Recupera la sua bellezza originaria e l’antico splendore la “cattedrale” cuore ed identità di Calvanico, dopo la distruzione provocata dall’evento sismico del 1980. Benedice la nuova facciata monumentale restaurata e il nuovo sagrato Sua eccellenza Monsignor Andrea Bellandi, Arcivescovo dell’Arcidiocesi di Salerno-Campagna- Acerno. Prima visita pastorale ufficiale per l’inaugurazione e la riconsegna della casa canonica dopo lavori di ristrutturazione e per la celebrazione della Messa Solenne in onore di San Michele Arcangelo, patrono di Calvanico: un culto molto avvertito nella Valle dell’irno, che custodisce il santuario micaelico più alto d’Italia, la cui devozione affonda le radici in secoli di storia. Un momento di grande intensità ed emozione per tutto il popolo calvanicese per il recupero della Cattedrale, emblema di arte, di fede e di bellezza. “È un momento di festa, di gioia, perché la Chiesa è il punto nevralgico della vita e dell’identità di un Paese” – sottolinea Monsignor Bellandi al termine delle celebrazioni, scoprendo la targa – Un giorno molto importante perché è il termine di un lavoro di ristrutturazione e di abbellimento della facciata, del campanile e dei locali annessi alla chiesa parrocchiale di Calvanico. Dobbiamo ringraziare la Conferenza Episcopale italiana per il contributo che ha elargito, il Parroco Don Vincenzo per aver istruito tutto l’iter e il supporto dell’amministrazione comunale”. “È faro e segno della presenza (domum) di Dio (Dominus) in mezzo a noi. In questa casa del Signore, da secoli, si declina la vita cristiana, sacramentale, liturgica del popolo di Calvanico – sottolinea Don Vincenzo Pierri, rettore del santuario di San Michele Arcangelo e parroco di Calvanico, che ha accolto Monsignore insieme al sindaco del comune di Calvanico Francesco Gismondi, con la presenza anche di Don Antonio Pisani, direttore dell’Ufficio diocesano Beni Culturali e Nuova Edilizia di Culto espressione della Conferenza Episcopale Italiana. A dominare le suggestive navate della chiesa la preziosa statua di San Michele Arcangelo che raccoglie la devozione dei fedeli, esposta al pubblico soltanto nel mese di maggio, in occasione della processione durante la quale viene portata in spalla verso il santuario che sorge a 1.567 metri di altitudine, a simboleggiare quel percorso spirituale alla ricerca del divino e della spiritualità, tra Dio e natura. Una ricostruzione resa possibile dalla «rinnovata “pietas” con sacrificio, determinazione e coraggio», come sottolinea Don Vincenzo nel suo intenso discorso in cui fa riferimento alla “Divina Costruzione” riportata nel salmo 127, tracciando l’exursus storico dell’edificio. “Un luogo santo che può tornare a testimoniare quanto i nostri padri vollero esprimere, nella notte dei tempi, quando cominciarono ad edificare questo tempio”. Come emerge dalle fonti dell’archivio parrocchiale recuperate da Don Vincenzo, infatti, la chiesa sarebbe stata edificata prima dell’anno mille dalla pietà dei fedeli, la “pietas fidelium”. “Un tempio custodito dalle generazioni, ancora oggi luogo di incontro e presenza di Dio. È segno che anche dopo la tempesta, dopo il naufragio, il pericolo, la malattia, il terremoto o la pandemia è Dio che fa nuove tutte le cose, nella costruzione della vita e dell’esistenza”. Un impegno corale che ha permesso al complesso parrocchiale di riacquisire vigore e bellezza. “È un onore poter accogliere Sua Eccellenza Monsignor Andrea Bellandi, nostro amato Arcivescovo – evidenzia il sindaco Francesco Gismondi – Questo complesso rivive ed è occasione di grande orgoglio per la nostra comunità. Fra qualche giorno sarà ultimato il sagrato che è la parte iniziale di un progetto molto più completo e articolato di riqualificazione di tutta l’area intorno alla nostra bellissima parrocchia che definiamo la nostra bella cattedrale”. I primi restauri si inseriscono infatti in un progetto molto più ampio ed articolato, tra cui in futuro si spera di inserire, oltre al recupero degli interni della basilica, anche la struttura esterna prospiciente alla chiesa, quasi completamente rasa al suolo dal terremoto di 40 anni fa.
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