Gino Liguori non è più, una notizia che vola via - Le Cronache
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Gino Liguori non è più, una notizia che vola via

Gino Liguori non è più, una notizia che vola via

Di Antonio Manzo
Stavolta, la notizia, ce l’hai data tu. Purtroppo. Improvvisa, prim’ancora che riuscissimo a capire se fosse stata vera volutamente confondendola con il tuo spirito sempre vivace, pronto all’ironia e allo scherzo. Gino Liguori, da tutti conosciuto come Gigino, non è più. Il giornalista che ha raccontato Salerno e la provincia per oltre sessant’anni sul quotidiano Il Mattino, ieri sera si è spento all’ospedale di Eboli dove era ricoverato da due giorni. Il suo cuore non ha retto, dopo aver superato anche un intervento chirurgico . Di notizie, carissimo Gigino, ne hai portate tante, soprattutto, ne hai fiutato tantissime. Perché la tua era una attitudine ancestrale, viva, sanguigna. Notizie ne hai portato e trovate tante, fin dagli anni Sessanta al punto che ora nella redazione di via Torretta 4, avremmo potuto anche sorridere un pò, prima di cominciare a suonare su quei tasti della Olivetti lettera 82 creando spartiti che spesso cancellavamo con un filare di x per ricominciare. Stavolta non ci beffi, stavolta sei tragicamente serio. Per questo, scrivere la notizia che hai portato e scrivere di te al passato, per come ti abbiamo conosciuto e lavorato insieme per decenni, è una insopportabile contraddizione. Tanta e tale era la tua energia, la tua voglia di vivere, il tuo desiderio di essere presente agli amici, alla tua città. Nella vita hai fatto quel che volevi fino alla fine, amando il mondo e le sue contraddizioni e la tua famiglia che ora piange insieme a noi Annamaria, tua compagna di vita, i tuoi figli Alfonso e Maria Luisa. Tutto ciò per dire che fino all’ultimo, la tua preoccupazione era evitare il patetico della notizia. Ma il tragico no, perché quello ti interessava eccome da giornalista, una delle facce inscindibili della tua creatività ironica ma fruttuosa..
Sei stato un giornalista e non hai mai sopportato la banale realtà della rappresentazione. Sei stato inventore e attore di “pastiche”, di stratificazioni, con testi diversi, a partire dall’articolo di un giornale. A tavola, tra scoppi di risate e divertimenti era un piacere stare a tavola con te.Perche’ti piaceva raccontare quell’effervescenza di Corso Vittorio Emanuele. E lì che sapevi cogliere umanità e artificio, in quel serbatoio di cronache, di lingue e di racconti possibili insieme alle penne dell’indimenticabile maestro Nicola Fruscione, Onorato Volzone, seguiti sempre dall’infaticabile fotoreporter Giovanni Liguori. Li incontrerai tutti per tornare a Dio.E anche loro faranno fatica a convincersi della notizia stavolta tragicamente vera che comunicherai a loro. Loro ti conoscono quanto noi, meglio di noi. Immagina quando parlerai con Nicola, Onorato, Giovanni, Filippo Motta.Tutti quelli che hai martirizzato in vita con la tua ironia accompagnandoli nel lavoro a via Torretta 4. Partenza per seguire i grandi fatti di cronaca a partire dalla criminalità , dal terrorismo, dai giorni del terremoto vissuti tra lacrime e macerie, fino all’incontro e all’intervista ,dopo la cattura ,al boss Raffaele Cutolo al quale dedicasti anche la tua pietà chiedendogli se al figlio Roberto, rinchiuso in una stanza vicina nella caserma di largo Pioppi, avresti potuto portagli un pò di acqua e caffè. Ne potremmo raccontare tantissime delle tue gesta professionali. Sappi che non ce l’abbiamo fatta, purtroppo, ad andare insieme a Pagani dove si presenterà, il 22 prossimo, un libro sul mitico Giuseppe Mariconda, poliziotto di razza e di sangue, che beneficiò del racconto della sua straordinaria vita di “Maigret salernitano” nelle cronache che tu descrivevi insieme a bravissimi colleghi come Umberto Belpedio, Enzo Todaro, Lino Schiavone, Mario Perrotta, un giovanissimo Enzo Sica: una squadra imbattibile di cronisti di razza. Irripetibile ai tempi del comodo telefonino e dello schermo blu di un computer. Una “cognizione del dolore” che è concentrata in una notte interminabile, in cui tutte le storie si incrociano per fuggire via e dileguarsi nell’oscurità. Stavolta ci sei tu che ordini per l’ultima volta e ci dici: “guagliu’, mettete la macchina da scrivere a virgola, ci vuole ordine”. So bene che saresti perfino capace di tornare con Jerry Lewis, che da imbranato, fingeva di suonare su una macchina da scrivere. Torna Gino, percà siamo sicuri che sarai più bravo di lui.