
Antonio Manzo
“Terra dei Fuochi. Bisogna smetterla con l’attribuire soltanto al nostro territorio questo marchio, in parte infamante, come se si trattasse di un fatto solo nostro”. Monsignor Antonio Di Donna, vescovo di Acerra, parla prima che sua Santità Bartolomeo I vescovo di Costantinopoli e patriarca e cumenico, cominci a parlare a Caserta della enciclica Laudato sì firmata da papa Francesco dieci anni fa. Monsignor Di Donna utilizza il plurale per denunciare lo storpio delle terre inquinate d’Italia dal nord al sud. “Non vorrei che di nuovo ancora una volta, un’ennesima volta, buttasse la croce sul nostro territorio come se fosse l’unico territorio inquinato”. Sì, le inesplorate Terre dei Fuochi d’Italia. E lo fa non per diplomazia di ospitalità per il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca in prima fila nel campo di Caserta ex sito militare e oggi un polmone di verde della città che la Chiesa ha voluto recuperare per la rigenerazione ambientale. Di Donna, responsabile ambiente della Conferenza Episcopale Campana, è il prelato casertano che ha avuto il coraggio di definire “tardiva e incompleta” la recente sentenza di condanna della Corte di Giustizia Europea (Cedu) che ha condannato l’Italia per non aver difeso la popolazione dai rischi dell’inquinamento ambientale denunciato dalle popolazioni indifese di questa fetta di territorio campano dopo essere stati etichettati come sobillatori rivoluzionari. Parla Vincenzo De Luca con un linguaggio di verità: “Avevamo ereditato l’improprio dazio ambientale imposto con oltre 4 milioni di tonnellate di ecoballe, un territorio martoriato dal 2000 al 2014. E, dovendo combattere anche le iniziative non sempre legittime di comitati popolari, abbiamo finanziato ben 12 impianti di compostaggio dei rifiuti da Giugliano a Caivano”. In prima fila c’è il generale dei carabinieri Giuseppe Vadalà commissario unico per la bonifica delle discariche e dei siti contaminati. Ascolta De Luca anche lui, delegato dal Governo ma senza soldi per la bonifica ambientale. E’ come la stessa storia della lotta alla brucellosi negli allevamenti bufalini del Casertano dove la Regione deve combattere anche contro esponenti politici che a Roma siedono al Governo e a Caserta sostengono i comitati anti-brucellosi. “Sono solo degli esempi di doppiezza – sostiene De Luca – che perpetuano la celebrazione di liturgie inutili a scopo del rito diffuso dell’anonimato diffuso quando si parla di responsabilità istituzionali inevase”. Se può essere utile, e per De Luca lo sono, basta ricordare i passi dell’evangelista Matteo, patrono di Salerno, e alla platea (presente con l’arcivescovo di Salerno, Andrea Bellandi) quando l’evangelista invita al “sia, invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno”. È anche il modo per ricordare degnamente il messaggio di papa Francesco fondato sull’ecumenismo e multilateralismo. E proprio a 50 anni dall’incontro a Gerusalemme tra papa Paolo VI e il patriarca Atenagora (Bartolomeo I da 34 anni è il suo successore), papa Francesco incontrò Muhammad Ahmad Hussein, settimo Gran Mufti di Gerusalemme e prego per la pace nel mondo sulla spianata di Gerusalemme. Nel nome di Abramo il Papa invocò la pace nel mondo come ricorda anche Bartolomeo I a Caserta dopo aver ascoltato Vincenzo De Luca che ricordava il messaggio del Pontefice scomparso per il quale c’è un modo di vivere che è il Vangelo, per credenti e non credenti. Fu la lezione di un cristiano assurdo che descrisse Ignazio Silone nel suo romanzo Avventura di un povero cristiano.