Loffredo. L’ottimismo oltre la ragione - Le Cronache Attualità
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Loffredo. L’ottimismo oltre la ragione

Loffredo. L’ottimismo oltre la ragione

Confesso che l’Assessore Dario Loffredo mi riesce simpatico. E ben difficilmente un personaggio simile può suscitare antipatia. Lui è l’ottimismo puro, senza ombra del dubbio. E’ positivo, sorridente, contagioso, dispensatore di speranze. Appare quando gli altri della sua compagnia non hanno il fegato di presentare la loro faccia, per tenerla di riserva per tempi migliori. Loffredo è un incassatore nato, senza il rancore verso i critici. Ha lo spunto del rimando all’eternità come misura del tempo e invito alla rassegnazione, perché potrebbe andare peggio, pare voler dire. E’, insomma, l’ultimo esemplare di quella razza umana perduta che fu la Democrazia Cristiana. Per cinquanta anni la DC fu l’anestetico della politica italiana. Fu una categoria dello spirito, più che un vero partito. In queste sue qualità di pompiere di tutti gli incendi, Loffredo ricorda un politico salernitano che fu sindaco svariate volte nel passato, quando i sindaci cambiavano, con la vecchia legge, praticamente ogni sei mesi. La Salerno degli anni ’70 era dominio assoluto del primo partito, la vecchia mamma DC. L’immobilismo totale, garantito dall’ombra tradizionalista della Chiesa, tagliava fuori del tutto le speranze di un Partito Comunista che non riusciva ad esprimere personalità forti, né rappresentava fasce sociali consistenti di contropotere. Ma sulle tante figure di sindaci transeunti, una rimase indelebile nella fantasia cittadina. Quella di Alberto Clarizia, soprannominato, nella malevola diceria popolare, “Alberto ‘a bucia”. La menzogna incarnata. Don Alberto lo sapeva, e non se la prendeva. Girava la voce di un episodio forse vero delle sue capacità di illusionista. Un giorno un questuante iracondo riuscì a entrare nel suo ufficio, e con vigore da ultimatum chiese al Sindaco Clarizia di firmare subito la concessione edilizia che voleva da tempo. Imperturbabile, il Sindaco giurò che l’indomani, appena ricevuto l’incartamento, avrebbe firmato l’atto. Dopo qualche ora, scendendo dal Municipio, Clarizia incontrò il dirimpettaio del questuante, che con fare minaccioso gli chiese di non apporre la firma alla concessione edilizia che voleva il suo vicino. Alberto Clarizia, mettendosi la mano sul cuore, giurò solennemente che, a costo di morire sull’istante, mai avrebbe firmato l’atto. Le capacità illusionistiche di Clarizia-Houdini ebbero effetto, lo giuro, anche su di me. Giovane Sostituto Procuratore a Salerno agli inizi degli anni ’80, espressi all’avvocato Clarizia, Sindaco pro-tempore, le mie doglianze per l’assoluto degrado e assenza del verde pubblico in città, a differenza di Milano da cui provenivo. Clarizia abbozzò. Ma dopo qualche settimana vidi che il marciapiede su Corso Garibaldi di fronte all’ingresso del Tribunale veniva allungato da tre o quattro operai che collocarono nella nuova aiuoletta alcuni cespugli di palmette che avrebbero impiegato trenta o quarant’anni per crescere. E arrivò Clarizia raggiante nel mio ufficio. Aprendo la finestra su Corso Garibaldi, allargando le braccia enfaticamente, mi invitò ad ammirare i nuovi giardini in omaggio alla Giustizia. Dubbioso gli osservai che quattro sterpi di palmette non cambiavano la situazione. Col sorriso enigmatico della Gioconda mi rispose: “Ma cresceranno, credetemi!”. Mi lasciò confuso, con il miraggio di un’oasi di palme lussureggianti sull’acqua che durò per parecchi minuti dopo che fu uscito. L’Assessore Loffredo ha quelle stesse capacità ipnotiche. Quando appare in foto sui quotidiani, o nei comizi in loco sui social, è una camomilla con qualche seme di papavero dentro. Salerno cresce, il commercio va a gonfie vele, il turismo è più che florido, stiamo per mettere il primo mattone di una nuova opera (che è l’ennesimo primo mattone). E la ghiaia della spiaggia di Pastena (orrenda offesa alle norme sull’ambiente) state tranquilli, non è pericolosa! Ovviamente, non una parola sullo schifo che ha fatto questa Amministrazione, né sui motivi, ancora occulti, delle scelte tecniche. Loffredo è l’uomo capace di farti credere che essere poveri è la condizione ideale, perché così i ladri non hanno niente da rubarti. Ma è sempre disponibile, e sinceramente. Nel dicembre del 2018, con l’Associazione femminile Le Kukkugaie, Donne per la cultura, stavo organizzando per Natale una mostra di giocattoli d’epoca. Cercavamo un locale disponibile del Comune per allestire la mostra, e lui promise le due stanzette del piano terra di Palazzo Genovesi al Largo Campo. Gli risposi che era uno spazio irrisorio. E allora lui ci mese a disposizione Piazza Portanova, suggerendo di stendere i giocattoli su bancarelle sotto l’albero. Meglio di così? Stupito, risposi che in tal modo i giocattoli preziosi, provenienti in gran parte dalla collezione del professore napoletano Enzo Capuano, la più prestigiosa d’Italia, non sarebbero arrivati al domani. “Ma quanto valgono questi giocattoli?” fu la domanda sbalordita di Loffredo. Quando glielo dissi, volle accontentarmi ad ogni costo e a dispetto delle casse vuote del Comune. Allestimmo la mostra nella Pinacoteca Provinciale, col contributo privato di Banca di Montepruno e Caffè Motta. Loffredo ci fornì, per conto del Comune, i bastoni di ottone e i cordoni rossi per distanziare il pubblico dalle vetrine. E venne all’inaugurazione, prendendosi l’applauso. Il Sindaco non venne, né mandò gli auguri. Ci furono diecimila visitatori registrati. Loffredo è un vincente, perché ha la capacità innata di non far sentire nessuno, ma proprio nessuno, secondo a lui.

Il ghigno sarcastico di De Luca ha un vero avversario proprio in casa sua.

Michelangelo Russo