di Oreste Mottola
Negli orti di primavera la scienza corre a salvarlo. L’ha già rivalutato. Il carciofo rischiava di essere dimenticato dopo i successi televisivi di mezzo secolo fa. «Contro il logorio della vita moderna» l’attore Ernesto Calindri suggeriva un amaro. Diventò uno slogan, che si è poi lentamente spento come le luci del vecchio ” Carosello”. C’era del vero. E lo conferma la medicina moderna. In Italia come in America. I nutrizionisti lo inseriscono nelle diete, non fa ingrassare, ma gli si riconoscono anche proprietà già osservate nell’antica Roma. Antiossidanti, depurative, diuretiche. Su 100 grammi il carciofo ne contiene 84 di acqua, 2,7 di proteine, 2,5 di carboidrati, 1,1 di fibre, 0,2, di lipidi oltre a vitamine e minerali. Tra questi: molto potassio, fosforo, magnesio, ferro, sodio, calcio, rame, zinco, selenio, manganese. Molti gli studi promossi dal Dipartimento per l’Agricoltura degli Stati Uniti che classifica il carciofo come settimo al mondo tra gli alimenti ricchi di minerali e vitamine. Oltre alle proprietà antiossidanti il carciofo ha un importante valore depurativo, diuretico: grazie alla cinerina, stimola la diuresi. La presenza di fibre riduce l’accumulo dei grassi. Secondo alcuni orientamenti medici avrebbe anche una funzione lassativa. Di certo, ricorre nelle diete dimagranti e figura come “detox” tra frutta e ortaggi per le bevande centrifugate, che prima del Covid erano nei bar e all’ora dell’aperitivo nei più esclusivi ritrovi. In Campania la produzione aumenta negli ultimi anni dopo primavere avare. Coldiretti rileva 34.663 tonnellate su duemila ettari coltivati. Sono diminuiti, secondo Luigi Cavaliere, presidente di Meristema, il consorzio che attraverso un progetto ha rivitalizzato gli orti moltiplicando attraverso i cloni le piantine della migliore varietà, quella del ” Carciofo di Paestum”. Rilanciato e rivalutato, il Carciofo entra in una università. A Salerno, come rivela Luigi Cavaliere, sono in corso studi della professoressa Giovanna Ferrara, dipartimento di ingegneria dell’alimentazione. In progetto un amaro ma anche idee per nuovi cosmetici. Continua intanto l’opera di Vitro Sele con sede ad Eboli, collegata a Meristema. Promuove una micropropagazione delle piantine per diffondere la produzione di carciofi. Un’azione che li rende indenni da batteri ed effetti fungivi. Sono al lavoro 75 dipendenti, per il 70 per cento donne, ad alta qualificazione. La Campania è quarta nella produzione di carciofi dopo Lazio, Puglia, Liguria, seguono Toscana e Sardegna. Coldiretti considera la Piana del Sele, in provincia di Salerno, leader regionale. Qui si coltiva l’ecotipo ” Tondo di Paestum”, che deriva dal Carciofo di Castellammare, rinominato in anni recenti. Le lievi differenze morfologiche tra il Carciofo di Castellammare, il Campagnano, il Romanesco e il Tondo di Paestum fanno entrare questi ecotipi in un unico gruppo detto ” Romanesco”, che fa da riferimento alla produzione del Carciofo di Paestum Igp. Limitata diffusione ha il carciofo Bianco di Pertosa, inserito fra i presidi di Slow Food, coltivato su pochissimi ettari in provincia di Salerno. Altra varietà è la Capuanella, coltivata su ridotte superfici in provincia di Caserta e nel comune di Capua, in particolare. Di grande pregio, ma in modesto volume, il Carciofo di Pietrelcina, protetto dal marchio Slow Food. In Campania sono antiche le origini, risalgono all’epoca romana, ma le prime informazioni sono del XV secolo. Si legge di Carciofi di Schito, zona alla periferia nord di Castellammare di Stabia, non lontano da Pompei, con depositi di lava e lapilli emessi con l’eruzione del Vesuvio del 79 d. C. L’eccezionale valore di questi orti li fa definire «il miglior dono fatto dal Vesuvio alle sue terre». Negli orti di primavera la scienza corre a salvarlo. L’ha già rivalutato. Il carciofo rischiava di essere dimenticato dopo i successi televisivi di mezzo secolo fa. «Contro il logorio della vita moderna» l’attore Ernesto Calindri suggeriva un amaro. Diventò uno slogan, che si è poi lentamente spento come le luci del vecchio ” Carosello”. C’era del vero. E lo conferma la medicina moderna. In Italia come in America. I nutrizionisti lo inseriscono nelle diete, non fa ingrassare, ma gli si riconoscono anche proprietà già osservate nell’antica Roma. Antiossidanti, depurative, diuretiche. Su 100 grammi il carciofo ne contiene 84 di acqua, 2,7 di proteine, 2,5 di carboidrati, 1,1 di fibre, 0,2, di lipidi oltre a vitamine e minerali. Tra questi: molto potassio, fosforo, magnesio, ferro, sodio, calcio, rame, zinco, selenio, manganese. Molti gli studi promossi dal Dipartimento per l’Agricoltura degli Stati Uniti che classifica il carciofo come settimo al mondo tra gli alimenti ricchi di minerali e vitamine. Oltre alle proprietà antiossidanti il carciofo ha un importante valore depurativo, diuretico: grazie alla cinerina, stimola la diuresi. La presenza di fibre riduce l’accumulo dei grassi. Secondo alcuni orientamenti medici avrebbe anche una funzione lassativa. Di certo, ricorre nelle diete dimagranti e figura come “detox” tra frutta e ortaggi per le bevande centrifugate, che prima del Covid erano nei bar e all’ora dell’aperitivo nei più esclusivi ritrovi. In Campania la produzione aumenta negli ultimi anni dopo primavere avare. Coldiretti rileva 34.663 tonnellate su duemila ettari coltivati. Sono diminuiti, secondo Luigi Cavaliere, presidente di Meristema, il consorzio che attraverso un progetto ha rivitalizzato gli orti moltiplicando attraverso i cloni le piantine della migliore varietà, quella del ” Carciofo di Paestum”. Rilanciato e rivalutato, il Carciofo entra in una università. A Salerno, come rivela Luigi Cavaliere, sono in corso studi della professoressa Giovanna Ferrara, dipartimento di ingegneria dell’alimentazione. In progetto un amaro ma anche idee per nuovi cosmetici. Continua intanto l’opera di Vitro Sele con sede ad Eboli, collegata a Meristema. Promuove una micropropagazione delle piantine per diffondere la produzione di carciofi. Un’azione che li rende indenni da batteri ed effetti fungivi. Sono al lavoro 75 dipendenti, per il 70 per cento donne, ad alta qualificazione. La Campania è quarta nella produzione di carciofi dopo Lazio, Puglia, Liguria, seguono Toscana e Sardegna. Coldiretti considera la Piana del Sele, in provincia di Salerno, leader regionale. Qui si coltiva l’ecotipo ” Tondo di Paestum”, che deriva dal Carciofo di Castellammare, rinominato in anni recenti. Le lievi differenze morfologiche tra il Carciofo di Castellammare, il Campagnano, il Romanesco e il Tondo di Paestum fanno entrare questi ecotipi in un unico gruppo detto ” Romanesco”, che fa da riferimento alla produzione del Carciofo di Paestum Igp. Limitata diffusione ha il carciofo Bianco di Pertosa, inserito fra i presidi di Slow Food, coltivato su pochissimi ettari in provincia di Salerno. Altra varietà è la Capuanella, coltivata su ridotte superfici in provincia di Caserta e nel comune di Capua, in particolare. Di grande pregio, ma in modesto volume, il Carciofo di Pietrelcina, protetto dal marchio Slow Food. In Campania sono antiche le origini, risalgono all’epoca romana, ma le prime informazioni sono del XV secolo. Si legge di Carciofi di Schito, zona alla periferia nord di Castellammare di Stabia, non lontano da Pompei, con depositi di lava e lapilli emessi con l’eruzione del Vesuvio del 79 d. C. L’eccezionale valore di questi orti li fa definire «il miglior dono fatto dal Vesuvio alle sue terre».