Il ritorno de’ La Cenerentola, vent’anni dopo - Le Cronache
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Il ritorno de’ La Cenerentola, vent’anni dopo

Il ritorno de’ La Cenerentola, vent’anni dopo

Belle voci e tanto spirito per questa rappresentazione che sarà firmata dal binomio Francesco Ivan Ciampa-Riccardo Canessa. Presentato ieri mattina da Antonio Marzullo, nel foyeur del teatro,  l’allestimento e il cast di una delle opere più belle e significative di Gioacchino Rossini. In scena domani e domenica

 

Di Olga Chieffi

Era dal 2002 che mancava La Cenerentola di Rossini dal teatro Verdi di Salerno, un titolo questo tante volte invocato dai melomani salernitani, per la sua meravigliosa musica e il suo racconto, sceneggiato con la rapidità di un dialogo cinematografico, che rinuncia  quasi del tutto alla componente tragica dell’originale (la cattiveria della matrigna e delle sorellastre è circoscritta al ridicolo: toccando con Don Magnifico i toni grotteschi tipici del basso buffo, con Clorinda e Tisbe stilizzandosi in un’umanità meschina e maligna, esasperata dalla fusione delle due individualità in una coppia in cui l’un componente è specchio pedissequo, fotocopia dell’altro), il lato patetico è condensato in una sola figura, gentile e dolente sia per funzione narrativa e teatrale, sia per caratterizzazione musicale, Cenerentola, mentre la comicità è rappresentata da Don Magnifico, cui non manca nessuno dei connotati teatrali e musicali tipici del suo ruolo, ivi compreso quel sillabato veloce che ne costituisce l’aspetto più assurdo e vincente. Riccardo Canessa per la sua regia salernitana ha omaggiato il basso napoletano Casaccia, il primo Don Magnifico, che interpretò per la prima volta che era avvezzo effettuare la trasposizione della sua parte nel nostro musicale dialetto, grazie anche alla scelta dell’interprete, che sarà l’accorsatissimo Carlo Lepore. Ieri nel foyeur del Verdi Antonio Marzullo, il segretario artistico del massimo cittadino, ha presentato l’opera, unitamente al regista e appunto a Carlo Lepore, il quale ha dato qual novità l’esecuzione della sua aria di sortita in napoletano, nel nostro teatro. Invece, proprio nel 2002, La Cenerentola che fu l’opera evento di quella stagione, firmata da Davide Livermore, con sul podio Giovanni Di Stefano e tra gli interpreti, il debutto nel ruolo di Angelina di Anna Rita Gemmabella, in quello di Don Ramiro, che diventò principe di Amalfi, di Amedeo Moretti, mentre il personaggio di Don Magnifico aveva la voce di Luciano Di Pasquale, e vide il ruolo del padre delle due sorellastre Clorinda e Tisbe, cantato per intero in napoletano, rifacendosi all’edizione del 1818, in scena al teatro del Fondo a Napoli, giusto un anno dopo la prima romana. “Tengo molto all’ articolo La, dinanzi a Cenerentola, poiché diventa un personaggio reale, una categoria, cui guardare. – ha commentato Riccardo Canessa – il quale nella scenografia, firmata da Alfredo Troisi, ha inserito elementi del centro storico “nobile” salernitano, come il fontanone di Palazzo Ruggi D’Aragona e anche i panni spesso sciorinati al suo interno.  E’ questa una Cenerentola che sarà in particolare un omaggio all’arte della mia terra, con interpreti provenienti dall’ intera Campania, la Teresa Iervolino (Angelina) da Caserta, io, Carlo Lepore e Vito Priante (Dandini) da Napoli, il direttore da Avellino, Rosa Bove (Tisbe) da Salerno, ai quali si aggiungeranno Francisco Brito (Don Ramiro), Barbara Massaro (Clorinda) e Tommaso Barea (Alidoro).  La mia Cenerentola guarderà al teatro napoletano, quello nobile, dove il folclore non è che occasionale ed accessorio; l’essenza è invece genuina arte popolare, perché nasce dall’osservazione poetica di una realtà che interessa al di là dei confini; ed è, perciò arte universale”. Riconosceremo Totò in Dandini, la borghesia arricchita in Don Magnifico e nelle sorellastre, la verità in Cenerentola, quella verità, di cui i capiscuola del teatro napoletano, colgono l’aspetto comico e drammatico, oltre che nel contenuto passionale, sociale e morale, ovvero la poesia degli affetti familiari, ai quali Cenerentola aspira. La musica risiederà nella punta della bacchetta di Francesco Ivan Ciampa, quale tramite tra buca e palcoscenico, a tener a bada la lussureggiante effervescenza di vocalizzi e roulades e pezzi d’assieme, che Antonio Marzullo ha presentato come antesignani del contemporaneo rap. Con lui, maestro del coro, maschile Felice Cavaliere, ad oleare quegli ingranaggi perfetti che sono le partiture rossiniane. Ieri la prova generale, con 450 studenti in sala per avvicinarsi consapevolmente alla magia dell’opera italiana, titolo adatto, poiché è proprio con Rossini che si riesce ad accendere il racconto e la meraviglia, per tentare di assoldare nuovo pubblico ad un mondo che sembra di anno in anno, incanutirsi sempre più.