Lotta al cyberbullismo coinvolga i giovani - Le Cronache Attualità
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Lotta al cyberbullismo coinvolga i giovani

Lotta al cyberbullismo coinvolga i giovani

l’11 febbraio si è celebrato il Safer Internet Day 2025, la giornata per la Sicurezza in Rete, pensata per promuovere e sensibilizzare un uso più sicuro e responsabile della tecnologia online, soprattutto a tutela dei giovanissimi. È pacifico che in un Mondo sempre più connesso e dipendente dalla tecnologia, siano aumentati esponenzialmente i pericoli per i minorenni. Ragazzi e ragazze sempre più giovani che fanno un uso massiccio di differenti tecnologie per connettersi alla rete globale, ed edificare una propria identità in essa. È nitido come i social abbiano gradatamente, ma rapidamente, sostituito i contatti face to face con mondi di interazione virtuale. Socializzare online, giocare da remoto con soggetti sconosciuti, interagire con moltitudini di persone ignote è dannoso per i bambini, e rappresenta uno dei pericoli maggiori per essi, i quali protetti dalle mura domestiche non possono immaginare quanto può esserci di stolto in internet. La domanda ricorrente è; “com’ è possibile proteggere i giovanissimi dai tanti pericoli della rete?”. Essa non è affatto domanda retorica, né dalla risposta facile o bagattellare. Muoviamo da una considerazione pratica, anche per comprendere, in punto statistico, i numeri in continua crescita, dei ragazzi connessi; l’85% (circa) degli adolescenti(ergo dai 10 ai 17 anni) ha almeno un profilo social, il 37%circa dei ragazzi è continuamente collegato per rapportarsi con “amici”, quasi tutti i bambini fanno uso autonomo di disposizioni connessi in rete, per vedere cartoni video o giocare ed intrattenersi. Secondo studi di settore i numeri sono in continua crescita, allarmanti, soprattutto perché derivanti da essi vi sono “più o meno nuove” forme delinquenziali che trovano viatico proprio in rete. Cyberbullismo, giochi seriali, videogiochi: open word, avventura dinamica, life service, sfide di ogni tipo rappresentano una nuova ed ancora poco affrontata realtà virtuale, che tuttavia, si ripercuote pesantemente nell’esistenza reale dei soggetti vittima, con importanti conseguenze. Una maggiore consapevolezza è necessaria, obbligatorio è responsabilizzare ed educare i genitori ad un uso consapevole della rete, da suggerire ai propri figli. Seguire delle regole ferree che impongano di non condividere informazioni personali, che potrebbero essere sfruttate senza criterio e ritorcersi contro i legittimi titolari, o divenire mezzo di leva e ricatto rivolti non solo all’interlocutore, ma anche ai suoi affetti. Pretendere un uso controllato dei dispositivi in rete, utilizzare il parental control ed ogni altra forma di sorveglianza è cosa utile, vigilare sull’interazione mediante dispositivi, soprattutto, per i più piccoli. La rete è un grosso sistema di informazione, un balzo in avanti di cui non è possibile più privarsi, permette di accorciare distanze chilometriche e di vivere le lontananze in modo sostenibile, acquisire notizie in diretta, una risorse enorme ma estremamente insidiosa. Pericolosa perché anonimizza il più degli utenti, che celati dietro ID fantasiosi si sentono protetti nel perseguire molteplici scopi illeciti o amorali. L’anonimato permette di ampliare il proprio raggio d’azione, colpire più soggetti alla volta, spingersi verso confini irrimediabili che sottomettono la “vittima”. Meccanismi mentali subdoli dai quali i ragazzi, inesperti e immaturi non sanno difendersi, divenendone facilmente preda. D’altro canto, va anche considerato che il cyberbullo agisce mediante uno schermo, non avendo la vittima visibile innanzi a sé, dunque le di lui percezioni emozionali sono sopite, un eventuale senso di pietà di rimorso o qualunque emozione empatica che possa arginare il suo agire improprio non si svilupperà facilmente o, meglio, non si svilupperà affatto! Sono fermamente convinta che per guidare i minori ad un giusto uso della rete, sia necessario in primis educare i genitori. A ben riflettere l’evoluzione digitale è cosa recente, molti dei genitori di bambini, giovani ed adolescenti, rappresentano una prima generazione che si trova ad affrontare il “problema” della rete in termini così pregnanti. Vanno predisposti, responsabilizzati e resi edotti dei pericoli, prima gli adulti, cosi da poter affrontare pericoli che ancora non sono stati ben catalogati. I genitori hanno un ruolo principe nella crescita (soprattutto emotiva) dei ragazzi, e forse il compito più arduo è quello di crescere esseri emotivamente strutturati, solidi e fiduciosi nella rete familiare, cosa non semplice nella frenetica vita familiare attuale. Necessario è imprimere un concetto base: comunicazione. La comunicazione diventa davvero lo strumento più efficace per riuscire a garantire la sicurezza digitale dei minori e mezzo di costruzione di un rapporto fiduciario tra genitori e figli. I pericoli della rete per i giovani, spesso, sono sintetizzati nel concetto di cyberbullismo, concetto estrinseco e racchiudente molteplici forme di oppressione emotiva. Sappiamo che bullismo è una forma di prevaricazione sociale diffusa soprattutto tra i giovani, che si sviluppa in gruppi sociali eterogenei ed in luoghi più o meno circoscritti come scuola, palestra et simila. Il cyberbullismo non è altro che la lunga mano dell’oppressore che si diffonde anche sulla rete, coinvolgendo altri soggetti (ignoti) a scherno della vittima, colpevole (quasi sempre) d’essere distinto o comunque diverso rispetto alla massa, povero in autostima, introverso o semplicemente riservato. Certo ad oggi il cyberbullismo è, per così dire “famoso”, connesso a fatti di cronaca forti, che portano a gesti estremi e realmente tristi. In questi casi, che si parli di cyberbullismo o di qualunque altra forma di violenza emotiva/psicologica, non è sempre facile percepire il disagio del minore, che spesso si ritrae per pudore, per timore d’essere giudicato, semplicemente per il peso che si trova ad affrontare, convinto che ogni forma di esternalizzazione sia inutile. Egli si sente solo e sfiduciato verso l’esterno. In un clima di tal fatta, non è semplice captare il malessere del minore, il quale rifiuterà ogni forma di confronto diretto con le figure familiari. Dunque ciò che il genitore – tutore può fare è osservare, ascoltare e sorvegliare. Osservare e captare piccoli segnali di disagio, all’arrivo di una notifica in chat, ad esempio, il rabbuiarsi rispetto ad un pop-up dai social. Osservare con attenzione ed attendere. Chiedere insistentemente sortirebbe l’effetto contrario. Vigilare sulle abitudini sociali (senza essere invadenti), sulle abitudini alimentari o di vestiario, possono essere mezzi di raccolta dati, preziosi. Entrare in empatia con il minore, ed arrivare a tendergli la mano “di nascosto” portandolo su un piano di fiducia ideologico, tale che gli permetta di aprirsi di esprimere il proprio disagio, le proprie paure e timori. Se, o meglio quando, si arriva a comprendere il motivo del malessere del ragazzo, sia esso vittima di bullismo, cyberbullismo o semplice diseducazione altrui si aprirà uno scenario difficile. Complicato perché bisognerà lavorare di cesello, evitare macro-azioni sulla scia di rabbia, frustrazione o disappunto, tenendo sempre presente che il minore dovrà confrontarsi ancora con quel “luogo” spigoloso, in cui si vede attaccato da tutti. Evitare di ridicolizzare il disagio, sottovalutarlo o leggerlo in chiave ironica; questo non alleggerirebbe il clima, ma piuttosto si rischierebbe di sigillare un comparto pregno di umiliazione e frustrazione. Utile e necessario sarebbe informare gli educatori (se si tratta di soggetti presenti in contesto scolastico- sportivo o educativo) i quali, in teoria, dovrebbero fare la propria parte. Il genitore dovrebbe soprattutto ascoltare, ascoltare ed ascoltare, non solo le parole ma anche i silenzi. Chiaro, e questo è concetto prezioso a mio parere, che i genitori non sono supereroi, essi sono mossi da ottime intenzioni ma non sempre hanno la capacità o la possibilità di aiutare concretamente il proprio figlio; dunque, nei casi più radicati la scelta giusta sarebbe quella di rivolgersi ad un esperto, senza timore di appellativi o giudizi. Porre le caselle al posto giusto mediante un supporto psicologico, e se necessario legale, per imprimere fiducia ed esempio nel minore vittima, e di converso tentare, mediante un percorso giuridico, di recuperare (punire e rieducare) anche il persecutore. Grandi passi, in punto giuridico sono stati fatti negli ultimi anni sul tema, e molti altri se ne auspicano. Non è semplice proteggere i ragazzi dalla rete sociale o virtuale che sia, ad oggi l’assenza di una struttura familiare concreta pesa, e lo si denota nella piega sociale attuale. Tuttavia, con dedizione ed impegno, concreto, è possibile costruire un futuro più certo. Acquisendo la consapevolezza e trasmettendo il concetto che la rete è o, meglio, dovrebbe essere, un momento di svago: non può e non deve essere il cortile di gioco, la baby-sitter, l’educatore né il miglior compagno sempre disponibile dei ragazzi. Non è tardi per sensibilizzarci ad una sana e ponderata “regressione”, ad una riscoperta del sociale vis a vis, ad una rivalutazione dei valori umani degni di esseri evoluti. Una rete consapevole può concretarsi solo quando si imprimeranno valori sani nella vita reale, all’insegna del rispetto e dell’inclusione.

Avv. Carmen Ferraioli