Il Cilento ritrovato, non sembra essere un vantaggio l’apertura del Maximall - Le Cronache
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Il Cilento ritrovato, non sembra essere un vantaggio l’apertura del Maximall

Il Cilento ritrovato, non sembra essere un vantaggio l’apertura del Maximall

di Alfonso Malangone*
Le domande angoscianti dell’Avv. Donato D’Aiuto sui tanti mali del Cilento, nell’edizione di Giovedi, meriterebbero risposte concrete da parte di coloro che, per almeno 50 anni, sono stati ai vertici della politica locale, compresi i dirigenti del Parco Nazionale. Purtroppo, sembra un auspicio destinato a rimanere tale. Perché, nei fatti, è ben difficile che le soluzioni possano essere fornite dai possibili responsabili dei problemi. Li avrebbero evitati, o già risolti. Comunque sia, il tema è troppo importante per restare privo di un contributo che possa evitarne l’oblio.
Su una cosa, è opportuno fare chiarezza: l’aperura del nuovo Maximall nell’ex Consorzio Agrario, alla frazione Lamia, non sembra un vantaggio. Innanzitutto, per i danni che arrecherà al già morente commercio urbano, poi, perché, se è vero che potrà offrire lavoro, non può essere motivo di soddisfazione l’ampliamento del numero degli sguatteri, dei vigilanti e dei commessi, detto con ogni rispetto. In verità, la destinazione assegnata all’area conferma il basso livello di progettualità presente in una Città nella quale non si è in grado di immaginare ‘parchi tecnologici’ per dare spazio ai laureati, costretti ad emigrare, e per invogliare le iscrizioni a corsi di studio più professionali. In sostanza, siamo e resteremo un luna-park offrendo un piatto di fagioli a chi deciderà di vivere da sottomesso culturale, per scelta o per necessità. E, questo, vale anche per i giovani del Cilento che dovessero essere assunti nel Centro Commerciale.
Quanto ai quesiti sul futuro dell’area compresa tra gli Alburni e il mare, da Agropoli a Sapri, è evidente che non è accettabile il suo spropositato ritardo rispetto al territorio Provinciale, così come attestato da indicatori economici e sociali davvero drammatici. Qui, purtroppo, si deve parlare di vere e proprie responsabilità da parte soprattutto di chi ha consentito che ci volessero 30 anni per fare la Cilentana, fino a Vallo, e quasi altrettanti per arrivare a Sapri, lasciando un impianto stradale interno risalente ai tempi del Borbone. Non meglio sta andando per la Fondovalle del Calore: 40 anni per fare 4 Km su 21. Una ‘vergogna’ nazionale di cui nessuno si ‘vergogna’. Ma, c’è di più. Incredibili contrapposizioni localistiche, inopportune e incomprensibili, hanno ostacolato l’integrazione tra area costiera ed area interna, creando due territori ‘mono-prodotto’: ‘mare’, da una parte; ‘non si sa bene cosa’, dall’altra. Nella prima, l’assalto estivo di masse variopinte dura un mese e mezzo circa, poi i piccoli centri diventano luoghi-fantasma nei quali si allungano, di sera, le ombre dei pochissimi residenti, inevitabilmente anziani. Nella seconda, un ambiente agreste, a volte anche aspro, offre l’immagine di una vita ancora regolata dai cicli delle attività agricole e dai rintocchi delle campane. Da entrambe, nel periodo invernale, va via la gioventù più volenterosa, destinata a divenire turista di ritorno nei periodi delle ferie, mentre quella che resta continua a trascinare l’esistenza nell’attesa del ‘quarto d’ora’ di vita della successiva stagione estiva.
E’ necessario conoscere questo Cilento, per progettarne uno ‘nuovo’ secondo una visione orientata a offrire ciò che serve per lo sviluppo, non quello che può convenire a chi propone per proprio interesse, considerandola terra di conquista e di asservimento. Così, fino a quando la fascia costiera sarà buona solo per i ‘bagni di mare’, e quella interna per i ‘funghi e le castagne’, al territorio nessuno chiederà di più e nessuno dei residenti avrà la forza di offrire di più. Per questo, escluse ipotesi progettuali fantastiche, forse ideate a maggior gloria personale di qualcuno, per una nuova vitalità di quel comprensorio, e per stimolare anche la creazione di nuove imprese, possono essere utili solo interventi coerenti incentrati sulla valorizzazione degli attrattori esistenti, combinati tra le diverse aree e tra i diversi comparti produttivi. In sostanza, per far crescere il Cilento è necessario far crescere, insieme, l’intera Comunità con tutte le sue attività, trasformando le indubbie diversità, anche caratteriali, in complementari e reciproche utilità. Il Cilento deve essere presentato come un unico territorio legato da millenarie radici ambientali, storiche, culturali e umane, per quanto fortemente identitarie a livello locale.
Adesso, da notizie di stampa, sembra ci sia consapevolezza dell’importanza di derelitte ricchezze archeologiche, come la ‘Civitella’. Ma, ci sono anche le Chiese dei Basiliani a fare la storia, da Camerota a San Giovanni a Piro, a Pattano, al Sacro Monte, a Laurino, a Rofrano. Nessuno se n’è ancora ricordato?
Eppure c’è la Sede di un Parco al quale spetterebbe il ruolo di ‘cabina di regia’ di progetti complessivi grazie ai poteri attribuiti dall’art. 3 dello Statuto, che sono immensi, come per la conduzione agricola (riscoperta di coltivazioni desuete dell’orto, del frutteto e dell’allevamento), il turismo (ambiente, storia, mare, tradizioni), il commercio, anche web (panieri della tipicità della Dieta Mediterranea), mostre e fiere (terracotta, ceramica, del saper fare), mobilità (percorsi sostenibili).
In sintesi, Gentile Avv. D’Aiuto, per l’auspicato sviluppo di questa terra, bellissima e difficilissima, tanto abbandonata quanto depredata senza ritegno, bisogna usare una fantasia positiva per immaginare interventi ’seri e veri’ incentrati sulla gestione unitaria di tutti gli attrattori disponibili, ciascuno di supporto agli altri, nel rispetto dell’identità dei luoghi e nell’ambito di circuiti plurimi spalmati sull’intero arco annuale. Non è difficile. La storia insegna che altrove ci sono riusciti. Forse perché hanno capito che non servono né imbonitori, né idoli, né eroi. Il Cilento cresce se crescono i Cilentani.
*Ali per la Città