di Olga Chieffi
Il “Sugo finto” romano di Giovanni Clementi affidato ad Alessandra Costanzo e Paola Tiziana Cruciani per la regia di Ennio Coltorti, in cui manca il sedano, si trasferisce a Napoli, per uno spaghetto con le vongole fujute e senza prezzemolo. Cambio di titolo, sugo e città per “Le signorine”, pièce brillante dai risvolti noir, nel finale, che ha quali interpreti due mattatrici del teatro nazionale, Giuliana De Sio e Isa Danieli, dirette da Pierpaolo Sepe, che giovedì sera ha inaugurato ufficialmente la stagione di prosa del Teatro Verdi di Salerno, impreziosendola con un debutto nazionale. Il testo molto semplice e legato ad un linguaggio, a volte deliberatamente caricato, è basato sul “contrappunto” alla mente delle due protagoniste Rosaria e Addolorata, due zitelle, poliomelitiche, la prima impersonata da Isa Danieli, affetta da avarizia patologica, di tirare su tutti i prezzi, di stare attenta ad ogni consumo in casa, evitando di accendere o acquistare ogni più semplice elettrodomestico, riuscendo addirittura a preparare con dei pomodori “schiattati”, un sugo con le vongole fujute, mancante addirittura di prezzemolo e Addolorata, (la De Sio), più giovane di venti anni, ottimista, che vorrebbe vivere, concedersi qualche divertimento, succube della sorella, in uno svolgersi della quotidianità tra casa e merceria, tra continui dissapori e discussioni al vetriolo, la quale trova unico conforto nel mondo dorato delle telenovelas, nella lettura degli arcani da parte dei maghi televisivi e nelle offerte delle televendite. A spezzare la monotonia di queste inutili vite, la telefonata dell’anziana zia che annuncia il matrimonio dell’attempato cugino carnale Tonino, con la sua giovane badante moldava. Basta questo per scatenare un ulteriore contrasto tra le due protagoniste che, in una raffica di velenose battute, mettono a nudo l’una gli errori dell’altra, risalendo al lontano passato, a piccole discussioni e rivalità mai risolte, incappando anche in affermazioni razziste, in particolare da parte di Rosaria, oggi come oggi politically correct per il governo leghista. Una descrizione, questa, da cui possiamo evincere le connotazioni negative che, nei fatti, la società, di cui le due donne sono schiave, anche perché “toccate” dalla natura, impone ad una donna non sposata, che sarà acida, scontrosa, isterica o addirittura “strega” e “arpia”. Questo dimostra che è la società che vuole vedere nella donna, a cui “manca il marito”, una sorta di “menomata”, di zoppa, che sfoga sugli altri le proprie mancanze. Il colpo di scena avviene dopo il matrimonio del cugino Tonino, grande abbuffata e ictus per Rosaria, che finendo disabile, sulla sedia a rotelle, fa finalmente cambiare vita ad Addolorata, la quale spera addirittura in un amore straniero, come è stato per il suo parente. Le liti e la decadenza della vita reale, passano attraverso questo rapporto sado-masochistico, in cui vi è lo scambio dei ruoli di carnefice e di vittima, attraverso lo sperpero del danaro da parte di Addolorata, la quale rinnova guardaroba ed elettrodomestici di casa, inanellando bollette esorbitanti e cedendo anche lo storico negozio ai cinesi, temuti concorrenti di Rosaria. La paralisi fisica ed esistenziale proietta le due sorelle nel passato, alla ricerca del momento magico, l’amore dei genitori, le filastrocche, la mela grattugiata con zucchero e limone, e l’odio verso di loro che non concessero loro la vaccinazione anti-polio. Il “carnage” psicologico si colora, quindi, di disperata malinconia in una casa-prigione che, comunque, resta tale, evocando il film “Che fine ha fatto Baby Jane?” che, tra l’altro, abbiamo anche visto trasposto in salsa napoletana con Sisters, proprio lo scorso novembre, mentre ancora l’apertura della stagione 2017, salutava la convivenza di Fiorenza e Olivia, protagoniste de’ “La strana coppia” al femminile voluta da Pasquale Squitieri con le sue due donne. Sogno o verità? Rosaria e la morte popolano i sogni di Addolorata. Rosaria si libera del suo corpo finendo soffocata da un cuscino nell’armadio di Addolorata, in cui spesso si andava a rifugiare dopo l’ennesimo litigio, finale noir, poi annacquato dalla trasformazione in allegro fantasma (siamo pur sempre a Napoli) di Rosaria che continuerà, per sempre, a vivere con la sorella Addolorata. Applausi per una perfetta Giuliana De Sio, la quale ha sostenuto lo spettacolo come un perfetto meccanismo ad orologeria, interagendo con i ritmi della storica tradizione teatrale di Isa Danieli, che pur con qualche indecisione, superata con l’inarrivabile mestiere del palcoscenico ed una mimica facciale senza pari, ha dato luce ad un testo mediocre e prevedibile.
Olga Chieffi