di Erika Noschese
«Voglio giustizia per mia madre, se qualcuno ha sbagliato deve pagare». E disperata Patrizia Postiglione, residente nella zona orientale della città di Salerno che, dice «vivo di rimorsi, forse poteva essere salvato o almeno non morire in quelle condizioni». Questa è l’ennesima storia di malasanità, di un pronto soccorso – quello dell’azienda ospedaliera Ruggi d’Aragona – che mortifica i pazienti, li umilia, strappa via la loro dignità. Ultimi tra gli ultimi, nella rete di una sanita pubblica umiliante, a tratti vergognosa. Una storia che ha inizio ad ottobre quando la mamma di Patrizia viene ricoverata per un edema polmonare. Tre giorni al pronto soccorso. «Mia madre viene legata mani e piedi, mi dicono che era agitata ma l’ho ritrovata livida, in condizioni pietose – ha raccontato Patrizia – Mia madre, durante il ricovero in ospedale non è stata cambiata, non ha mangiato né bevuto anzi dirò di più: mia madre si è versata accidentalmente del liquido addosso e quando ho potuto vederla aveva tutti gli indumenti bagnati». La donna ha raccontato di aver riferito al personale infermieristico l’accaduto e ha minacciato di chiedere l’intervento delle forze dell’ordine. «Dopo il ricovero al pronto soccorso, durato tre giorni, mia mamma è stata trasferita presso il reparto di pneumologia, ho precisato fin da subito i problemi cronici ed è stata sottoposta ad una prima broncoscopia dal quale è emersa la presenza di un dente nei polmoni ma il giorno dopo la diagnosi era cambiata e il dente non c’era più – ha raccontato ancora la Postiglione – Durante il ricovero, il personale infermieristico non si era accorto del lavaggio finito e ho trovato mia madre con il braccio gonfio». Disagi ma anche lunghe attese nonostante i problemi dell’anziana signora che il 23 ottobre si sottopone a totalbody, costretta ad attendere in fila diverso tempo «perchè hanno dato priorità ad una donna che, per fortuna, stava bene mentre mamma era insofferente». Un vero e proprio inferno durato diverse settimane: il 26 ottobre sangue nel catetere che costringe l’anziana signora a ricorrere nuovamente alle cure del pronto soccorso con un nuovo ricovero: «mamma risulta positiva al covid, a casa abbiamo fatto tutti i tamponi ed eravamo negativi, non potevamo averla contagiata noi. Viene trasferita al reparto Malattie Infettive e non ho più visto mamma nei giorni a seguire», ha detto la signora Patrizia che in quei giorni si è dovuta accontentare di poche parole scambiate con i medici. «Il giovedì il dottore mi dice che mamma stava meglio, sarebbe stata dimessa da lì a poco mentre il venerdì l’altro medico mi dice che era in gravi condizioni e che per lei non c’era più nulla da fare. Chiedo di portarla a casa, i medici mi dicono che non ha mangiato in quei giorni io sono riuscita a vederla sono una volta e con me ha pranzato tranquillamente. Mamma è morta il giorno dopo a casa, in ambulanza era serena ma leggevo nei suoi occhi paura e dolore. Oggi è un mese che non è più tra noi e io voglio solo avere giustizia». La famiglia Postiglione si è rivolta anche al Tribunale per i Diritti del Malato. «Vogliamo conoscere la verità adesso», ha detto infine la donna tra le lacrime e la disperazione per non aver più la mamma con sé.