di Erika Noschese
Il carcere di Fuorni sempre più orientato verso la cultura e il pieno coinvolgimento dei detenuti. Dal 27 marzo al 1 ottobre presso la struttura detentiva di Fuorni è infatti presente l’arazzo realizzato su cartone da Raffaele Sanzio, risalente alla prima metà del XVII secolo. La mostra – si legge nella nota – nasce dall’azione sinergica della direzione delle carceri, rappresentata da Rita Romano, del suo team di educatori penitenziari e counselor, del curatore Michele Citro, della Fondazione della Comunità Salernitana Ets, rappresentata da Antonia Autuori, che ha sostenuto l’iniziativa nell’ambito delle proprie attività di sviluppo socioculturale del territorio ed è il pretesto per avviare un virtuoso progetto di arte sociale che coinvolgerà 7 detenuti e 7 detenute, adeguatamente selezionati e formati, personalità istituzionali locali e nazionali, storici e critici d’arte, direttori di musei, accademici italiani e stranieri di storia, diritto, filosofia morale, arte, architettura e design, rinomati professionisti e, poi, scuole, università, associazioni, fondazioni e musei». Intanto, la direttrice Romano ha annunciato una importante collaborazione con il Comune di Salerno e l’assessorato alle Politiche Sociali con borse di studio destinate alle detenute.
«Abbiamo delle risorse che sono state stanziate per borse di studio per detenute a fine pena per cui con la direttrice Romano e la Casa Circondariale collaboreremo per questa e altre iniziative. Abbiamo deciso di istituire una rete permanente, un tavolo di confronto con le tante realtà economiche, sociali e culturali per dare altre potenzialità e prospettiva al carcere, ai detenuti che affollano il carcere», ha spiegato l’assessore Paola De Roberto.
Dottoressa Romano, una giornata particolare per il carcere di Salerno che spalanca le porte all’arte…
«Non solo cultura, arte e storia ma anche – riferendoci a quella che è la giornata di oggi (ieri per chi legge ndr) interventi concreti finalizzati all’inclusione sociale attraverso le opportunità lavorative che il territorio sarà in grado di offrire ai detenuti. Per quanto riguarda l’Arazzo presente qui il 27 è stata inaugurata questa mostra che prevede l’esposizione di questo Arazzo fino al 1° ottobre con l’opportunità di fare in modo che scolaresche e gruppi vari possano visitare l’Arazzo stesso la cui storia sarà illustrata da guide d’eccezione, i nostri detenuti, già formati».
Pochi giorni fa il blitz all’interno del carcere, sono stati trovati cellulari e droga.
«Sì, capita al carcere di Salerno così come capita a 360 gradi in altri istituiti ma questo non mi consola e non ci deve consolare. L’importante è che noi riusciamo ad intercettare queste attività illecite e a porvi freno per quanto possibile».
La Fials denuncia la carenza di medici all’interno della struttura detentiva, qual è la situazione?
«Dal punto di vista medico siamo messi abbastanza bene, abbiamo personale medico e paramedico a sufficienza, abbiamo diverse branche specialistiche. Per quanto riguarda le branche di cui non disponiamo vanno comunque sul territorio; possiamo dire che dal punto di vista sanitario grossi problemi non ne abbiamo».
Il sovraffollamento resta la problematica principale…
«Certo. Questa struttura può ospitare fino a 399 detenuti e ne abbiamo oltre 500 di cui 290 sono definitivi il che, per una casa circondariale, è un dato abbastanza importante. Fa da contraltare al sovraffollamento la carenza oggettiva di personale a cui bisognerebbe porre rimedio per evitare spiacevoli situazioni di cui parlavamo prima».
Con lei la Casa Circondariale è più viva, indirizzata verso l’inclusione sociale e il reinserimento sociale…
«Assolutamente perché dico che il carcere non può essere solo ombre ma deve essere anche luce affinché noi adempiamo a quello che è il nostro mandato istituzionale, quanto previsto dalla Costituzione per la quale la pena deve tendere alla rieducazione del condannato».
Tante le iniziative messe in campo per riabilitare nell’ottica del fine pena…
«Abbiamo trenta semi liberi che escono di mattina per lavorare e dedicarsi alle varie attività per rientrare la sera. Chiaramente questo dà un senso al tempo della pena, il riabilitare i nostri detenuti, i nostri ospiti con progressive opportunità di uscita fino alla libertà, accompagnandoli in questo cammino perché il tempo della pena non deve essere perso; l’importante non è uscire dal carcere ma non rientrare più».