Un po’ di tempo fa, negli anni novanta, si ascoltava la musica con il walkman, si iniziavano a diffondere i primi telefoni cellulari che sembravano citofoni, sulle strade camminavano l’Opel Astra GSI e la Fiat Punto e l’elettricità applicata alle automobili non era neanche nei pensieri di Elon Musk. Imperavano le videoteche come Blockbuster, i cinema funzionavano ancora, molti giocavano con il pulcino virtuale Tamagotchi, compravamo le schede telefoniche per poter effettuare chiamate dalle cabine pubbliche, nei primi PC inserivamo improbabili floppy disk cartonati, indossavamo i jeans Levis 501, frequentavamo le sale giochi, c’erano i Power Rangers e, in TV, erano tutti davanti a Beverly Hills e Baywatch. Era decisamente un altro mondo, del resto parliamo di trenta e più anni fa, oggi siamo in un’altra era, attorno a noi assistiamo quotidianamente a cambiamenti allora inimmaginabili, la globalizzazione, l’intelligenza artificiale, la digitalizzazione, la connessione h24, lo smart working, i cellulari con la home banking e tante altre decine di app. Tutto cambia, tutto è cambiato in modo radicale, ma molti dei nostri concittadini sembrano non accorgersene e rimangono con lo sguardo al passato. Anzi con lo sguardo estasiato, ricordando quando il deus ex machina ebbe a cambiare il volto della città, eliminando le cosiddette “chiancarelle” e riqualificando quell’area. Eterna gratitudine, da allora, per questo cambiamento “epocale”, indipendentemente dal fatto che in tutte le città del mondo e nella vita di tutti, i mutamenti sono stati radicali, indelebili e profondi. Chi non si muove dalla città, chi non confronta, chi non visita altre realtà ma resta confinato fra Teatro Vedi e Piazza Portanova, fra la stazione e Pastena, fra San Leonardo e Giovi, rimane perennemente convinto che solo qua ci siano stati dei mutamenti e perdona tutto in nome di questa pseudo rivoluzione. Molti dei nostri concittadini sono immobili con lo sguardo al passato a glorificare chi ha eliminato l’area di degrado occupata dalle ditte di legnami e, di fronte e qualsiasi critica si possa muovere per come è ridotta oggi la nostra città, qualsiasi appunto sullo stato di abbandono, sulla disorganizzazione e sul senso di improvvisazione che pervade tutto ciò a cui l’Amministrazione mette mano, c’è sempre qualcuno che ci spiega che però le chiancarelle non ci sono più. Il lungomare è invivibile, gli alberi scompaiono, i cantieri sono perenni e non si chiudono mai, la mobilità è un terno al lotto, i turisti utilizzano Salerno come hub di transito per andare altrove, vista la incapacità di valorizzare i pur tanti luoghi di interesse storico della città e di inventarsi eventi degni di nota. Il commercio è fermo, i debiti sono tanti, la politica è inesistente, pur se abbondano conferenze stampa e promesse, che non si riescono a mantenere. Ma molti cittadini, come ipnotizzati, rimangono lì, pietrificati, con lo sguardo estasiato e puntato sulle chiancarelle, che per fortuna non ci sono più. Quanto ci vorrà ancora perché si sveglino?
Alessandro Turchi, Presidente di Salerno Migliore





