Andrea Pellegrino
Nel 2017 la proposta arriva direttamente in Consiglio comunale. Antonio Cammarota da anni ormai studia, propone e rilancia la sua idea di città che passa inesorabilmente attraverso la delocalizzazione del porto commerciale di Salerno. Oggi l’argomento torna all’ordine del giorno, sollevato dall’inadeguatezza del viadotto Gatto e dalla volontà ormai comune di ripristinare il doppio senso di circolazione in via Benedetto Croce. Il fatti tragici di Genova hanno acceso i riflettori sulla sicurezza dell’infrastruttura di via Ligea, con tutti gli annessi e connessi, con in testa il problema viabilità in ingresso in città. «Vogliamo vedere il dito che indica la luna o la luna?», dice Antonio Cammarota, riferendosi al possibile ripristino del doppio senso di circolazione in via Croce. «Lì c’è un problema legato alle famiglie che abitano in quella zona. Penso che dobbiamo ragionare su altro». Andiamo per ordine: Viadotto Gatto. Il caso è approdato più volte nella commissione trasparenza di cui Cammarota è presidente. «Un dato su tutti: è una bretellina, realizzata tanti anni fa quando non c’era questo viavai di mezzi pesanti. Dove collegare ilporto con l’autostrada. Oggi a tutte le ore del giorno, domenica comprese, è invasa da mezzi pensati e dalle auto». Altro problema, il dissesto idrogeologico e porta Ovest: «Sappiamo che la Sam ha instaurato un contezioso civile con l’autorità portuale. Sappiamo che la zona è a rischio idrogeologico. Parlano i fatti – prosegue Cammarota – e le frane e smottamenti che si sono verificati negli ultimi tempi. Una minima compromissione potrebbe far verificare ulteriori danni». Ed è per questo, dice ancora il consigliere comunale d’opposizione, «che mi preoccupa fortemente il dragaggio del porto. Immagino le sollecitazioni che la zona portuale e quella dell’Olivieri avrà durante gli scavi. Penso che vada assolutamente impedita una simile operazione». Ed ecco perché dobbiamo guardare alla luna: ossia al porto e pensare ed attivarci per la sua delocalizzazione. «Un po’ –dice – come sta avvenendo per le fonderie Pisano, si sta spingendo verso una delocalizzazione. Sul porto, stiamo spendendo ed immaginiamo di spendere notevoli risorse per adeguare qualcosa che non va bene in quel posto. Tutto questo a fronte, probabilmente, di una cambiale (politica) scaduta da tempo nei confronti di qualche imprenditore. Il destino di Salerno non è in mano agli imprenditori, le scelte non competono a loro». Tra l’altro, conclude, «quanto costa il nuovo porto? Quanto un nuovo ospedale o una nuova infrastruttura pubblica. Ed inoltre, a mio avviso, la delocalizzazione del porto consentirebbe nuovi posti di lavoro e restituirebbe un’area alla città di Salerno, con tutti i benefici del caso».