di Marco De Martino
SALERNO – E’ uno dei pochi, assieme ad Iniesta e Modric, ad aver messo dietro nell’ultimo decennio Cristiano Ronaldo e Lionel Messi in una classifica individuale, l’Uefa Best Player 2013. Ha scritto la storia di uno dei club più titolati al mondo, il Bayern Monaco, conquistando tutti i trofei possibili e diventandone il calciatore straniero con più presenze in assoluto. Ha condotto la Francia quasi sul tetto del mondo, fermata solo in finale dall’Italia di Marcello Lippi. Franck Ribery è senza dubbio il calciatore più prestigioso che la Salernitana abbia mai avuto. Ma dietro il grande calciatore, c’è l’enorme sofferenza patita dall’uomo Franck Ribery. Abbandonato ancora in fasce dai suoi genitori naturali, il piccolo Franck fu adottato da una famiglia che riuscì a dargli quell’amore che meritava. Poi però, all’età di due anni, ancora una volta la cattiva sorte si accanì contro di lui. In un terribile incidente automobilistico, Ribery si ferì gravemente alla testa: furono necessari quasi cento punti di sutura per chiudere il taglio, procurandogli una cicatrice enorme che, inevitabilmente, ha segnato la sua vita. LA CICATRICE, LA SUA FORZA In una accorata intervista di qualche anno fa Ribery ha trovato la forza di parlarne: «La cicatrice mi ha dato carattere e forza. Quando -ha spiegato il francese- sei un bambino ed hai un segno così non è facile. Per come ti guarda la gente, per le critiche, la mia famiglia soffrì molto. La gente diceva “Guarda quella faccia”, “Guarda la sua testa”, “Cos’è quella cicatrice”, “Che brutto”. Dovunque andavo -ha proseguito l’ex Bayern Monaco- la gente mi osservava, non perchè fossi un bravo bambino, non perchè il mio nome era Franck, non perchè ero un bravo calciatore, solo per la cicatrice. Questo avveniva non solo nel quartiere ma anche a scuola. La gente che più parlò alle spalle erano i genitori dei miei compagni, era crudele, molto crudele. E per questo, quando sei molto giovane, si soffre. Anche da piccolo però -ha concluso Ribery- non mi sono mai nascosto dietro un angolo quando venivo deriso, non ho mai pianto, mai». Una cicatrice che lo ha temprato, forgiato, spinto oltre ogni limite consentendogli di diventare uno dei migliori calciatori del pianeta. E proprio per questo, nonostante la chirurgia estetica glielo consentisse, non ha mai voluto cancellare quel segno dal suo viso. LE AVVENTURE DI SCARFACE In Turchia, nella fugace esperienza al Galatasaray, i tifosi turchi lo soprannominarono Scarface. Esploso a Marsiglia, sua città adottiva, ha strabiliato nei dodici anni al Bayern Monaco, diventando un punto di riferimento anche della Nazionale francese. A Firenze non ha lasciato il segno a causa di un infortunio alla caviglia, e della conseguente operazione, patito proprio all’inizio della prima stagione in viola. Ora, per lui, c’è la Salernitana. Un’avventura, forse l’ultima della sua straordinaria carriera, che lo stuzzica più delle altre. Combattere per sopravvivere, come è stato abituato fin da giovanissimo, ma stavolta con la casacca granata numero 7 sulle spalle e con la spinta di un popolo che già lo ama follemente. Macte animo, Franck Ribery.