Malagiustizia? Macché. Nodi sono malapolitica, malastoria e Carta - Le Cronache Ultimora
Ultimora

Malagiustizia? Macché. Nodi sono malapolitica, malastoria e Carta

Malagiustizia? Macché. Nodi sono malapolitica, malastoria e Carta

Qualcuno ha scritto in questi giorni che obiettivo, di parte di questa politica al governo, è la riabilitazione di Silvio. Come? Con la riscrittura della storia sulle sentenze sul Cavaliere, sulla relazione Stato-mafie, sugli stragismi. Non so se è così. Ma il sospetto si dice sia assai forte. La vittima di quest’ultima politica è la Carta Costituzionale. In che modo? Mettendo nel mirino i giudici, soprattutto pubblici ministeri e procuratori come Gratteri, Di Matteo e gli ex Scarpinato e Caselli, oggi parlamentari. Il traguardo? Disarmare i Pm, indebolendoli con la separazione delle funzioni, inventando qualche artifizio per controllarne le inchieste, e disinnescando alcuni reati essenziali contro corruzione e malcostume. Il ministro Nordio viene indicato come il Leviatano di questa manovra, il contro se stesso. Il mezzo? La “falsa” riforma della giustizia. I tre obiettivi finali? La ripulitura della fedina penale dei falsi e corrotti, il ritorno del Lucifero azzurro in Paradiso, ed un nostalgico potere autoritario il più a lungo possibile

 

Silvio innocente? Perseguitato dalle toghe comuniste? Condannato ingiustamente?

Abbiamo sempre avuto rispetto e ammirazione per il Cavaliere. E scritto sempre del vuoto incolmabile che la sua morte ha lasciato nell’economia, nella politica italiana, ma anche nella nostra personale simpatia. Eppure la storia resta storia. Resta con l’ex giornalista Rai Beppe Giulietti che, su Il Fatto, ricorda di lui cose che sembrano inoppugnabili. Che Berlusconi non è stato assolto dalla Cassazione. Che i rapporti con la mafia restano provati. Che la presenza di un pluricondannato nella sua villa, il mafioso Mangano, non può essere cancellata. Che le altre sentenze di condanna ci narrano di un presidente assolutamente distante dall’idea di servire con onore la nazione. E Beppe ricorda la condanna ai servizi sociali, i giudici si ritiene corrotti, le condanne per frode fiscale, ed i reati andati in prescrizione. E la storia resta storia. Anche quella della caduta del governo Prodi innescata, ricordate?, dal senatore Sergio De Gregorio, poi condannato perché autore di una compravendita trasversale di senatori. E di Silvio – che, ripeto, comunque resta un grande – ricordate cosa scrisse un altro grande, Indro Montanelli?  “È il bugiardo più sincero che ci sia, ed è il primo a credere alle proprie menzogne. È questo che lo rende così pericoloso”. E’ il destino dei grandi, vale anche per Andreotti e per qualche altro, di lasciare dietro di sé orme scintillanti, ma con tracce di fango

Ed ora l’attacco finale ad uno dei tre poteri dello Stato, pensati e scritti dalle menti ispirate dei Padri Costituenti

La politica ha avuto sempre, anche in passato e senza distinzione di colore, la sottile ambizione di indebolire la forza dei pubblici ministeri. Vanno ricordati i tentativi dei passati ministri della giustizia come Mastella, Orlando, Cartabia. Ognuno di loro, pur tra iniziative positive, ha direttamente o indirettamente influito sulla indipendenza interna dei magistrati, e del Pm in particolare. Ora – ne è convinto l’ex-magistrato, già sindaco di Napoli ed eurodeputato Luigi De Magistris – ora si prepara l’attacco finale con le ultime riforme al sistema giustizia. Vale la pena rammentarle a chi ci legge. Perché, attenzione, le ricordiate quando sarete chiamati al referendum popolare per la conferma, o il No, di queste modifiche. Quando dovrete girarvi indietro e guardare ciò che è stato, il passato. Che forse spingerà molti a votare no alle riforme. Una riforma della giustizia che parte dalla separazione delle funzioni (perché la carriera resta sempre unica). A proposito, ma perché separare di netto le funzioni quando l’ultima riforma Cartabia già riduceva ad uno sola volta il passaggio da reqirente a giudicante e viceversa? Forse un prestesto per metter mano sulle toghe? La cosiddetta riforna prevede questi 3 punti principali: 1. La nascita di due Consigli Superiori della Magistratura, uno per i magistrati “giudicanti” e uno per i “requirenti”. Entrambi saranno presieduti dal Presidente della Repubblica e ne faranno parte di diritto, rispettivamente, il primo presidente e il procuratore generale della Corte di Cassazione. Gli altri componenti saranno estratti a sorte: un terzo tra professori ordinari di materie giuridiche e avvocati con almeno 15 anni di esperienza, scelti da un elenco predisposto dal Parlamento; due terzi tra i magistrati appartenenti alle rispettive categorie (giudicanti e requirenti). 2. L’Alta Corte Disciplinare. Sarà competente per sanzionare le violazioni commesse dai magistrati. Sarà composta da 15 giudici, di cui 6 magistrati giudicanti, 3 requirenti e 6 membri esterni (professori universitari e avvocati con almeno vent’anni di esercizio). Tre di questi membri saranno nominati dal presidente della Repubblica, tre estratti a sorte da un elenco predisposto dal Parlamento e gli altri selezionati tra i magistrati con almeno vent’anni di esperienza. E sono già due le novità in cui la politica è sempre dentro a controllare e regolare. 3. Le sentenze non impugnabili pronunciate dall’Alta Corte. Ed anche qui, nella composizione dei collegi giudicanti, la politica metterà il naso con una apposita legge. Non essendo stato raggiunto alle Camera il quorum dei due terzi dei voti favorevoli, la riforma del governo Meloni dovrà essere sottoposta a referendum conservativo. E qui – cari amici che avremo la fortuna ci leggano sul web un po’ dovunque  in tutta Italia – dovremo essere noi, elettori e cittadini di un Paese democratico, a giudicare con un Sì confermativo, o con un No confutativo. Manteniamoci liberi di decidere, non c’è politico o politica che ci obblighino a fare quello loro vogliono. Lo faremo in libertà e con serietà.

La serietà? Una virtù diventata assai rara in questo Paese. Alcuni esempi clamorosi

E sì. Perché non è serio chi – ancora in aspettativa in magistratura, cioè restando a tutti gli effetti un magistrato – si autoconsente e gli viene consentito di fare il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. E non solo, ma di esprimere anche giudizi pubblici sulla figura, il ruolo ed il futuro dei suoi ancora colleghi. Può farlo chi è un ex, ma non chi è ancora in servizio attivo. Può essere mai serietà questa? E non è neanche seria chi, ex-deputata socialista nell’Europarlamento, si autoconsente, e le viene consentito, di tornare a fare la conduttrice e giornalista politica in una grande rete televisiva. Può mai essere credibile chi poco prima ha fatto una scelta politica di fondo?  Ed è infine bocciato in serietà anche chi, da poco ministro poi costretto a dimettersi per una storia poco edificante, torna a fare, quasi subito e con grande disinvoltura, l’inviato speciale su una delle tre grandi reti Rai? Perché mai tutto questo? Ce lo ricorda un’altra espressione storica di Indro Montanelli. Che mi vanto di aver conosciuto e e strettogli la mano nel lontano 1980 a Castelnuovo di Conza, dov’era in visita, quale direttore de Il Giornale, perché promotore di una raccolta di fondi per i terremotati. Me lo presentò, voglio ricordarlo, Alberto Venutolo, grande medico otorino e grande persona, allora sindaco di quel paese devastato dal terremoto. Indro disse che il passato è è cruciale per costruire il futuro. Ma noi italiani preferiamo spesso ignorare la nostra storia, magari preferendo americanizzarci come sta accadendo in questi giorni in cui rincorriamo, stupidamente, le americanate di Halloween o, peggio, le demenzialità di Trump. Egli vedeva l’Italia come “…un paese senza memoria, composto da contemporanei che non conoscono i propri antenati, a causa di una disattenzione storica che compromette le prospettive future della nazione. Mentre invece la conoscenza del passato resta essenziale per la comprensione e il progresso del presente e del futuro”.

E sì. I nostri anni ci spingono sempre più alla nostalgia del passato. Ma io ne vado fiero.