Le azioni politiche di maggioranza e opposizione fanno emergere l’urgenza di una politica di centro - Le Cronache
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Le azioni politiche di maggioranza e opposizione fanno emergere l’urgenza di una politica di centro

Le azioni politiche di maggioranza e opposizione fanno emergere l’urgenza di una politica di centro

di Giuseppe Gargani
Le dichiarazioni fatte da più parti politiche nel periodo estivo hanno consapevolmente o inconsapevolmente messo in evidenza la necessità di una politica di centro.
Abbiamo ripetuto più volte dall’ ottobre del 2022 che l‘ appannamento del centro rappresentato da Forza Italia ha fatto prevalere prepotentemente la destra e l’affermazione della Shlein, ha spostato il PD a sinistra: destra e sinistra, sia ben chiaro, senza i solidi contenuti tradizionali non più aderenti alla tradizione storica, e per questo ancora più pericolosi ed equivoci, non idonei a rappresentare una politica di governo. D’altra parte destra e sinistra sin dal dopoguerra hanno caratterizzato “politiche estreme” lontane dalla logica della mediazione e della composizione degli interessi diversi.
In una parola si può dire che tutte le iniziative messe in atto sia dal governo che dal PD e da cinque stelle mostrano un deficit di cultura di governo che è necessaria per configurare un rapporto virtuoso tra le istituzioni e i cittadini.
Questo ci porta dire, dunque che le azioni politiche della maggioranza e della opposizione fanno emergere l’urgenza di una politica di centro sempre criticata e vilipesa perché considerata astratta o inadeguata, ma, al contrario necessaria è indispensabile.
Una politica di centro presuppone un partito collegiale non personale come esistono in Italia degli anni 90, perché lo stesso riferimento non ad una collegialità ma ad un capo impedisce che si esprima una politica rivolta al bene comune.
L’aspirazione espressa da più parti ad un bipolarismo nel senso di movimenti o coalizioni di partito che sono in alternativa tra di loro non si è mai concretizzata perché in Italia non è esistito e non esiste un bipolarismo neanche quello auspicato da Berlusconi.
Il nostro paese ha un pluralismo complesso e diffuso radicato nella cultura che non può prevedere semplificazioni.
Insistere nel prefigurare un bipolarismo di maniera ha portato i partiti personali al populismo e alla sfiducia degli elettori.
Io credo che questo lungo periodo di transizione sia superato e che il paese è alla ricerca di un nuovo punto di equilibrio che non può non essere il centro alternativo alla destra e alla sinistra.
I contenuti o i valori che invochiamo sono chiari ed evidenti e sono il contrario di quelli indicati dal governo e di quelli invocati dall’opposizione.
Ha ragione chi ritiene che il Presidente del Consiglio Meloni abbia fatto mutamenti repentini rispetto alla vecchia predicazione fatta dall’opposizione, e alle indicazioni del programma elettorale del settembre 2022 mettendo in atto un trasformismo ideologico di cui non si hanno esempi; il che dimostra che la Meloni e il suo movimento non credevano alle cose dette prima e a maggior ragione non credono alle cose dette oggi. Appare solo chiaro che c’è la volontà di annacquare il valore e il significato della storia per un “indistinto” che non può generare un futuro consapevole e solidale, e insieme a questo la pretesa di cambiare la storia del nostro paese senza una chiara visione se non quella di una generica discontinuità.
Gli esempi sono innumerevoli e si riferiscono alle problematiche della giustizia che vedono la prevalenza di un giustizialismo senza la cultura del garantismo e della libertà della persona; al negazionismo delle responsabilità per la strage di Bologna nonostante le sentenze definitive dalla Cassazione; alla politica degli sbarchi dei migranti, all’ostilità nei confronti delle banche con un miope intervento dello Stato e con un decreto legge “retroattivo” calpestando la Costituzione e la legittima aspettativa propria in uno stato democratico.
Una politica di centro è l’unica capace di difendere la storia del nostro paese, le ragioni che hanno fatto prevalere la democrazia dopo la fine del fascismo e questo significa difendere non in astratto la costituzione ma in concreto i suoi istituti, la rappresentatività propria di una Repubblica parlamentare.
L’Italia non può non fare riferimento al movimento civile di contrapposizione al fascismo che ha consentito la Costituzione repubblicana e la democrazia così come la Francia non può dopo secoli non riconoscere di essere figlia della rivoluzione del 79, e l’America di essere erede di una costituzione sia pure vecchia di 200 anni. Di conseguenza contrastare il presidenzialismo, l’autonomia differenziata, il premierato non significa nostalgia per un assetto istituzionale vecchio, ma significa esaltare la Repubblica parlamentare e dare prevalenza, come tutti dicono (a parole) al popolo, alla sovranità popolare. Il presidenzialismo porta ad una modifica radicale di tutta la Costituzione che ha come perno centrale la Repubblica parlamentare, il premierato distrugge iI Parlamento che andrebbe invece rinforzato nella sua funzione; l’autonomia differenziata divide il paese ed elimina la solidarietà civile politica e istituzionale in un periodo di così accentuata crisi sociale e umana. Siamo in presenza di un contrasto in Europa e nel mondo tra la democrazia e l’autocrazia per il destino della libertà degli uomini ed è necessario “conservare” i valori istituzionali che hanno permeato la società, non avventurarsi in modifiche non ispirate da strategie precise e condivise.
I tentativi di costruire un centro politico sono stati molti ricorrenti in questi anni, in contrasto con le tante iniziative rivolte a delegittimare i partiti, non ha prodotto risultati. La situazione che si è determinata è il risultato delle elezioni politiche consentono una ripresa di dialogo tra le forze omogenee che vogliono risvegliare la politica e riabilitare i partiti con la democrazia, con una dialettica interna agli stessi partiti che li faccia aderire di nuovo alla lettera e allo spirito della Costituzione.
Se il sen Renzi sente anch’egli questa esigenza, come ha detto in varie interviste, non solo per ragioni tattiche o strumentali, possiamo allargare l’area di centro dei “popolari uniti” e aspirare ad una dialettica politica normale e fisiologica come si conviene ad un paese democratico.
Si è sempre invocato un programma per una politica di centro: e proprio in presenza di opposti estremismi è necessario e urgente una indicazione politica come premessa per un programma credibile e concreto.