Ho appreso questa sera della morte di Vincenzo Maria Sinscalchi, uno degli avvocati più bravi del secolo scorso e anche di oggi.
Anzi, definirlo avvocato è anche riduttivo, è stato un intellettuale illuminato e illuminante.
La mia conoscenza dell’avv. Siniscalchi risale al Processo Tortora, febbraio 1985.
Fu in quell’occasione che ebbi la fortuna di conoscerlo e di risultargli subito simpatico anche per la comune passione per il Cinema di cui lui era un attento e acuto conoscitore e critico.
Abbiamo fatto pochi processi insieme, ma tutti importanti; lo scandalo ISVEIMER, l’omicidio di Marta Russo, e da ultimo, fino allo scorso 22 gennaio, un processo a Potenza che vede imputati una serie di politici di primo piano della Basilicata.
Come tutti i grandi era un uomo semplice che ti ascoltava e che non si metteva “sul piedistallo”, lui che meritava il posto più alto del podio.
Sono veramente dispiaciuto, era anziano ma aveva una vitalità e lucidità che non ti faceva pensare all’età.
Se ne va con l’avv. Sinscalchi l’ultima icona della mia vita professionale.
Mi piace immaginarlo nell’aldilà, non quello cristiano, ma nell’Olimpo dei greci dove andavano gli Eroi, coloro, cioè, che si erano meritato il paradiso con imprese eroiche compiute in vita, proprio come ha fatto lui.
E mi piace immaginare che in quel Paradiso rincontri il padre che perse troppo presto vittima di un investimento stradale e, perché no, che incontri Peppino Gianzi, il mio maestro, e si ritrovino come quel 31 luglio 1985 nell’aula Ticino di Napoli durante la mia discussione.
Grazie avv. Siniscalchi per tutto quello che avete rappresentato per me e per tutto quello che mi avete dato.
Giovanni Falci