di Carmine LANDI
BATTIPAGLIA. «Quei coglioni dei foreign fighters dell’Isis»: non è Matteo Salvini a parlare, né tantomeno un esponente di qualche frangia neofascista, ma si tratta di Eugenio Sharif Mastrovito, portavoce della comunità islamica battipagliese che fa capo all’associazione “Fratellanza Musulmana” e che si riunisce all’interno della sala di preghiera di via Matteo Ripa, la piccola “moschea” che venerdì sera è stata tristemente oggetto di un piccolo attentato, con una bomba carta improvvisamente scagliata nella stanza da due ignoti – forse due giovani – poi scappati via.
«Anche a noi musulmani – prosegue il 36enne, che lavora allo sportello immigrati del Patronato ACLI di Salerno – capita di esportare teste di cazzo»; la confraternita islamica di Battipaglia, d’altronde, è tutt’altro che fondamentalista, e nel corso della sua storia s’è sempre rivelata aperta al dialogo, ben inserita all’interno del contesto cittadino: d’altronde, lo dice lo stesso Mastrovito che «Battipaglia non è razzista».
Certo, il razzismo non appartiene alla città del Tusciano, ma qualche campanello d’allarme suona pericolosamente; talvolta, come accaduto venerdì o agli inizi di quel febbraio del 2008, esplode letteralmente. È proprio per questo che certi episodi non vanno gettati troppo frettolosamente dietro l’oscuro velo dell’oblio; è proprio per questo che stamattina – è stato rinviato ad oggi perché ieri non erano presenti gli agenti intervenuti a via Ripa – l’imam Abderrahim Lharoui andrà in Questura a sporgere formalmente denuncia.
Gli uomini del locale commissariato di Polizia, guidati dal vice questore aggiunto Antonio Maione, e i militari dell’Arma dei carabinieri, timonati dal maggiore Giuseppe Costa, stanno seguendo due piste, di cui la prima porta alla matrice razziale e la seconda – maggiormente plausibile – alla bravata. Una bravata tutt’altro che innocua, considerando l’astioso clima che si respira in questi giorni. «La ragazzata – spiega il portavoce della comunità – avviene perché se il giovanotto di turno, che trascorre la giornata navigando su Internet, legge certe cose, viene fomentato da ciò con cui viene a contatto».
E sul web, in questi giorni, se ne leggono davvero tante: «Molti – constata amaramente Mastrovito – hanno cominciato con i “vogliono venire a comandare a casa nostra”; si riportano cose che magari faranno riferimento a qualche altra città, dal momento che la nostra posizione è di totale rispetto per la cultura, la tradizione e il vivere civile di questa comunità».
Nell’era della crisi, tuttavia, prestare il fianco alla diffidenza appare estremamente facile: «noi – prosegue l’islamico battipagliese – comprendiamo benissimo il momento di sfiducia, ma non bisogna trovare nello straniero e nel diverso il capro espiatorio di una situazione che coinvolge anche lo straniero che è qui, lavora e paga le tasse».
Una stoccata anche a qualche esponente della classe politica locale: «chi vuole fare una battaglia per prendere qualche voto in più – dichiara Mastrovito – sappia che tutto ricade su tantissime persone e famiglie, il 90% delle quali sono regolari, che lavorano; le si può vedere, d’altronde, scrutando tutti i terreni agricoli che costeggiano la via per andare al Cilento Outlet».
In fatto di migranti e politica, poi, s’è detto molto a proposito del centro polifunzionale per immigrati regolari –di fatto, poco più di uno sportello – che ai primi di maggio vedrà la luce al civico 33 di via Leopardi, nel cuore del quartiere sant’Anna: «si tratta – spiega il portavoce della comunità islamica battipagliese – di persone semplici, così com’era semplice mio zio che da qui emigrò negli Stati Uniti, che, interfacciandosi con l’associazionismo, riescono a trovare una valida spalla per affrontare certe problematiche legate al disbrigo di pratiche burocratiche; il centro polifunzionale, dunque, può essere un ulteriore punto di accoglienza in cui ampliare quel ventaglio di servizi, in un luogo che è anche istituzionale, consentendo alle associazioni che si occupano di certe cose a titolo gratuito di poter offrire al meglio i propri servizi».
Ora, i tre italiani – di cui un battipagliese, perché “islamico” non è sinonimo di “immigrato” – e le dozzine di stranieri che quotidianamente – e, in particolare, nel sacro giorno del venerdì – affollano la sala di via Ripa, dovranno sconfiggere la paura con la preghiera: chi prega, rivolto a Dio, o ad Allah, o a qualche noûs misterioso, spera. E Battipaglia è la città della speranza. E gran parte di Battipaglia ha manifestato la propria solidarietà, parafrasando una celebre scrittura murale: “immigrati, per favore, non lasciateci soli con gli italiani!”.