di Olga Chieffi
Campagna subì un ferale bombardamento il 17 settembre del 1943 e, per non dimenticare quella giornata, domani, alle ore 21 nel chiostro del comune andrà in scena “La pietra oscura” di Alberto Conejero, con Alessandro Tedesco e Andrea Palladino, per la regia di Pasquale De Cristofaro. La sezione teatrale di “‘A Chiena”, quel viaggio tra arte, natura e storia – intervento co-finanziato dal POC Campania 2014- 2020, rigenerazione urbana, politiche per il Turismo e la Cultura, nell’ambito del programma unitario di percorsi turistici di tipo culturale, naturalistico ed enogastronomico di portata nazionale ed internazionale, firmato da Antonello Mercurio, guarda alla storia vicina per non dimenticare, per non commettere ancora errori, che sembrano reiterarsi di generazione in generazione. L’8 settembre 1943, la radio diffonde in tutta Italia la notizia che è stato firmato l’armistizio tra lo Stato italiano e le forze alleate di liberazione. In quelle stesse ore, sulle zone costiere della provincia di Salerno avveniva l’operazione Avalanche: centinaia di navi dell’esercito alleato organizzavano lo sbarco. Si preparava una lunga battaglia, dura e spietata: alla fine, dopo più di una settimana di combattimenti, i tedeschi risultarono sconfitti per il peso determinante dell’aviazione alleata e per il fuoco massiccio delle navi di appoggio ancorate di fronte alle spiagge. In quei giorni, tutta la costa salernitana ha subito ingenti bombardamenti: Eboli e ancor più Battipaglia erano state prese di mira. La maggior parte della popolazione era fuggita in luoghi considerati più sicuri, e tra questi c’era proprio Campagna – si legge sulle pagine di Joimag – che presentava il vantaggio di non essere distante dalla Piana del Sele e nello stesso tempo ben difesa, perché circondata dalle montagne. Tuttavia proprio a Campagna, in quei giorni, i tedeschi tentarono una massiccia deportazione degli ebrei che si trovavano ancora nel campo, ma l’operazione fallì, perché la notizia riuscì ad essere carpita dai custodi del campo, grazie anche all’intervento del Vescovo Palatucci, e insieme riuscirono a far scappare gli internati che si dispersero proprio nelle montagne. Ma il giorno della tragedia, per il piccolo paese salernitano, è stato il 17 settembre 1943. In quel giorno due grossi aerei americani hanno sganciato i propri ordigni in alcune zone del paese, tra cui la strada davanti al Comune, colpendo la folla riunita per ricevere la razione di pane. Gli aerei alleati lasciavano dietro di loro una dolorosa scia di sangue: più di centosessanta morti, a ciò si aggiunga che i soccorsi non sono stati tempestivi per il periodo di caos in cui tutto il mondo si trovava a causa della guerra, per la paura dei tedeschi e per il timore di altri bombardamenti. Fondamentale, in quelle ore, è stato l’intervento dei medici ebrei internati nel campo di Campagna, protagonisti di un momento tragico, ma anche eroi silenziosi, maestri di umanità e portatori del senso del dovere. Quell’episodio tragico è stato raccontato poi da uno dei due medici molti anni dopo, Chaim Pajes, in un’intervista rilasciata a Judith Goodstein e Carlotta Scaramuzzi, per la rivista Il Sapere nell’ottobre del 2002. Mentre racconta della sua esperienza da internato, egli dichiara: «Quella cittadina, Campagna, fu bombardata; fu colpito anche il campo e un camion pieno di munizioni che provocò una carneficina tra le persone in fila per il pane. Decine di morti, e medici non ce n’erano, erano scappati tutti. Cosicché un mio amico, il dottor Tanzer, un infermiere, Bahl, e io organizzammo i soccorsi. Quando i tedeschi ci fermavano, mostravamo la croce rossa sul braccio e dicevamo: “Niente capire, niente capire”. Abbiamo tirato fuori dalle macerie decine di feriti e abbiamo messo su un ospedaletto nella sacrestia della chiesa. Ci aiutò il vescovo, una bravissima e coraggiosa persona. Mentre eravamo lì, ci sono stati altri due bombardamenti americani: bombe che cadevano, polvere, finestre che sbattevano, vecchi terrorizzati, feriti gementi, il vescovo che benediva i vivi e i morti. Lavorammo un giorno, una notte e un altro giorno senza mai fermarci, senza mai toccare cibo. Con coltelli da cucina abbiamo fatto tre amputazioni. Per le suture e le fasciature usavamo ago e filo da cucito e strisce di lenzuola bollite e strizzate. Lavorammo in questo modo quando arrivò un uomo gridando: “Gli americani!”. Anche adesso ricordando quel momento mi commuovo. Presi a correre come un pazzo finché incrociai una Jeep americana con quattro soldati, due bianchi e due neri. Gli corsi incontro sventolando un fazzoletto e anche se loro avevano puntato una mitragliatrice verso di me riuscii a raggiungerli e ad abbracciarli. Era la fine di un incubo». ‘A Chiena vuol ricordare questo episodio della nostra storia attraverso il teatro con “La Pietra Oscura”: una stanza in un ospedale militare vicino a Santander; due uomini che non si conoscono e che sono costretti a condividere le ore terribili di un conto alla rovescia che potrebbe concludersi con la morte di uno di loro all’alba. Un segreto avvolto dal rimorso e un nome che risuona sulle pareti della stanza: Federico. Rimane solo la custodia di alcuni documenti e manoscritti come ultimo gesto d’amore. Ispirato alla vita di Rafael Rodríguez Rapún, studente di ingegneria mineraria, segretario della Barraca e compagno di Federico García Lorca negli ultimi anni della loro vita, The Dark Stone è un pezzo vibrante sulla memoria come spazio di giustizia e anche sul bisogno di redenzione. Un testo in cui tensione drammatica e pulsione poetica si uniscono per sollevare interrogativi sulla naturalizzazione del nostro passato più recente e sul destino dei dimenticati nei fossati della Storia.