L’inquinamento del fiume Sarno torna ad essere argomento di stretta attualità, in particolare quello dei torrenti tributari come il Solofrana ed il Cavaiola. A porre nuovamente la questione, soprattutto per gli scarti di pelle abbandonati lungo il torrente irpino, l’attivista Emiddio Ventre. La notizia di questi giorni, relativa a questo aspetto, ha rilanciato il problema. “La situazione è molto preoccupante, – ha dichiarato Ventre – in quanto è un fenomeno sempre più ricorrente sul territorio di Solofra; questo potrebbe essere l’evidenza che ci sono piccole aziende che lavorano in nero, per cui non potendo smaltire i rifiuti in maniera legale, li vanno ad abbandonare nelle zone più isolate”. Evenienza che se confermata potrebbe diventare rischiosa per l’ambiente. “In pratica – ha continuato l’attivista nocerino – lo stesso fenomeno della terra dei fuochi, ma qui la situazione è ancora più allarmante, in quanto queste pseudo aziende per generare scarti di pelle, avranno anche utilizzato acqua di concia che smaltiscono in maniera fraudolenta attraverso la rete civile e non quella induatriale alla quale non sono collegate per evidente ragioni. Quindi, questo spiegherebbe la presenza di cromo nelle acque della Solofrana a partire dal uscita del depuratore (per reflui solo civili) di Mercato San Severino, fino alla confluenza nel fiume Sarno a San Marzano”. La comunità a valle del Solofrana già alcuni anni fa ha protestato con una marcia nel Comune di Solofra. Cittadini, attivisti e sindaci, giunsero sino alla casa comunale. “Come dice Don Maurizio Patriciello – ha aggiunto Ventre – solo combattendo il lavoro nero possiamo eliminare lo smaltimento illegale di rifiuti. Se non si riesce ad individuare chi lavoro è poi trasporta i rifiuti e li abbandona, come possiamo mai pensare di individuare chi lavora nello scantinato e poi smaltisce le acque inquinate attraverso lo scarico del proprio WC?”. In pratica non bisogna abbassare la guardia sul fenomeno. “Intanto – ha concluso il presidente di “No Vasche” – noi che siamo a valle e siamo attraversati dal torrente Solofrana ne paghiamo le conseguenze a caro prezzo, al prezzo della nostra salute, ricordiamo che il cromo è cancerogeno. Alla luce di questi reati, ci vorrebbe un’altra marcia di protesta”. Giuseppe Colamonaco
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