di Olga Chieffi
Custode della grande tradizione napoletana, nella giornata di ieri ci ha lasciato Carlo Giuffrè tra gli eredi più illustri di eduardo De Filippo di cui ha portato in scena commedie indimenticabili come “Natale in casa Cupiello”, “Questi fantasmi”, “Il sindaco del rione Sanità”. Il suo segno è quello di una vita d’artista iniziata nella Napoli bombardata degli anni Quaranta, proseguita con l’arrivo a Roma nell’Accademia Nazionale d’arte drammatica Silvio D’Amico dove ha quali compagni di studi Marcello Mastroianni, Nino Manfredi, Vittorio Gassman, Paolo Panelli, Alberto Sordi, Bice Valori, con i quali è stato da allora sempre legato da affettuosa amicizia. Dai primi passi mossi a teatro sotto l’eccezionale direzione di eduardo, grazie alle quali il giovane Carlo manifesta le sue doti di attore dalla vocazione comica e grottesca, all’arrivo nella leggendaria Compagnia dei Giovani di Giorgio De Lullo, Rossella Falk ed elsa Albani, che ha rappresentato per Giuffrè una lezione di misura e raffinatezza, risalgono i primi ricordi di Carlo Giuffrè qui, a Salerno. Nel 1972 Carlo convinse il fratello Aldo a recitare insieme: nacque così la compagnia dei due Giuffré, che collezionò una lunga serie di successi, molti dei quali provenienti dal grande repertorio classico napoletano. In 15 anni misero insieme, tra l’ altro, anche “Francesca da Rimini”, “Pascariello surdato congedato” di Petito, “A che servono questi quattrini” di Curcio, “La Fortuna con l’ effe maiuscola” di De Filippo e Curcio. Di nuovo divisi nel 1987, sono tornarono a calcare le scene insieme nel 1994, in un’occasione storica, quale la riapertura del nostro teatro
Verdi per riproporre “La fortuna con la effe maiuscola”. Ricordiamo la gelida giornata di quel novembre, quando i fratelli Giuffrè tennero a tornare al massimo, un teatro ancora cantiere, dopo le ferite inferte dal terremoto, con un freddo pungente sul palco e nei camerini completamente privi di riscaldamenti e di impermeabilizzazione, una serata che si chiuse con una strigliata pubblica all’ assessore allo Spettacolo del Comune di Salerno, del tempo, Giuseppe Zinicola. Naturalmente, l’esordio di Carlo a Salerno risale a molto tempo prima, a cominciare dalla stagione teatrale del 195960 in “Sapore di Miele” di Shelagh Delaney, nella compagnia di Vivi Gioi e Renzo Giovampietro, con elisa Mainardi, Loriz Gizzi e le musiche di umberto Bindi, e ancora, col lavoro di Paolo Levi “Fra un mese, fra un anno”, dal romanzo di Françoise Sagan, nella stagione 1964-1965 nei “Sei Personaggi in cerca d’autore”, di Luigi Pirandello, nel ruolo di prim’attore, con la Compagnia dei Giovani, con la regia del più grande degli allievi di Luchino Visconti, Giorgio De Lullo, con il quale continuò a recitare le gemme della letteratura teatrale, tra cui “tre sorelle” di Čechov, “egmont” di Goethe, “Cecè”, “La morsa”, “Il giuoco delle parti”. Della stagione 1972-1973, invece, è l’esordio al Verdi con il fratello Aldo, in “un coperto in più”, una commedia brillante sulla solitudine di Maurizio Costanzo, per poi passare dopo la chiusura del massimo cittadino, alla messa in scena, ma al teatro Capitol, de’ “Le Voci di dentro” di Eduardo De Filippo, al fianco di Mario Scarpetta, il 20 gennaio del 1992, l’inaugurazione del nostro massimo nel 1994, quindi, una “Miseria e Nobiltà” nel 2002, seguita da uno dei cavalli di battaglia di Scarpetta “Il medico dei pazzi”, nel 2004, per passare, poi, al ruolo eduardiano del “Sindaco del Rione Sanità” nel 2007, per salutare le scene salernitane con “I casi sono due di “Armando Curcio”, nel 2010. Nel 2007, in occasione della consegna del tributo alla carriera assegnatogli dal “Premio etI – Gli olimpici del teatro”, Carlo Giuffrè fu insignito del titolo di Grande ufficiale dal Presidente della Repubblica prima di portare in scena proprio “Il sindaco del rione Sanità”. Successivamente la rappresentazione di “Questi fantasmi!”, ancora di eduardo, nel 2012, mentre i suoi ultimi lavori sono stati a teatro con “La lista di Schindler” nella stagione 2014/2015 e al cinema nel 2016 in “Se mi lasci non vale” di Vincenzo Salemme. Rimarcabili anche le sue precedenti apparizioni sul grande schermo, da “La ragazza con la pistola” di Mario Monicelli (1968) a “Noi donne siamo fatte così” di Dino Risi (1971). Poi, un simpatico aneddoto sul premio per “Son contento” di Francesco Nuti nel 1983: vinse un David di Donatello per quel film, che secondo Suso Cecchi D’Amico, che era in giuria, avrebbe dovuto ricevere l’anno precedente per l’interpretazione offerta ne’ “La pelle” di Liliana Cavani.