di Annarita Caramico
A Salone dei Marmi in memoria di Carlo Falvella. Ieri, alle 18, presso il Salone dei Marmi di Palazzo di città si è svolto il dibattito “Parliamo di Carlo”. L’incontro è stato organizzato dall’Associazione internazionale vittime del terrorismo, con il patrocinio del Comune, per ricordare Carlo Falvella. Falvella, studente di filosofia presso l’Università degli studi di Salerno e vicepresidente del fronte universitario d’azione nazione di Salerno (organizzazione giovanile del Msi), fu vittima, a soli diciannove anni, di un omicidio a sfondo politico commesso dall’anarchico Giovanni Marini nel corso di un agguato. A moderare l’incontro l’avvocato Michele Tedesco. Per Francesco Vota, di Identità e Futuro, un movimento che si ispira alla destra nazionale, quello di ieri è stato “un incontro sui generis; la storia ci ha strappato via Carlo troppo presto: un giovane che ancora oggi può essere d’esempio”. “Il nostro intento è di far partire da Salerno un ricordo e una riflessione: la politica deve essere scambio di idee e mai violenza che porti ad epiloghi violenti” ha concluso Vota. Per Italo Guarino l’obiettivo è non di parlare di politica bensì di Carlo Falvella. “Mi dispiace non ci sia il sindaco Napoli: lo volevo presente per fargli prendere con noi, amici di Carlo, un impegno. Organizzeremo una raccolta firme per intestare una strada a Carlo e a un giovane di sinistra morto in quella terribile seconda guerra civile che ha sconvolto tutto il nostro Paese”. L’avvocato Tedesco ha voluto anche ricordare uno dei fratelli di Falvella, Pippo che gli ha “insegnato l’importanza della pacificazione”. Tedesco ha ricordato che, sebbene non abbia conosciuto Carlo, il processo sull’ omicidio del giovane missino nel ’72 fu il primo che suo padre gli fece studiare. Anche i primi anni d’attività forense dell’avvocato Antonio Calabrese si sono incentrati sul processo Falvella di cui ha mostrato alcuni stralci ingialliti. “Sono passati quarantacinque anni dalla morte di Carlo e io sono ancora commosso al suo ricordo- ha affermato Calabrese- Un ricordo forte e intenso quello delle vittime di quel periodo di tensione politica. Non si vogliono cercare colpevoli oggi ma ricordare i martiri che hanno combattuto per i loro ideali e non ci interessa parlare di destra o di sinistra: dinanzi a vittime innocenti bisogna essere al di sopra delle parti”. Presente, tra gli altri, don Franco Fedullo, amico di Carlo e presente al momento dell’omicidio. Ermanno Mandarino ha raccontato come il grave problema alla vista di Carlo non lo ha mai fermato: voleva laurearsi il prima possibile. “Scrisse una lettera a Gesù da piccolo- ha dichiarato Mandarino- chiedendogli di non perdere la vista e poter continuare a studiare. Lo studio era il suo scopo principale: voleva diventare un docente e sarebbe stato anche un buon uomo politico”. “Sono figlio unico- ha continuato- e Carlo per me era un fratello. Parlavamo di Gentile e della sua teoria dell’immortalità, cantavo l’inno “In alto i cuori, in alto i gagliardetti” e Carlo mi incitava”. “Durante i funerali di Carlo per farmi largo tra i giovani ricordo di aver dato
un calcio ad Almirante: mi sorrise” ha ricordato, commosso, Mandarino per poi concludere dicendo “il monumento a Falvella, a via Velia, andrebbe recintato”. D’accordo con lui, Michele Tedesco, per il quale è insensato “il bivacco dei giovani che insudiciano quella pietra senza sapere la storia di Carlo”. Tedesco ha voluto rimarcare la presenza di Roberto Celano, consigliere comunale, e l’assenza, definita dall’avvocato “pesante”, del sindaco Enzo Napoli. In ultimo ha parlato Giovanni Alfinito, amico fraterno di Carlo Falvella, testimone dell’omicidio. “Non lo riesco a vedere come un’icona: per me Carlo è sempre presente- ha dichiarato Alfinito- Ero amico di Pippo Falvella, che mi presentò suo fratello con cui nacque subito un’amicizia basata su forte empatia. Era buono, generoso, forte. Sapeva che doveva finire gli studi in fretta per i suoi problemi alla vista ma non si è mai sentito diverso dagli altri. Compensava il suo problema agli occhi con una grande dose di forza di volontà”. “Carlo era il tipo che, se pioveva, veniva a prenderti con l’ombrello. Eravamo due giovani normali: facevamo la corte a due ragazze in quel periodo, uscivamo, ci divertivamo: la sua morte è un ricordo violento che mi angoscia” ha proseguito, commosso Alfinito. “Ci credevamo, abbiamo combattuto una guerra civile. A Salerno, in quel periodo, si sono verificati episodi che accadevano solo a Milano. Una vergogna che ha impedito a tanti giovani di portare avanti una nazione che adesso ha bisogno di solidarietà e memoria” ha concluso tra gli applausi. Oltre a Marco Falvella, presidente dell’ Associazione Internazionale Vittime del Terrorismo presenti in rappresentanza delle famiglie delle vittime Francesca Mancia, sorella di Angelo, Ciro Palladino, fratello di Iolanda, Livio Miccoli, fratello di Claudio.