Gran concorso di pubblico alla riapertura della Fondazione Menna con la personale di Tomaso Binga “Riflessioni a puntate” curata da Anna De Lia
Di GEMMA CRISCUOLI
Combattere la violenza, la strumentalizzazione delle coscienze, la deriva di senso: è questa la missione dell’arte per Tomaso Binga, al secolo Bianca Pucciarelli Menna, che nella mostra “Riflessioni a puntate”, a cura di Anna De Lia e visitabile fino al 30 novembre presso la Fondazione Menna, si serve di una scrittura risemantizzata per manifestare con forza il rifiuto di ogni logica distruttiva. Reduce da un lungo lavoro di ristrutturazione e nuovamente fruibile, il centro di studi d’arte contemporanea, su cui la Regione Campania intende investire un milione di euro, si appresta a creare una rete d’iniziative che coinvolgano, tra gli altri, anche la Scuola Barra e la Sala Pasolini. L’esposizione di Binga comprende le dodici cartoline –una al mese- inviate a 280 destinatari in tutto il mondo nel 1991 in occasione della Guerra del Golfo, uno dei numerosi eventi nella storia in cui l’interesse ha preteso di sacrificare tutto a se stesso. Nelle cartoline il segno, giocando con tutte le proprie possibilità espressive, visualizza le contraddizioni e le storture della contemporaneità, diventando arma dissacrante contro ogni deformazione del cosiddetto dato reale. Il ciclo “Per gli involontari di guerra” si basa sulla nudità mai asettica della T che diviene, con il noto segno dell’hastag, cimitero, confine, monito un attimo prima del baratro, mentre il rosso e il nero esprimono la perenne dicotomia tra vita e morte. Le “Lettere liberatorie” del 1973 sono contraddistinte a loro volta dalla necessità di fare del linguaggio un’occasione sempre nuova di riscoperta e di emancipazione: in Binga resta ancora vivissimo lo spirito degli anni Settanta, quando la discriminazione e il timore di un pensiero alternativo erano costante bersaglio di artiste non allineate. Risale al 1976 l’Alfabetiere murale, dove il corpo dell’autrice, divenendo lettera, fa della creatività la lingua fondamentale per evadere dalle catene delle definizioni: ogni lettera, esattamente come ogni organismo vivente, fa i conti con il tempo e lo spazio al di fuori però della tirannia di un codice imposto dall’alto. E che da ogni suono possa fiorire un’idea in un perenne ciclo vitale è il concetto alla base dell’Alfabeto officinale, illustrazione del mondo vegetale. La mostra propone in video celebri performance di Binga, tra cui “Ti scrivo solo di domenica” del 1977, 52 lettere scritte nell’ unico giorno femminile della settimana attraverso sostantivi solo femminili per comunicare un’esigenza di libertà, e poesie sonore interpretate al Maurizio Costanzo Show. All’ apertura al pubblico della Fondazione, l’artista ha recitato “Guerra”, appassionato atto d’accusa contro ogni azione bellica in cui “i contenuti dei contendenti/fanno sorridere pulci e serpenti”), “La bella addormentata”, in cui la pace giace in un sepolcro dove, non a caso, le donne nude attendono un risveglio che la porti a gridare contro chi vuole tenerla sepolta e “Striptease”, dove il denudarsi della donna è smascheramento dell’ipocrisia ed elogio di un’essenzialità senza compromessi.