Oggi, alle ore 19,30, negli spazi della Pinacoteca Provinciale, in un concerto promosso dall’Associazione Culturale Emiolia, prima esecuzione delle Sei Sonate a solo per violino e basso op.4. Presentato alla stampa a Palazzo di Città l’evento che impreziosirà ancor più l’offerta musicale cittadina
Riprende il nuovo anno con la Salerno Barocca dell’ Associazione Culturale Emiolia, che prende il nome dalla figura simbolo del mutamento ritmico, presieduta dal controtenore Pasquale Auricchio. La musica afferra il presente, lo ripartisce e ci costruisce un ponte che conduce verso il tempo della vita. Colui che ascolta e colui che canta vi ci trova un amalgama perduto di passato, presente e futuro. Su questo ponte, finchè la musica persiste, si andrà avanti e indietro. E’ su questo assunto che il compositore Francesco Aliberti ha composto le Sei Sonate a solo per Violino e Basso op.4 e Sei Sonate a tre nello stile da chiesa per due violini e Basso,op.5, edite dalla casa Armelin Musica di Padova. Ilario Ruoppolo al violino e Matteo Parisi al cello, stasera, negli spazi della Pinacoteca Provinciale, alle ore 19,30, nel corso di un evento che vanta il patrocinio morale del Comune e della Provincia di Salerno, nonché la collaborazione dell’Associazione Culturale BSide presieduta da Anthes Aliberti e di Collezione Bartoccini sarà eseguita in prima assoluta l’op.4 al completo di Francesco Aliberti. Presentare sonate barocche con basso continuo nel 2023 può sembrare anacronistico, ma sono dell’avviso che il tempo dell’arte sia circolare. Non c’è progresso, ci sono orizzonti poetici che superano il tempo convenzionale cronologico, condivisibili o meno, ma sempre veri e attuali. Parafrasando Benedetto Croce possiamo affermare che l’arte è sempre contemporanea, al di là della collocazione cronologia dell’ opera. Questo vale per le opere del passato che vivono nel presente, ma anche per opere del presente che godono della luce del passato, senza per questo pretendere una restaurazione. Alla maniera hegeliana, la storia è un andare avanti che riprende il passato e lo porta con sé in un eterno presente che è anche futuro. Queste sonate rappresentano pertanto una declinazione ulteriore dei modelli della sonata da chiesa di Corelli, della suite strumentale, delle invenzioni melodiche ed espressive di Handel e Bach, ma chi conosce l’ autore può individuarne una luce ulteriore: richiami al ritmo di scuola napoletana, il gusto per il ricamo secentesco, l’attenzione alla preghiera attestata dai corali e dalla dedica alla Vergine Maria nell’ultima sonata a tre, vaghe citazioni (in particolare nell’op. 5) di musiche ‘altre’, dal pop anni settanta all’opera lirica. Insomma, queste sonate rappresentano la sintesi di un vissuto musicale che, pur essendo incardinato sul tardo barocco, guarda trasversalmente ad epoche e generi diversi senza palesarli. Non c’è alcuna pretesa di dichiarare un ritorno al passato o di polemizzare col mondo di oggi. L’autore scrive per sé, in un momento di ricerca di sé volto a dissipare le ombre della lunga quarantena del 2020, trasformando una pausa dal mondo che è sembrata surreale in un momento di grazia. Il mondo per un attimo si è fermato, la musica in meno di due settimane è stata liberata sui fogli, l’anima senza filtri ha potuto godere di forme espressive non condizionate dal giudizio altrui. Sotto le volte di una cattedrale risuonano i passi di un uomo. E’ l’uomo contemporaneo che attende al suo paziente riflettere, anni e anni dedicati allo studio della musica antica. La storia dell’umana cultura può trovare degno simbolo in questo echeggiare di passi che evoca secoli di musica. Il parto di queste due opere di Francesco Aliberti va letto proprio così, come un legame assolutamente vitale tra ciò che di più antico si conosce e ciò che di più moderno si possa creare in ambito musicale. “Due sole settimane per mettere giù sul pentagramma queste due opere – ha rivelato il compositore Francesco Aliberti – nel silenzio vivo di quel periodo in cui ho finalmente avuto la possibilità di sedermi a tavolino e scrivere musica indisturbato”. Non è lontano dalla realizzazione di un recitativo al clavicembalo, l’essenza di queste pagine, in cui Francesco ha racchiuso per intero il suo background culturale e gli omaggi ad affetti che fisicamente non ci sono più, eternandoli tra le note. “Pagine scritte per me finanche nel progetto editoriale che vede due disegni di Franco Quadri, schizzarmi in parrucca”. Il compositore, infatto, così si immagina quasi da sempre e filosofeggia tra simboli quali la Grande Madre Mediterranea e Nefertiti, raggi di luce e triangoli, in cui balena anche il Mozart del Die Zauberflote, oltre l’omaggio a Giovanbattista Vico che curò personalmente la Dipintura della sua opera più importante, la “Scienza Nuova”, e soprattutto impegnò ben ottanta pagine dell’opera per spiegare i simboli che essa contiene. Il Francesco Aliberti filosofo non può non sposare il Francesco musicista, è la stessa cosa, il raggio di luce della conoscenza parte dall’occhio di Dio, cioè dalla Provvidenza e giunge fino al cuore degli uomini, perché la verità passa attraverso la poesia, i sentimenti, l’arte: insomma la civiltà si sviluppa non attraverso la ragione, ma attraverso le emozioni che conducono l’uomo alla virtù.