Inchiesta dossieraggio, sconfitto Cantone - Le Cronache Ultimora
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Inchiesta dossieraggio, sconfitto Cantone

Inchiesta dossieraggio, sconfitto Cantone

di Antonio Manzo

Dossieraggio. È l’attualissima metafora nazionale dei processi creati e istruiti per mascariamento degli indagati silenziata e perfino ignorata dei principali quotidiani nazionali, tutti concentrati su Trump la protesta dei magistrati. L’operazione sputtanamento mediatico-giudiziario ha riguardato un ex magistrato, Antonio Laudati, irpino di nascita, già inappuntabile capo della procura di Bari e il finanziere Pasquale Striano. Dopo due anni di indagini sul dossieraggio che sarebbe stato compiuto dai due imputati con i accessi abusivi sui computer della Direzione Nazionale Antimafia, crolla a Perugia l’inchiesta guidata dal procuratore Raffaele Cantone che aveva persino chiesto gli arresti dei due. Non solo il fascicolo ora viene trasferito a Roma ma a Perugia il tribunale del Riesame ha respinto la richiesta degli arresti domiciliari per Laudati e Striano ed ha assegnato ai pm romani gli atti di indagine. Sia chiaro, la gogna per Laudati e Striano non è finita sono ancora imputati. Ma il mascariamento è stato consumato, qualunque sia l’esito finale dell’inchiesta compreso quello della dispersione del giallo dossieraggio nel porto delle nebbie della procura di Roma. Potrebbe restare l’ennesimo caso nazionale politico-giudiziario irrisolto nell’Italia dei misteri. Il fascicolo ora trasloca da Perugia nella Capitale. Il caso era nato dopo la denuncia del ministro Guido Corsetto che cercava le fonti giornalistiche su un presunto conflitto di interessi con la partecipazione a Leonardo, grossa azienda di Stato della difesa, e il suo ruolo di ministro. Quel che è certo è che le accuse sostenute contro Laudati sono state ampiamente spiegate e rese note su questo giornale nei giorni dell’apertura delle indagini e non c’è alcun caso di accesso abusivo nei confronti di esponenti politici tranne che quelli del tutto ordinati da Laudati pm della Direzione nazionale antimafia per dare impulso alle procure (Salerno e Roma) su elementi di indagine che avrebbero dovuto valutare. Immaginate un po’ la risonanza nazionale se i due inputati fossero stati arrestati, il clamore mediatico e due soggetti in galera con tanto di conferenze stampe degli inquirenti. Che l’avrebbe fatto, con malcalato intento, per una “medaglia” alla carriera. <Il tribunale, in motivazione, ha escluso la sussistenza delle esigenze cautelari relative al pericolo di inquinamento probatorio, rigettando le argomentazioni espresse nell’appello del pubblico ministero – hanno dichiarato gli avvocati di Laudati, Andrea e Maria Elena Castaldo – In particolare, ha ritenuto inesistente il requisito dell’urgenza> Più in particolare al tenente della Gdf e all’ex giudice antimafia si contesta l’accesso abusivo alle banche dati contenenti anche le segnalazioni di operazioni sospette. Accuse mosse dal ministro Crosetto, che aveva chiesto alla procura di Roma di individuare le fonti delle notizie pubblicate dal quotidiano Domani sui conflitti di interessi dopo compensi milionari ricevuti da Leonardo e altre aziende del settore delle armi fino a pochi giorni prima dell’insediamento nel governo Meloni. Crosetto è ancora al ministero della Difesa, Laudati, dopo una vita passata in toga, ha rischiato di finire in galera per un’accusa insussistente, non solo infondata. Quando l’avvocato Daniel Soulez Larivière, nel 1993, pubblicò in Francia <Du cirque médiatico-judiciaire et des moyens d’en sortir> in Italia si era al culmine di Mani pulite: da allora la formula è diventata moneta corrente nella prosa giornalistica come circuito o cortocircuito mediatico-giudiziario. Soulez Larivière parlava proprio di un circo che non comincia ad esibirsi se non sono pronti i suoi zelanti impresari, i suoi allestitori, i suoi attrezzisti tutto quel che serve per farlo funzionare e far divertire la platea. Molti magistrati, soprattutto quelli presuntamente “coraggiosi”, hanno utilizzato il legame stretto e malsano con giornali e televisioni per glorificare ogni loro gesto, per rivestire di coraggio anti-casta ogni loro iniziativa, per guadagnarsi un monumento nel popolato piazzale degli eroi e avere quindi le mani libere contro ogni altro potere. In particolare contro il potere politico, meglio se dopo aver ritrovato il “libro mastro delle tangenti” purtroppo in Italia ancora dolosamente edito e con sistemi più raffinati, ma ancora segreti, dai tempi di Di Pietro.