La memoria ebraica? La tutela il podestà! - Le Cronache
Cronaca

La memoria ebraica? La tutela il podestà!

La memoria  ebraica?  La tutela il podestà!

di Clemente Ultimo

Ciclicamente in città si riaccende il dibattito sulla toponomastica, vuoi per la scelta di dedicare una strada o una piazza ad un personaggio o ad un evento ritenuto – a torto o ragione – divisivo, vuoi per la ragione opposta, ovvero per “dimenticanze” che assumono agli occhi di alcuni la coloritura dell’ostracismo politico. Il caso più evidente, nonché il più dibattuto, è quello relativo all’assenza nello stradario cittadino di una piazza o di una via dedicata alla memoria di Carlo Falvella, il giovane militante missino ucciso in via Velia nel luglio del 1972. Pur se umanamente comprensibili, gli eccessi di parte – in un senso e nell’altro – forse sarebbe ora cedessero il passo ad una visione differente della città e della sua storia, che nella toponomastica ha un immediato riflesso. Un interessante, quanto inatteso, esempio di questa visione tesa a storicizzare personaggi ed eventi, in una prospettiva che ritiene inappropriato se non impossibile frammentare il vissuto di una comunità, arriva dalla lettura di un documento capitato quasi per caso tra le mani di chi scrive. Si tratta di una copia della relazione redatta dai componenti della commissione toponomastica voluta, nell’aprile del 1932, dal podestà Mario Iannelli. La commissione è composta da otto membri e un segretario. Tra questi alcuni destinati – piccoli scherzi della storia – a finire a loro volta ricordati dallo stradario cittadino: a presiedere i lavori c’è il magistrato Matteo Fiore, a coadiuvarlo l’avocato Francesco Alario, i professori Francesco Cantarella, Andrea Sinno e Carlo Carucci (padre di monsignor Arturo, celebre oltre che per la sua lunga attività pastorale per il lavoro svolto come appassionato ricercatore di storia locale), gli ingegneri Michele De Angelis e Domenico Lorito, il canonico Paolo Vocca; a ricoprire il ruolo di segretario è Nicola Telesca. L’intervento della commissione si rende necessario sia a seguito dell’espansione urbana in corso a Salerno negli anni ’30 del secolo scorso, sia per rispondere ad una più generale necessità di riannodare le fila delle memorie cittadine, in cui fa il suo ingresso prepotente l’eredità della Grande Guerra, esperienza totalizzante che in quel momento rappresenta un ricordo ben vivo nel vissuto dei singoli e del Paese. Nella premessa della relazione è indicato il metodo utilizzato nel processo di revisione della toponomastica cittadina: “il concetto fondamentale, che ha animato i nominati commissari, è stato quello di mettere in onore quante persone diedero, nei secoli, lustro a Salerno, ricordandole nelle denominazioni delle strade, dando di ognuna di esse, opportunamente, qualche breve notizia”. Fin qui nulla di nuovo, verrebbe da dire. Interessante è, piuttosto, l’applicazione concreta del principio enunciato. In particolare su un punto che, almeno in teoria, avrebbe potuto rivelarsi particolarmente delicato: la memoria storica della presenza ebraica in città. Invece è proprio la commissione insediata dal podestà a chiedere con forza che tale memoria venga preservata dall’oblio del tempo. Nella relazione si propone, infatti, di sostituire la denominazione di Via Macelli (anch’essa ricollegabile alla presenza della comunità ebraica, seppur in maniera indiretta) con quella di Via Giudaica, al fine di “conservare l’antica denominazione di quella località, che nei documenti medioevali è detta Iudaica, per il fatto che gli Ebrei, i quali dal sec. IX a l sec. XV, per ragioni di commercio, risiedevano in numero assai rilevante in questa città, nella medesima zona tenevano le loro case”. Un paradosso, almeno in apparenza, che diventa pienamente comprensibile se si ritorna per un istante all’enunciazione del principio ispiratore della commissione toponomastica, ovvero quello di recuperare la secolare memoria della città, memoria che è un continuo intrecciarsi di storie individuali e collettive, di un continuo succedersi di idee anche opposte tra loro. A quanto risulta nulla ebbe da eccepire il podestà Mario Iannelli quando – nell’agosto 1932 anno X E. F. come si legge in calce alla relazione – gli fu consegnata il documento elaborato dalla commissione toponomastica. A testimoniarlo la presenza del vicolo Giudaica a monte della chiesa di Santa Lucia.