. I fedelissimi di De Luca, come Cascone, Picarone solo per citarne alcuni sono pronti a seguire l’ex sindaco di Salerno ma in questo caso entrerebbe in gioco anche la coalizioine di centrosinistra. Al momento però il ragionamento gioca ancora nel campo delle ipotesi e solo dopo le europee del 9 giugno si potrà avere un quadro più chiaro della situazione, tenendo presente – soprattutto per la Campania – l’importante sfida elettorale delle regionali con alcuni sindaci della provincia di Salerno in attesa di conoscere il loro destino sul terzo mandato.