di Michele Russo
La tragedia avvenuta a Firenze nel cantiere della Esselunga con quattro operai morti ed un disperso, al di là degli sviluppi giudiziari e dell’accertamento delle responsabilità che potrebbero andare dalle carenze progettuali alla gestione inidonea dell’esecuzione dell’opera, suggerisce di sviluppare alcune considerazioni sulla situazione dei cantieri in generale e della attuale legislazione in tema di lavori sia pubblici che privati.
Secondo le prime ricostruzioni, nel maxi cantiere avevano lavorato ben 63 aziende (comprese alcune ditte individuali, impiegate per opere marginali), di cui 4 impegnate al momento del crollo.
Un groviglio enorme, dovuto a subappalti ed ai subappalti dei subappalti che secondo i sindacati ha avuto come conseguenza una pesante sottovalutazione dei rischi, e come vittime incolpevoli gli operai, ultimi anelli della catena.
Pare che alcuni addetti avessero come contratto di lavoro quello del settore metalmeccanico, ma stavano svolgendo lavori nel campo edile. La ragione con tutta evidenza risiede nell’utilizzare un contratto con un costo minore per garantire poi dopo la possibilità a chi ottiene il subappalto di risparmiare.
E veniamo qui ad una considerazione di carattere generale.
Il nuovo Codice degli appalti del 2023 consente il subappalto cosiddetto “a cascata”, ovvero il subappaltatore può a sua volta subappaltare e così via. Il vecchio codice del 2016 lo vietava, nel senso che l’impresa aggiudicataria poteva subappaltare parte dell’opera, ma il subappaltatore non poteva fare altrettanto. Tale divieto è stato censurato dalla corte di Giustizia europea e quindi la normativa italiana si è dovuta adeguare.
Ci troviamo, quindi, nella condizione che possano essere richiesti tali affidamenti di subappalto a cascata, con conseguenti riduzioni di prezzi, ad ogni subappalto. Da un lato prima di affidare un contratto di appalto i tecnici della stazione appaltante, devono valutare la congruità dell’offerta, l’eventuale anomalia del ribasso, decidendo se l’opera sia eseguibile con quell’importo proposto dall’impresa e poi da un altro lato tutto ciò finisce con l’essere eluso. Con diversi subappalti, infatti, si può arrivare a commissionare il lavoro di fatto con un ribasso notevolmente superiore a quello offerto in fase di gara.
Si aggira in pratica il meccanismo di valutazione della congruità dei costi della manodopera, dei materiali e di quanto necessario all’esecuzione delle opere, a discapito della comparsa di margini sull’importo contrattuale solo a vantaggio di chi passa il contratto al proprio subappaltatore e così via.Gli ulitmi anelli della catena saranno ovviamente le maestranze in cantiere e la qualità delle forniture, su queste voci ed a loro discapito si agirà per rientrare nei margini di costo e tentare di ottenere un modesto utile.
Capiamo la necessità di tutelare l’economia di mercato come dettano i principi di libera concorrenza nell’unione europea, ma troviamo necessario evitare che un’opera per la quale per esempio possa essere ritenuto congruo un ribasso in sede di gara del 20%, arrivi ad essere eseguita in parte da subappaltori con ribassi finali effettivi del 50% e più. Ha avuto senso l’aggiudicazione e la valutazione del ribasso se poi in effetti tale ribasso aumenta notevolmente? Secondo noi no.
Ben venga l’opportunità che le grandi aziende facciano lavorare le piccole imprese, ma le condizioni ed i prezzi non possono essere lasciati alla libera contrattazione con i subappaltatori che pur di lavorare accettano di tutto a qualsiasi prezzo.
Si imponga un tetto ai ribassi per i subappaltatori rispetto all’offerta dell’aggiudicatario.
Viva il libero mercato ma non fino al disprezzo della dignità del lavoro e mettendo a rischio la vita umana.