di Marco De Martino
SALERNO. Colacone. Il gelo. Palladino-Zaniolo bum bum, l’apoteosi. Le lacrime di gioia di Gregucci, la festa dei trentatremila dell’Arechi. Flash di una vita fa. Di due Salernitana fa. Sono passati più di otto anni da quella memorabile partita che consegnò alla squadra granata una salvezza in serie B che, di lì a qualche mese, si sarebbe rivelata effimera. Per tutti “Salernitana-Ascoli 2-1” è una delle gare più belle ed emozionanti della storia recente granata. Per qualcuno, Angelo Adamo Gregucci, è la serata di calcio più bella della vita: «Lo stadio era stracolmo -ricorda il tecnico- era la penultima giornata. Noi ci giocavamo la salvezza, l’Ascoli la promozione in A. Subimmo quasi subito gol. Ci fu un’incertezza di Schiavi, appena diciassettenne ed all’esordio dal primo minuto, Colacone ne approfittò e segnò. Subimmo il contraccolpo, andammo negli spogliatoi sullo 0-1. A quel punto ci guardammo in faccia, e quando entrammo nella ripresa sapevamo che avremmo ribaltato il risultato. Disputammo un secondo tempo meraviglioso ed alla fine vincemmo 2-1, soprattutto grazie all’aiuto del pubblico. Quella fu la serata di calcio più bella della mia vita». Longo, Bombardini, Palladino, Molinaro, Polenghi, Coppola, Lanzaro, Ferrarese, Shala, Rubino, una squadra ricca di talenti: «I più esperti erano uomini fantastici -ricorda Gregucci- su tutti Raffaele Longo, un vero signore. I giovani erano campioni in erba, come poi hanno dimostrato nella loro carriera. Perchè non lottammo per la serie A? Quando parti con un handicap iniziale in termini di punti (con Ammazzalorso i granata conquistarono 3 punti nelle prime 7 giornate, poi arrivò Gregucci nda) devi spendere molte energie per recuperare. Noi facemmo un filotto incredibile, battendo 4-0 il Genoa di Milito ancora imbattuto ed il Perugia in trasferta. Le prime due della classe. Poi, quando dovemmo fare il salto di qualità, pagammo lo sforzo, perdendo in casa col Verona e proprio ad Ascoli. Quando ci eravamo quasi risollevati fummo sconfitti in una gara incredibile ad Arezzo (decisa da un gol in fuorigioco di Spinesi e che poi fu inserita nella lista nera di Calciopoli nda) e fummo risucchiati. Alla fine però con due prestazioni straordinarie e con l’aiuto dei tifosi vincemmo con Catania ed Ascoli e ci salvammo in anticipo». Una salvezza che, purtroppo, fu vanificata dalle decisioni del Palazzo che escluse la Salernitana: «Una ferita ancora aperta. Quella fu l’ultima grande Salernitana. Il direttore sportivo Imborgia -racconta Gregucci- lavorò tantissimo, Aliberti conosceva ed amava la città e poi la squadra aveva delle basi solide da cui ripartire nella stagione successiva. Non doveva finire così». Ora, dopo otto anni di vicissitudini, la Salernitana sta tornando nel calcio che conta. Proprio Ascoli sarà una tappa fondamentale per Stefano Sanderra, messo in discussione dopo il secondo ko interno stagionale. Nella rosa di nomi fatti per la sua possibile successione c’è anche quello di Gregucci. Il tecnico romano, anche abbastanza infastidito, non vuole sentire parlare di un suo ritorno in granata: «Non rispondo perchè non voglio essere un elemento di disturbo per la società, per i calciatori ma soprattutto per il mio collega. Io rispetto la serietà di Sanderra e di tutto l’ambiente Salernitana. Per me l’immagine di Salerno -conclude l’ex bandiera della Lazio- resta ferma a quel 4 giugno 2005». A Colacone, a Palladino, a Zaniolo, alle lacrime di gioia, alla festa dei trentatremila dell’Arechi.