di Ernesto Pappalardo*
E’ appena il caso di ripetere che, in fondo, vive e governa ancora. Continua a esistere (e a fare l’opposizione) in tutte le forze presenti in Parlamento. I democristiani sono sempre lì, a rappresentare quello che noi siamo. E anche quello che non siamo.
Il punto cruciale di tutte le discussioni in atto nella nostra politica, appare, più o meno, non tanto basato sulle emergenze economiche – che pure sono centrali e importanti per provare a recuperare una prospettiva di reale stabilità – ma, come sempre, sulle vicende delle singole formazioni di origine partitica, che ben si guardano dal mantenere una visione non strettamente egoistica o, ancora di più, addirittura personalistica. In altre parole, siamo ai minimi termini della vicenda: non sono affatto pochi i percorsi di tanti esponenti di quella geografia politica che costituisce in maniera strutturale – e al di là delle tanti fasi storiche che il partitismo ha vissuto e continua a vivere – la caratteristica dominante del sistema-Paese. In questo momento, per esempio, è in atto una vera e propria fase di ridisegno organico delle strutture politiche che si accingono a determinare quanto prenderà forma nei prossimi mesi e nei prossimi anni. Il dubbio reale è, fondamentalmente, aggrappato ad un solo aspetto: quali saranno, con minore vaghezza di quanto si declama in queste ore, i nuovi tempi delle fasi politiche? Gli equilibri, le maggioranze, le minoranze, i perdenti, i vincenti, riusciranno a ritagliarsi i loro spazi di potere e di controllo delle azioni da compiere, in maniera meno ondivaga e più, invece, performante? Sapranno, quindi, imprimere una stabile e permanente agibilità alle proprie mosse, tale da inquadrare, senza troppe inquietudini, scenari esatti e, quindi, in grado di attraversare le paludi di scontri e contrapposizioni sia interni che internazionali? Insomma, dopo il momento di passaggio – storico, non occasionale, pare di capire – assisteremo al consolidamento di uno scenario che, è bene ribadirlo, comporta il perfezionamento strutturale del percorso della democrazia in questo Paese?
La centralità della destra, che ha assunto il ruolo di polo di riferimento del nuovo assetto politico nazionale e che prova – attraverso il consolidamento dell’area di governo della leader Giorgia Meloni che si manifesta anche in un ampio quadro amministrativo e culturale – ad amalgamare anche in un largo contesto internazionale, è il riferimento prioritario che apre nuovi percorsi e prospetta margini di cambiamento di fronte ai quali non resta che attendere per capire se la scia del consenso continuerà a manifestarsi, senza ripensamenti (come sembra già accadere, va detto).
Come pure, sull’altro fronte, il cambio anche in questo caso storico, anagrafico, culturale, avvenuto nei mesi scorsi, posiziona sotto i riflettori una nuova e ben delineata leadership che sta proponendo una chiara rideterminazione di proposta politica che va avanti a sinistra. In un contesto, forse, leggermente più difficile, ma, intanto, cammina e non sembra fermarsi.
Rimane al centro, compresso e un po’ perplesso, ben assottigliato, quello che resta dell’unico polo politico e culturale che, in buona sostanza, ha governato per decenni e decenni l’Italia: quella che è stata e sempre sarà (nella ricapitolazione storica) la Democrazia Cristiana.
Ma è appena il caso di dire, in fondo, la Dc vive e governa ancora. E’ l’unico partito che continua a esistere e a governare – oltre che a fare l’opposizione – in tutti i partiti che sono presenti in Parlamento.I democristiani sono sempre lì, a rappresentare quello che noi siamo. E anche quello che, forse, non siamo.
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