I NO VAX della giustizia - Le Cronache
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I NO VAX della giustizia

I NO VAX della giustizia

di Michelangelo Russo

L’eco della provocazione dovuta all’articolo sul trentennale di Tangentopoli a Salerno continua, come nelle previsioni di chi scrive.Era chiaro che i negazionisti, terrapiattisti, sospettisti sulla CIA per l’11 settembre 2001, complottisti dell’uomo mai stato sulla Luna, no vax e tennisti ridicoli, avrebbero colto al volo l’occasione per apparire in cronaca e dire la loro. L’avvocato Giovanni Falci ha ben pensato di unirsi alle schiere di negazionisti di Tangentopoli dandomi, e dandoci, una lezione di diritto e di etica che non sta in piedi dalla radice.Innanzitutto la fustigazione del “diritto evolutivo” di cui Tangentopoli sarebbe stata frutto cozza contro l’essenza stessa del Diritto Romano, che l’avvocato Falci ha sicuramente studiato all’Università. Il Diritto Romano, che è la base del diritto moderno della cultura occidentale, è un diritto evolutivo per sua natura. E questo ne ha fatto la sopravvivenza millenaria, la capacità cioè di assimilare nel complesso normativo i cambiamenti sociali che dalla candela di cera ci hanno portato al Led. Altrimenti, il Diritto Romano sarebbe rimasto fermo alla legge delle dodici tavole del 450 a.C. (che fu la prima codificazione scritta) e sarebbe rimasto un reperto archeologico come il Codice babilonese di Hammurabi che sta al Louvre. Come Falci ben sa, fu l’interpretazione evolutiva dei giudici di merito (non esisteva la Cassazione) a creare il diritto vivo, e non mummificato, che ancora oggi applichiamo nelle sue “invenzioni” provvidenziali. E chiudiamo questo punto! Veniamo poi all’insulto inopportuno e ingiusto del “pool” salernitano paragonato a scimmiotti della Procura Milanese, nell’anno 1992 che per i Cinesi fu l’anno della Scimmia. Io, che faccio parte del pool, perdono Falci perché ha detto nell’articolo che mi vuole bene (e menomale!) ma appioppare sembianze di bipedi antropoidi al Procuratore Capo di Locri Luigi D’Alessio (istruttore del difficile e coraggioso processo al di Riace, Lucano) e a uno dei più stimati Presidenti della Corte di Cassazione, Vito De Nicola (entrambi membri del pool), forse è un po’ troppo! In ogni caso, è pure sbagliato storicamente, perché la Procura di Salerno avviò i suoi processi anche prima del 1992. La Fondovalle Calore nasce addirittura l’anno prima, quando il nome di Di Pietro era del tutto sconosciuto agli Italiani. Quando poi, nel luglio del 1992, il clamore dell’inchiesta salernitana ebbe eco nazionale, da Napoli ci raggiunsero tre Pubblici Ministeri, due già ampiamente noti come Arcibaldo Miller e Rosario Cantelmo, e il terzo, mi pare, un giovanissimo Gianni Melillo, appena arrivato a Napoli e oggi Procuratore Capo, per confrontarsi sui percorsi investigativi e giuridici che avevano portato al successo dell’inchiesta. Insomma, la Procura di Salerno non imitò nessuno, anzi fu un apripista.Invito i critici, perciò, a terminare questa litania di lamentele e lancio di pomodori su un periodo straordinario di impegno della magistratura salernitana che si estese alla qualità operativa dei collegi giudicanti; che non si fecero intimidire dalla potenza di fuoco della politica sotto inchiesta e dei potentati economici della filiera del cemento. L’esumazione dei fatti antichi voleva essere uno sprone alle nuove generazioni di magistrati (quando e se verranno, come spero, a conoscenza anche delle risposte polemiche) a conoscere e a riflettere sui risultati (e anche gli sbagli, per carità!) di chi li ha preceduti nello spinoso ruolo di accusatori e giudicanti su vicende di grande impatto e risonanza per il territorio salernitano. Quella Tangentopoli è finita da decenni, ed è solo storia. Ma, come scrisse Bertold Brecht nel commento al suo dramma sulla fine del Terzo Reich, “il seme da cui nacque è ancor fecondo”!