Di Giuseppe Nappo
O Viccillo era solo salernitano oggi nemmeno salernitano. La tradizione culinaria pasquale della Campania è davvero ricca e variegata. La maggior parte delle pietanze regionali mantiene diverse caratteristiche comuni, che traggono la loro origine dalla diretta discendenza dalle antiche tradizioni religiose. Cristiana certo ma anche con rimandi all’ebraismo e finanche alle usanze più antiche (pensiamo, ad esempio, alla pastiera, allegoria alla rinascita, oppure al consumo di verdure amare o agnello scritti nel vecchio testamento e già elementi presenti nella pasqua ebraica). Le tradizioni a tavola della pasqua in Campania nei secoli hanno poi aggiunto altri cibi particolari giovandosi di questa terra che è sempre stata Campania Felix. Vere eccellenze culinarie e dolciarie si sono ideate nei secoli. Oggi l’industrializzazione alimentare ha monopolizzato tanti prodotti tanto che li promuove in continuazione nel corso dell’anno che la Pasqua sembra una domenica normale . Non ha trovato omologazione ne seguito una tradizione tutta salernitana che era quella del ”Viccillo”, in altre parole ”uovicino” dove un uovo era inserito sul culmine della brioche. Questa produzione era tradizione esclusiva della nostra città legata strettamente ai riti del Giovedì Santo. Nello specifico protagonista della merenda pomeridiana dei piccoli di casa, per loro era preparato o acquistato nelle storiche pasticcerie del centro. I bambini ricevevano il “viccillo” prima di recarsi allo “struscio” per la visita ai Sepolcri. Il viccillo nei potenti riti della settimana Santa era utilizzato per cooptare i piccoli alla sequela tanto che in passato era spesso preparata per i bambini di casa e fatta benedire in occasione del Triduo Pasquale. Il “viccillo”, brioche dolce o salata che fosse la pasta lievitata, trasmetteva un messaggio veramente simbolico. Un intreccio che ricorda, e nemmeno troppo vagamente tante simbologie cristiane: Il pane centralità dei riti religiosi, L’uovo è per definizione il simbolo della rinascita della terra, già simbolismo nelle culture pagane legate ai riti delle feste primaverili, rappresentazione della natura che rinasce, nel passaggio dall’inverno alla primavera. Fu adottato dai primi cristiani come emblema della rinascita dell’uomo nel giorno di Pasqua. Il guscio rigido e poroso è assimilato al sepolcro, all’interno del quale Cristo rinasce. La croce di pasta che stringe l’ovino alla sommità simboleggia la vita che nasce stretta dalla croce come mistero di morte e rinascita. Una tipicità cittadina che poteva essere salata, derivazione dell’impasto del pane fatto in casa, o più semplicemente una versione dolce, fatta con gli avanzi di pasta frolla delle pastiere nelle nostre case. Un’attenzione per i piccoli che rilevava anche il legame ancora stretto tra le generazioni, perché il Giovedì santo era uno dei pochi riti in cui partecipavano insieme più generazioni.