“Popolo, non potere”. Questo il motto su Facebook di Antonio Cammarota. Avvocato, radicato consenso nella città di Salerno, alle provinciali del 2009 fu il più votato e l’unico eletto nella città di De Luca, nel collegio del suo uomo più forte. Poi le coraggiose dimissioni dal prestigioso ruolo di capogruppo alla Provincia contro “il partito del potere che ignora la questione morale”, ora battitore libero a tutto campo, Cammarota rivendica le ragioni politiche di questa scelta.«Sono un uomo libero e vivo solo del mio lavoro, lo sanno veramente tutti. Le etichette di partito sono scadute, si va verso il rompete le righe e l’impegno civico per la città di Salerno. Con la propria faccia, con la propria storia, con chi ci sta». Nessun tavolo del centro destra? «Sono allergico alle liturgie dei tavoli, degli aperitivi, delle chiacchiere. I tavoli dei nominati mai eletti e non di Salerno non interessano a nessuno, perché manca la politica, manca il popolo». Eppure si cerca un nome unitario. La Carfagna andrebbe bene? «Lei non vuole. Dispiace, chi fa politica dovrebbe porre la propria terra prima di tutto. Il nome non c’è e non ci sarà. L’unità non si impone, si costruisce con il comune sentire e concrete proposte, io l’ho fatto, altri no». Lei è stato sempre favorevole alle primarie… «Sempre. E non per la competizione, ma perché il nome deve uscire dalla mente e dal cuore del popolo della città di Salerno. Ma oggi nessuno ha l’autorità organizzativa per farle seriamente. Valga, dunque, la logica del doppio turno elettorale, la selezione la farà comunque il consenso». Insomma, tutti in ordine sparso… «Chi non vota De Luca non vota il centro destra etichetta in sé, che ha dato cattiva prova e non ha mai proposto un progetto alternativo se non il potere, che oggi non ha neppure più. Oltre a non avere politica». Come si fa la politica? «La politica è servizio, partecipazione, giustizia. Si fa sui problemi veri, tra la gente. La storia dell’associazione La Nostra Libertà è sotto gli occhi di tutti. Da dieci anni dalla parte della gente, non apre subito prima e non chiude subito dopo le campagne elettorali, non prende soldi pubblici, è sempre aperta, in via Petrone, fronte strada». Le cose fatte… «Sono sotto gli occhi di tutti. Da ultimo le battaglie di Centrale del Latte, Equitalia, Soget. Oggi il gratuito patrocinio per la legge Fornero e l’anatocismo bancario, il caf, bacheca lavoro, le consulenze gratuite. Da sempre la raccolta per la Mensa dei Poveri. E agorà, che vuol dire “Piazza”, e quindi “democrazia”, partecipazione pubblica ogni martedì sera per portare le proposte, attraverso il consigliere comunale, nelle istituzioni. E l’impegno nei quartieri, siamo stati a Matierno, al Parco Pinocchio, a via Monticelli, saremo ancora per strada, come sempre». Tra qualche polemica di qualche consigliere di maggioranza, invaso nel suo territorio. «Garbata, ma che tradisce un assioma inaccettabile, perché la città è dei cittadini, non del potere». La Nostra Libertà sarà una lista civica? Lei sarà candidato? «Vedremo. Intanto, Stiamo ordinando un progetto che ha dieci anni di storia e che trova coerente riscontro e quindi la sua credibilità nelle proposte e negli atti. Stiamo preparando temi fondamentali e proposte precise, sono i cittadini che scelgono e decidono». Metodo “grillino”… «L’intransigenza morale è nel nostro dna, ma credo che, al netto delle vicende nazionali, valga di ciascuno di noi la storia, la faccia, la dignità. E persone in carne ed ossa, non solo quelle via internet». Luci d’artista, si riparte. «Le nostre sono le proposte di sempre, in atti dal 2010. Chiudere il centro al traffico il sabato, difersificare l’offerta, valorizzare le periferie, trasferire i mercatini di Natale al Vestuti o altrove, bus stop il sabato a Ligea, Arechi, Fratte, più identità, più qualità, meno sagra». Il “marchio”, una sua intuizione… «Noi dobbiamo fare di questo evento lavoro per i nostri giovani, il marchio deve avere il coinvolgimento delle categorie produttive e dei privati e la regia in mano pubblica, con la Camera di Commercio, Comune, Provincia e Regione, e quindi una legge regionale. Quindi produrre “fuochi d’artista”, un campionato mondiale di fuochi pirotecnici nel palcoscenico naturale più unico che raro del nostro splendido Golfo, con una lotteria nazionale. E dunque, nel solco della tradizione, la “Regata storica di San Matteo”, progetto che proposi nel 2011». La Mensa dei Poveri, un impegno antico. «Da sempre facciamo la raccolta quotidiana, e non solo a Pasqua e Natale, in via Petrone e in alcuni supermercati, ora bisogna istituzionalizzare il supporto, fino a creare una Mensa comunale, e un dormitorio al chiuso per i senza fissa dimora, una città civile non fa dormire la gente per terra o nelle auto». Fare sistema, è questa la soluzione? «Guardi, mentre altri discutono di potere, noi nel febbraio abbiamo invitato i vertici apicali delle categorie produttive per sviluppare proposte concrete per la nostra economia, e quindi l’esigenza che a governare i processi di crescita sia il motore degli interessi privati, appunto le categorie, ma con la guida della mano pubblica rappresentata dalle istituzioni elettive». Lei è d’accordo sulla proposta di intitolare il cinema Diana a Pasolini? «Pasolini, con la sua inquietudine, sfugge alla retorica delle appartenenze e crea il pilastro di coraggio culturale, di intransigenza, di libertà. Ma credo che noi dobbiamo, in una città che cresce, valorizzare i nostri nomi, da Alfonso Gatto a Masuccio Salernitano». Nel corso dell’ultimo Consiglio comunale lei si è astenuto sul bilancio suscitando polemiche da parte di qualche consigliere di opposizione che l’accusa di opportunismo. «Polemiche interessate dalla paura del confronto. Ma io rivendico la dignità politica di una scelta. Che per me è di destra, perché chi è di destra ama il popolo, non il potere. E tanto per essere chiari io non ho mai messo il piatto a tavola grazie alla moneta pubblica delle nomine fiduciarie del sottogoverno, altri non possono dire questo, quando parlano di opportunismo si sciaquino la bocca. Votano contro un potere perché sono figli di un altro potere. L’appartenza ai gruppi è una logica che non ci interessa». Deborah Errico
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