Le ombre del centro storico di Salerno dissolte dall’urgenza espressiva della affermata barlady Maila Mele e dal patron dello spazio il Dj Francesco Capparrone. La bartender ha un cocktail nella lista dell’Orum, essendosi aggiudicata il contest del Westin Excelsior di Roma con il suo Opus
di Olga Chieffi
E’ uno spazio speciale quello in cui operano Francesco Capparrone e Maila Mele, il PassoDuomo, difronte alla cattedrale di Matteo, il cuore del centro storico di Salerno, uno spazio antico, millenario, che può considerarsi il segno, nel suo divenir parola, suono, immagine, che diventa di-segno, archè, principio in quanto da-dove della progettualità, essenziale punto di dipartimento di ogni pensiero e che nelle intenzioni del patron debba avere la caratteristica comunicativa e sociale di “luogo familiare”, per poter restituire qualcosa di una drammaturgia segreta, che porterà tutti a “fare parte della scena”. Francesco Capparrone, il celebrato Kappa, l’ideatore del Mito Music Festival, resident al Ciclope, già art director del Liquid Club Salerno, ha deciso di tentare da quattro anni d’inventare la gioia in via Duomo. “Sono un creatore d’eventi – spiega sorridendo Francesco – qui a PassoDuomo hanno suonato in tantissimi, abbiamo fatto Halloween, Tombole scostumate, io devo divertirmi per poter far star bene i fruitori del locale, lasciare a casa ogni problema, ogni ansia, ogni preoccupazione. Sinceramente pensavo quattro anni fa, quando ho iniziato, di riuscire ad elevare a luogo di Movida questa splendida strada, ma i paletti sono veramente tanti, dallo stop alla musica a mezzanotte nei giorni feriali e all’una nei festivi, pur rispettando la regola dei decibel, niente musica live, parcheggi pochi e costosi. E se dico che pur essendo figlio di un carabiniere non mi sento tutelato, in un luogo che dovrebbe essere super video sorvegliato per tutto, dal conferimento dell’immondizia ai ladruncoli che hanno tentato di infilarsi anche qui, nessuno ascolta”. Francesco quale è la filosofia del PassoDuomo? “Parte dal nome. I nostri tempi “usa e getta” – anche la coscienza e i sentimenti, disvivere più che vivere -, ossia la vita quotidiana intesa quale consumo veloce, consunzione oscura, spendita e ricarica inerti, abbandono, cieca soddisfazione, sopraffazione, cosa può redimere? Un luogo dove si possa star bene, dove ci si possa divertire con juicio. Qui il bere non è lo scopo principale di quanti si siedono per trascorrere del tempo, ma la ricerca di un tempo pieno, non vuoto, un tempo che sia pieno di musica, di parole, di sana leggerezza e questo cerchiamo al meglio di realizzarlo, in primis con una affermata barLady che è Maila Mele e partiremo a breve con un servizio di catering che prevederà piatti del mio Cilento e se andrà bene, come credo, dovrò pensare ad una cucina e ad uno chef per il prossimo anno”. Il locale lo fa il barman ma Francesco Capparrone ha scelto una carismatica BarLady, Malia Mele, figlia d’arte di papà Enzo, che l’ha messa a “giocare”, con le bottiglie sin da piccolissima, dove “giocare” raccoglie il senso più intimo del termine la cui etimologia apre a tutto ciò che è gioia che ha in sé la radice ge della terra che è la stessa della conoscenza, gignosko, del gioco e, quindi, dell’arte tutta. E Malia possiede l’arte della mixology avendo un cocktail a suo nome l’ Opus, nella nuova drink list dell’Orvm, premio per aver vinto il contest internazionale del Westin Excelsior di Roma, con una rivisitazione del Cardinale Twist, nato proprio in questo Hotel che nella Dolce Vita degli anni ’60 si batteva col Negroni. La ricetta è raffinata con un Martini riserva Ambrato che offre il gusto misterioso e delicato: 4,5 cl Gin Bombay, 2 cl Aurum, 2 cl Martini Riserva ambrato 1 cl bitter Campari (o Martini), drops orange bitter. Ma Maila non solo porta avanti la sua instancabile ricerca nel mondo della mixology, ma ha già nel cassetto una laurea in scienze motorie e sta studiando scienze della nutrizione. La filosofia del suo mixare è l’equilibrio, le decorazioni devono essere corredo esclusivamente sinestetico del cocktail, mentre il suo sogno è tutto caraibico, un piccolo spazio dove continuare a giocare tra frutta e profumi esotici con un pubblico scelto, familiare, con cui dialogare attraverso le sue esclusive creazioni. Come nello sport e in tutte le arti, secondo Maila, bisogna rispettare una scala senza salti: conoscenza altissima di tutti i cocktails internazionali, poi metterci del proprio e, infine, approcciare i più difficili, ad esempio la molecular mixology che sono poi tecniche di cucina. E il gin che oggi è al centro delle mode? “Si giusto mode – se non si espone il gin di grido quasi si sottovaluta il barman, gin Mare Monkey Tanqueray, gin da meditazione, da bere anche lisci, a secondo del boquet aromatico, ma io uso il Bombay per i miei cocktail e se dovessi offrirlo liscio, il Plimouth”.