Olga Chieffi
Erano così potenti e coesi che gli avversari li chiamavano quasi dispregiativamente “il clan degli Avellinesi”. In Irpinia sono ancora noti come “i Magnifici 7”. E’ il gruppo di intellettuali e politici che, insieme a Ciriaco De Mita, formarono tra gli anni ’60 e ’80 del Novecento una classe dirigente straordinaria che, partendo dalle zone interne del Sud, arrivò a conquistare la guida del maggiore partito della Prima Repubblica e il Governo del Paese: Gerardo Bianco, Nicola Mancino, Biagio Agnes, Salverino De Vito, Antonio Aurigemma, Aristide Savignano, Giuseppe Gargani e Ortensio Zecchino. A 80 anni dalla nascita della Democrazia Cristiana, il libro racconta la loro storia attraverso un viaggio immaginario nei loro Paesi d’origine compiuto dai protagonisti: una nipote e un nonno a simboleggiare il cammino della memoria. Nel lungo pomeriggio di ieri, nel Salone Bottiglieri di palazzo Sant’Agostino, nel corso dell’incontro promosso da Meic e Fuci, sullo spunto della presentazione del volume a firma di Daniele Morgera “Li chiamavano i magnifici 7. Ciriaco, Gerardo e gli altri: verità e leggende della DC irpina che arrivò a governare l’Italia” in libreria per le edizioni La Bussola, il quale ha imparato a conoscere il territorio irpino, avendo messo su famiglia lì, i temi venuti fuori dai diversi interventi sono stati in primis il recupero e l’azione sul territorio, quindi la partecipazione attiva, la memoria, la formazione e l’eredità, per guardare ad un nuovo futuro. Un lavoro di scavo nelle biografie di quanti animarono la politica della Sinistra Dc nell’ottica del rilancio del Mezzogiorno, il terremoto dell’80 e le grandi opere, successi ed elezioni, critiche di lottizzazione e clientelismo. La storia comincia dalla conoscenza del “progenitore” Fiorentino Sullo, a Castelvetere sul Calore. Quindi, Aristide Savignano, il professore universitario formatore di generazioni e coscienze, a Antonio Aurigemma, detto “Nacchettino” per via del naso, nasino, giornalista e maitre a penser, la “roccia di Saxa Rubra”, Biagio Agnes, “interprete di un giornalismo passionale con una vocazione anticipatrice” che lo avrebbe portato ai vertici della Rai come plenipotenziario direttore generale. Tanti gli aneddoti e gli episodi, che son venuti fuori dai racconti, fino ai fasti di Mancino primo presidente della Regione Campania, senatore, ministro e presidente del Senato, raccontati persino dalla moglie Gianna: dalla passione per il Grande Torino ai fasti della Repubblica fino all’onta del sospetto dei rapporti con la mafia, poi dissolti dopo grande sofferenza processuale e di vita che ancora pesano su Nicola da Montefalcione. Tavolo eterogeneo quello composto a palazzo Sant’Agostino frequentato dai fautori della politica dei gloriosi anni ’80, a cominciare proprio da Ciriaco De Mita, che tutti consideravano il Maestro, ricordato ieri sera da Clemente Mastella, “intruso” beneventano, nel “clan degli avellinesi”, col quale si giocava le cravatte sulle questioni da risolvere, ma dove il segreto, ha rivelato poi Giuseppe Gargani, era prendere le decisioni insieme. Al dibattito, scaturito dal volume scritto da Morgera hanno partecipato il giovane Francesco Di Palma presidente del Meic insieme a Rocco Pacileo, che hanno sollevato il tema sulla DC e il cattolicesimo. Tema, questo, in eterna fase di transizione nel panorama politico italiano, sottolineando l’importanza di ripensare all’organizzazione in modo da meglio rispecchiare i valori e le tradizioni della cultura cattolico-democratica. Nel contesto attuale, la forma partito tradizionale non è più adeguata a salvaguardare i principi fondamentali, ma in qualche modo pur deve essere viva una presenza più culturale e ideologica, che mantenga viva la tradizione senza essere vincolata a strutture formali del passato. Si pone inoltre il problema della relazione tra Chiesa e società: mentre in passato la Chiesa era parte integrante della società, oggi questa relazione si è evoluta, con la Chiesa che si pone come un’agenzia morale e un contributore al tessuto etico del Paese, senza più essere parte della sfera politica diretta. Questo cambiamento richiede ai partiti di ridefinire le proprie strutture, adottando strumenti diversi senza rinunciare ai valori fondamentali. L’obiettivo sarà preservare e valorizzare l’eredità culturale della tradizione cattolico-democratica, considerandola un elemento di crescita e di guida per la società italiana futura. Un cambiamento questo che richiede coraggio e capacità di innovare, mantenendo saldi i valori e la memoria storica, per rendere la politica più rispondente alle esigenze di una società in evoluzione. Questa la traccia anche di Pier Ferdinando Casini, il quale ha chiesto al Vescovo Sua Eccellenza Monsignor Andrea Bellandi, presente in sala, di far comunque formazione politica, evocando le scuole della Camilluccia e di Frattocchie, per formare i quadri dirigenti del futuro, che hanno visto passare e formarsi migliaia di militanti e funzionari, per poi magari indirizzarsi comunque da cattolici, ma consapevoli ad impegnarsi a destra o a sinistra. Giuseppe Gargani ha chiuso l’incontro con soddisfazione per i temi trattati ad alto livello e come dalle sue parole sia nato il titolo del volume, insistendo ancora sulla non formazione della classe dirigente perché non la si prepara. Ha voluto sottolineare la grande organizzazione che vigeva tra i magnifici sette come ad esempio il grande contributo di Biagio Agnes, o di Aurigemma che veniva rinchiuso a chiave finchè non avesse partorito il suo scritto per il giornale, o anche Gianni Festa altro grande giornalista, c’era Ciriaco di Mita il leader, ma anche un gruppo coeso. Ha parlato di nostalgia anche il Professore Aniello Salzano, in particolare per quel dialogo che c’era tra tutti, tra i dirigenti e con le persone comuni, gli appartenenti a tutte le classi. Così si costruiva l’elettorato e si risolvevano i problemi del territorio. Quindi, anche l’invito di Casini a recuperare una legge elettorale che oggi ti porta a non conoscere nemmeno chi si va a votare. Quindi, i “magnifici 7”, considerate simboli di eccellenza intellettuale e civica che hanno segnato profondamente il panorama politico italiano. Questa eredità, continua a ispirare e a offrire insegnamenti importanti per il presente e il futuro, dimostrando come la politica possa essere un’arte della costruzione basata sulla collaborazione e sulla costruzione di basi solide, piuttosto che sulla divisione e sui conflitti. Tra i presenti anche Aniello Salzano, Alfonso Andria, Vincenzo Inverso.





