L’economia italiana ha bisogno di un cambio di passo per “raddrizzare” scelte che forse avrebbero dovuto essere meglio ponderate in estate, per immaginare un piano d’azione più solido, in vista di una probabile seconda ondata Covid
L’emergenza ha posto problemi enormi difficili da fronteggiare. I sindacati hanno posto la giusta priorità: la sicurezza sul lavoro. Inoltre, hanno ottenuto che la disoccupazione non degenerasse. Sta ora al Governo ed alle forze riformiste agire per non spingere il problema della occupazione nella palude dell’assistenzialismo. C’era e c’è ancora la necessità di fare sistema per reggere alla pandemia, la politica deve dialogare con le forze sociali. Il governo le ascolta ma non le ha coinvolte effettivamente. Occorre più dialogo ed il coraggio di guardare anche oltre le difficoltà attuali, il coraggio di guardare al futuro con una prospettiva a lungo termine. Il governo ha dovuto affrontare una situazione eccezionale con misure straordinarie. Abbiamo assistito a tante polemiche inutili e dannose, per ora, però, si è rincorsa la pandemia ed, in parte, era inevitabile. Ma serve, ora, una marcia in più, visto che i problemi si fanno sempre più insidiosi. Ad esempio, si è puntato molto sul Recovery fund ma non si è ricorsi al Mes per la sanità, che già in estate poteva attivare migliori difese contro la seconda ondata. E mentre, c’erano migliaia di lavoratori ancora senza Cig si è tardato a chiedere i fondi del Sure, che l’Europa ha messo a disposizione. Nel senso che finora sono state fatte manovre utilissime, mentre occorre fare delle vere riforme. La differenza è profonda. Le manovre servono per superare e rimuovere qualche ostacolo, le riforme invece hanno un respiro di prospettiva, indicano una strada da percorrere. È venuto il momento di impostare le riforme. Dobbiamo renderci conto che abbiamo perso molto tempo e ancora lo stiamo perdendo con l’incertezza che per esempio abbiamo sull’utilizzo delle risorse Mes di cui abbiamo davvero bisogno, visto anche come si stanno mettendo le cose in questa seconda ondata del virus che purtroppo stiamo vivendo. Bisogna recuperare il tempo perduto. I fondi europei vanno usati bene. Dimostrando di fare progetti seri e sapere spendere le risorse che avremo. Il nostro Paese ha ritardi infrastrutturali notevoli, dobbiamo accelerare la transizione energetica, creare nuovo lavoro che abbia la dignità di quello che tende a scomparire. Perché se la tecnologia non è adattata alla persona l’esito non può che essere la disumanizzazione. I manager avranno pure le loro responsabilità, ma dalla globalizzazione neoliberista non sono messi in condizione di fare altrimenti. Contano solo il risultato e i profitti. Il resto non ha valore. E in questo resto ci sono i lavoratori e i consumatori. Sul piano dei processi produttivi più avanzati, come le piattaforme digitali, è prevalsa la logica secondo la quale la tecnologia non è al servizio delle persone e della dignità umana, ma persone e dignità umana sono al servizio della tecnologia. Ciò porta a un’inevitabile conclusione: lavoratori e consumatori sono numeri e nulla più. Una riflessione a parte merita la sanità. Si commette un grande errore a ritenerla una alternativa alla economia. La sanità è buona economia. Dobbiamo in sintesi ridare priorità alla economia reale rispetto alla finanza. Uno sforzo che dovrebbe essere non solo italiano ma anche europeo. C’è bisogno di nuova progettualità anche da favorire attraverso gli stimoli di una cultura riformista. Occorre dare fiducia ai gruppi dirigenti più giovani. Hanno di fronte a loro un percorso accidentato. Faranno errori, subiranno sconfitte, ma attingendo alla passione, alla creatività, al realismo, potranno farcela. Cosa chiedere alla forze politiche riformiste? Due cose: non indulgere in una autosufficienza che oggi è solo una dimostrazione di debolezza e, favorire, sul piano sindacale un percorso forte di unità, nel rispetto dell’autonomia. La formazione sarà fondamentale per garantire il lavoro alle nuove generazioni. Ma attenzione senza politiche del lavoro efficaci e senza ammortizzatori adeguati alla trasformazione del lavoro la formazione rischia di essere solo una parola vuota. Dobbiamo comprendere che con pazienza va ricostruita una intelaiatura complessiva del sistema lavoro, a partire da una scuola rinnovata. Il populismo adesso appare meno forte, ma non dimentichiamo che poggia anche su logiche trasformiste e su un negazionismo che viene sottovalutato ed è quello del rifiuto della memoria storica, qualche volta perfino della nostra storia passata giudicata come un male assoluto da sfuggire. Il riformismo attuale e moderno va riconquistato riproponendo valori che saranno sempre più necessari: la solidarietà innanzitutto, la partecipazione, il progetto di società, il recupero di quel gradualismo nel promuovere una società che riduca le diseguaglianze che non è politica spicciola ma realizzazione di assetti sociali ed economici più solidi.
Alessia Potecchi (Responsabile Dipartimento Banche, Fisco e Finanza del PD Milano Metropolitana)