“Io fatico e quello vorrebbe dividere uguale a me senza fare niente, se mettesse i soldi…questa è una cosa concepibile se quello facesse il finanziatore, caccia i soldi poi se li prende, però voglio dire, lui caccia i soldi e io fatico”: sono le parole pronunciate da Vincenzo Bove alla compagna Antonella Sabato facendo riferimento a Del Regno che pretendeva una uguale ripartizione dei profitti. Emergono nuovi particolari dall’inchiesta portata avanti dai militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Salerno che nella giornata di giovedì hanno dato esecuzione a una ordinanza di applicazione di misure cautelari personali nei confronti di 10 indagati, procedendo contestualmente al sequestro di 11 attività commerciali. In particolare, il Gip del Tribunale di Salerno, su richiesta della Procura, ha disposto la misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di Domenico Zeno, Vincenzo Bove, Massimo Sileo, Carmine Del Regno, Vincenzo Casciello e Antonio Libretti; La misura cautelare del divieto di dimora nella regione Campania nei confronti di Mariarosaria D’auria, Michelina Del Basso, Elisabetta Del Regno e Donato Pasqualucci, quest’ultimo destinatario anche della misura interdittiva della sospensione dall’esercizio della professione di commercialista per la durata di un anno, nonché una serie di misure cautelari patrimoniali di notevole rilevanza. Nella società con Zeno, infatti, vi era una precisa ripartizione di ruoli e competenze secondo la quale la gestione delle attività di ristorazione era rimessa a Bove e quella del bar ad insegna Zerottonove a Zeno. “Io perciò faccio la società con Mimmo Zeno perché lui si vede delle cose e io altre e allora è giusta la società”, emerge infatti dalle intercettazioni telefoniche. Bove e Zeno infatti avevano trovato il modo per andare avanti senza frizioni lavorando alle tante attività a loro riconducibili mentre erano più che evidenti i contrasti con Del Regno.
Pubblicità social per i locali
Dalle intercettazioni emerge anche il modo di pubblicizzare le attività: i soci sono infatti in rapporti di amicizia con un duo comico molto noto in città che spesso andavano nei locali per farli conoscere ulteriormente attraverso i loro canali social, particolarmente seguiti. Bove, in particolare, era legato ad uno dei due artisti al quale chiedeva di pubblicizzare le attività commerciali ma il comico, rispetto ai pagamenti, chiedeva contanti
Tra le società ad intestazione fittizia anche la Ds Carni, proprietaria del ristorante Porca Vacca con soci D’auria Maria Rosaria (moglie di Del Regno) e Bernardo Elisa (madre di Del Regno), costituita attraverso i finanziamenti occulti di Del Regno, che ne rivendicava una quota parte (non a caso le quote sociali erano intestate a suoi familiari, mentre la diretta gestione imprenditoriale era nella mani di Bove Vincenzo, soggetto privo di cariche sociali e di quote di partecipazione. Peraltro, il diretto coinvolgimento di Bove nella gestione della società Ds Carni s.r.., che sostanzia la fittizia intestazione in relazione alla sua posizione, poteva chiaramente evincersi dal contenuto delle conversazioni intercettate, nelle quali questi discuteva con l’amministratore D’Auria Maria Rosaria della gestione economica della società nonché dalla significativa circostanza rappresentata dall’utilizzo da parte sua di un’autovettura con contratto di noleggio intestato alla società mentre la fittizia intestazione di Del Regno poteva evincersi dalla sua posizione di finanziatore occulto, nonché dall’utilizzo di prestanome a lui legati da stretto rapporto di parentela, ad ulteriore conferma del legame imprenditoriale con Bove. Intestazioni fittizie anche per la società Meda Carni, titolare dei supermercati Eté e Xsempre, caduti in disgrazia e oggi chiusi, con la partecipazione occulta di Vincenzo Bove ribadita a più riprese da Del Regno che quasi accusava Bove del fallimento in quanto avrebbe favorito le attività ristorative. “Io non voglio più rischiare la mia pelle per gli altri, è disponibile il 50% del supermercato…”, le parole pronunciate da Del Regno.
La mancata riapertura dei supermercati
Con la chiusura dei supermercati a marchio Etè non è mancato l’interesse da parte delle organizzazioni sindacali che hanno provato ad avviare una trattativa per salvaguardare i posti di lavoro. Vi era un imprenditore di Battipaglia interessato a rilevare i supermercati che, a pochi giorni dall’annuncio, fece un passo indietro perché, a suo dire, i conti non tornavano. Proprio attraverso queste colonne l’imprenditore raccontò di non essere interessato perché, a suo dire, Del Regno non era del tutto onesto e alcune vicende non tornavano. “Se si sono fatti i debiti li ho fatti io, li ha fatti lui, se si sono rubati i denari li ho rubati io e li ha rubati lui e i guai sono stati fatti assieme”, diceva ancora Del Regno particolarmente preoccupato tanto da voler cedere la sua parte di società per uscire “fuori dal giro”. Ad affossare la Meda Carni ci avrebbe pensato proprio Del Regno con una serie di transizioni finanziarie non inerenti l’attività sociale con formale causale che parlava di concessione o restituzione di prestiti infruttiferi tra parenti mentre in epoca contestuale all’accredito delle risorse finanziarie provenienti dalla Meda Carni si registravano prelievi di somme per contanti da parte di Del Regno, aggravando in questo modo la situazione finanziaria della società. Altre movimentazioni finanziarie si registravano per l’acquisizione delle quote societarie del Messina Calcio per un importo di 7.500 euro. Dall’inchiesta emerge proprio l’esistenza e la conformazione di un gruppo strutturato per consentire la gestione occulta di attività economiche a Bove, Zeno e Sileo, quest’ultimo a capo della La Caffè Santa Cruz Salerno. Proprio Sileo era il finanziatore, impegnato anche in “novità” ristorative tanto da aver chiuso un accordo con Sal De Riso per la produzione di una colomba con i loghi del bar 089 e Caffè Santa Cruz. Sileo inoltre avrebbe dovuto rilevare il 25% delle quote di partecipazione al capitale sociale di Impastati.
Oggi i primi interrogatori
Intanto oggi inizieranno i primi interrogatori: si inizia da Enzo Bove, assistito dall’avvocato Michele Tedesco mentre martedì toccherà agli altri sei, attualmente agli arresti domiciliari. Gli indagati devono rispondere dell’accusa di associazione per deliquere, trasferimento di valori per riciclaggio e autoriciclaggio, favoreggiamento personale, truffa ai danni dello Stato, sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, violazione dell’obbligo di comunicazione come previsto dal codice antimafia. Il Gip Annamaria Ferraiolo, nelle quasi cento pagine di ordinanze firmate, ha descritto diversi episodi rispetto ai reati contestati agli indagati, il tutto nato dopo un controllo da parte dei Nas presso uno dei locali coinvolti dal quale è emerso che vi era una gestione fittizia dell’attività con Bove e Del Regno a capo di diverse società riconducibili a bar e ristoranti operanti sul territorio del capoluogo di provincia e, come nel caso del bar 089 anche a Roma.