di Giuseppe D’Alto
Un sabato sera da dedicare alla famiglia dopo le fatiche settimanali. Una passeggiata con moglie e figli per rilassare la mente e dimenticare le problematiche aziendali. Un’apparente armonia rotta da una telefonata: “Da lunedì lei non deve presentarsi più sul posto di lavoro. E’ licenziato”. Un colpo al cuore per Luigi Cicala, sposato e padre di famiglia con un mutuo da pagare. “Ho avvertito un malore, quasi un mancamento. Mi hanno accompagnato al bar dove mi hanno offerto un bicchiere d’acqua e fatto sedere un attimo”. E’ una delle tante storie italiane del secondo decennio del nuovo secolo. E’ la storia, triste e amara, dei dipendenti della Comel srl di via San Leonardo, società che si occupa di forniture elettriche. In venticinque sono stati licenziati dopo mesi di precariato, false promesse, inutili e poco proficui incontri con le associazioni sindacali. E’ solo la prima puntata dei licenziamenti a pioggia che dovrebbero portare alla progressiva dismissione dell’azienda. Ieri mattina i lavoratori messi alla porta senza alcun preavviso si sono presentati regolarmente al lavoro. “Non avevamo ricevuto nessuna lettera di licenziamento-specifica Cicala-ed era nostro dovere presentarsi a lavoro per timbrare regolarmente il cartellino. Quando ho provato a farlo sono stato bloccato dal commercialista Renato Rocco che mi aveva comunicato telefonicamente il licenziamento. Stesso discorso per i miei colleghi, per correttezza preciso che il tutto è avvenuto in toni garbati con il signor Rocco che mi ha riferito di assumersi le responsabilità di quanto stava accadendo e che il mio comportamento avrebbe soltanto peggiorato le cose. Abbiamo ripreso i nostri effetti personali e ci siamo allontanati”. I cinque dipendenti, sui venticinque licenziati, presentatisi ieri mattina al lavoro, a questo punto, hanno contattato la Digos, i carabinieri ed i sindacati per denunciare quanto era accaduta ed hanno, successivamente, inscenato una mini protesta davanti all’azienda (successivamente sono giunti altri nove lavoratori dismessi per un totale di quattordici). Presenti anche le mogli di alcuni dipendenti. Qualcuna non ha saputo trattenere le lacrime. Un baratro che improvvisamente si è aperto davanti agli occhi di famiglie che già facevano i salti mortali per tirare avanti. “E’ un peccato vedere morire così un’azienda come la Comel dopo trentasei anni di attività. Perché, al di là di quello che si vuol dire, questa è il triste destino al quale andrà incontro la società. Da un anno abbiamo la sensazione che si faccia poco per evitare il crac ed anzi abbiamo quasi la sensazione che si voglia chiudere i battenti. Abbiamo proposto diverse soluzioni sia all’azienda che ai sindacati ma nessuna è stata presa seriamente in considerazione. Ancora oggi, con una situazione così precaria, si paga lo straordinario del sabato a venti dipendenti. Il sottoscritto si è preso la briga di chiedere, per problemi personali, un periodo di ferie e di contro mi è stato detto se vuoi venire il sabato vieni altrimenti resta a casa e, ormai, da tempo non percepivo straordinario. Si poteva applicare il turn over o addirittura prolungare la cassa integrazione che percepiamo da sei mesi per un giorno a settimana. Le possibilità di venirci incontro c’erano tutte ed invece ci hanno fatto parlare con dei rappresentanti sindacali che nemmeno conoscevamo e che non erano nostra diretta espressione fino ad arrivare ai licenziamenti senza preavviso dopo aver fatto il mio dovere per sei-sette anni… Scusate ma la rabbia è pari alla delusione ma di certo, per le nostre famiglie, non molliamo anche se siamo consapevole che d’ora in poi sarà dura. Molto dura”.