di Antonio Manzo
“Si arriverà ad una sacrosanta riforma della giustizia solo quando i Pm inizieranno ad arrestarsi tra loro”. La profezia dallo sguardo lungo di Francesco Cossiga si avvera, non solo per rispetto al filosofo cristiano Blaise Pascal che, un giorno disse: “Non si comprendono le profezie se non quando le cose sono accadute”. Cossiga “promosso” dal maestro Pascal e dalla inquietante realtà. Arrivati da tempo alla circostanza dell’arresto tra magistrati, ora si aggiunge un nuovo, inquietante capitolo che inaugura una “fase inedita” della crisi penale. Se non si può fare un processo intervenga l’Antimafia, la irruzione logica di un populismo giudiziario che stravolge perfino il precetto costituzionale della presunzione di innocenza per ogni cittadino imputato, fino a condanna definitiva. Immaginarsi la canea populista e giustizialista che dopo le audizioni all’ Antimafia sullo scandalo dossieraggio si scatenerebbe nel Paese a caccia di un colpevole a qualunque costo, meglio se condannato dall’Antimafia e dalla stampa e non da un tribunale. I giudici litigano sugli arresti negati per un magistrato in pensione, Antonio Laudati, e per un militare della Guardia di Finanza, Pasquale Striano tuttora in servizio, accusati di essere i presunti responsabili di una vasta operazione di dossieraggio (con l’accusa, tre le altre, anche di abuso d’ufficio che non esiste più) rivelando a loro stessi, e per fini non istituzionali, dati sensibili contenuti nella banca dati della Direzione Investigativa Antimafia (Dia). La Procura di Perugia, diretta da Raffaele Cantone, chiede al gip l’emissione di un ordine di cattura per Antonio Laudati, già magistrato ora in pensione e già dirigente del’ufficio sistema informatico della Dia sistema ingormatico e il finanziare Pasquale Striano e il gip rigetta la richiesta <Non ci sono prove, niente arresti>. Cantone cosa fa? In ossequio all’attitudine insanamente procedurale di trasformare ogni processo nella gogna mediatica non solo fa un comunicato per difendere le richieste di arresti rigettate ma annuncia, sempre a mezzo stampa, il legittimo ricorso in sede del tribunale del Riesame. E aggiunge a anche l’inedita fase procedurale di trasmettere “nei prossimi giorni” tutti gli atti di indagine alla commissione parlamentare Antimafia. Fatto singolare e irrrituale che non si è registato neppure nelle indagini deviate dalle istituzioni con l’arresto dei presunti autori della strage Borsellino a via d’Amelio e, con tutte le diversità dei casi, sia per forma che per sostanza, dell’omicidio di un sindaco italiano, Angelo Vassallo, a ventiquattro anni di distanza ancora tragicamente impunito, ancora nella nebbia di un’inchiesta che coinvolge anche alcuni investigatori. Nel caso del dossieragggio c’è anche la vicenda processsuale, a tratti assurda, che coinvolge uno dei presunti responsabili. Antonio Laudati un magistrato di origine irpine noto e stimato in quel che fu il suo mondo professionale. Pm antimafia a Napoli, poi procuratore della Repubblica a Bari negli anni “caldi” delle inchieste pugliesi su Berlusconi ed infine sostituto procuratore nazionale presso la DNA. “Sono stato trascinato nel tritacarne giustizialista con falsità e calunnie” ha detto Antonio Laudati a suo difensore Andrea Castaldo. Sì, perché tutto ha avuto inizio con una relazione di servizio redatta dallo steso Laudati il 21 novembre del 2022. Dopo la denuncia alla procura di Roma del ministro della difesa Guido Crosetto che sosteneva di essere stato “spiato” dagli uffici della Guardia di Finanza e dal servizio Sos della banca dati della DNA, per lo stesso ministro veniva fatto un accesso non dalla Dna ma dall’agenzia delle Entrate sulla piattaforma Serpico che non è in dotazione della DNA. Crosetto aveva ragione perché su di lui aveva effettuato l’accesso Pasquale Striano il quale qualche giorno dopo lo avrebbe fornito ad un giornalista del quotidiano Il Domani cosa che avvenne anche per i successivi incontri dello Striano con il cronista. La DNA, in effetti, era del tutto estranea alla condotta di Striano. Altri tre episodi avrebbero fatto finire l’ex Pm Antonio Laudati nel tritacarne giudiziario con notizie false e diffamatorie. <Dopo tanti anni di carriera non avrei mai immaginato che potesse accadere una cosa del genere> avrebbe detto ad un amico irpino nei giorni scorsi alla vigilia della richiesta di arresto negata dal Pm ed in attesa della singolare ed irrituale procedura di Cantone di inoltrare gli atti all’Antimafia. Anche per un ex magistrato non ci sarà mai un giudice a Berlino perché il tritacarne giudiziario sarà azionato da una commissione parlamentare che avrà pure poteri investigativi, se necessario. Ma certamente non sarà un tribunale nella nuova Italia con le indagini di Perugia irritualmente conosciute dall’Antimafia, sia pure una commissione parlamentare la cui denominazione rievoca una inclinazione giustizialista non sempre rispondente alla verità dei fatti..