Salvatore Memoli
La politica è la forma più alta di coinvolgimento dei cittadini. Tanto più efficiente ed utile quanto necessaria ed indispensabile per garantire la vita delle comunità democratiche. In democrazia prevale la decisione della maggioranza, la stessa opposizione ha un ruolo insostituibile nel complesso meccanismo della rappresentanza di tutti. Per le Regioni qualcuno ha deciso di utilizzare correttivi alla volontà popolare, limitando la rielezione delle stesse persone sulla sella di comando. É una cosa buona oppure inutile resta da capire e da inquadrare in un rendiconto che monitora la salute delle istituzioni. Per molti questa decisione le affossa a motivo di un dirigismo delle regole che assumono un ruolo invasivo rispetto alla libera decisione degli elettori. In poche parole il terzo mandato sarebbe un elemento nocivo ed antidemocratico del sistema elettorale, non per decisione della base bensì per scelta di un raggruppamento di partiti che con motivazioni diverse ha lo stesso obiettivo di limitare l’influenza politica di alcuni Presidenti di Regione, tra cui Vincenzo De Luca. La modalità seguita ha in sé un elemento corrosivo dei liberi modi di scelta di chi deve governare un sistema di potere degli Enti Locali. Il ragionamento di pochi, non amici di Vincenzo De Luca, ha avuto come obiettivo la limitazione della sua guida della Regione Campania e non anche la capacità di limitare l’influenza politica di questo personaggio che potrebbe addirittura essere ancora candidato al Consiglio Regionale, essere eletto, concorrere alla formazione della maggioranza politica per formare la Giunta, essere indicato come assessore e, forse, non tanto dubitativo, essere scelto come Vice Presidente della Giunta Regionale. Tutti sono convinti di aver vietato il terzo mandato alle elezioni Regionali, ma non hanno speso una parola per approvare un patto parapolitico ( soprattutto i partiti, solo apparentemente fustigatori) per tenere lontano da qualsiasi centro decisionale chi, per due mandati elettorali, ha deciso tutto in un Ente ed, ora, può rientrare in altri modi, dove i cittadini non possono sceglierlo liberamente di restare Presidente. Come si giustifica il patto finalizzato all’esclusione dei Presidenti uscenti?! Nessuno l’ha capito! Ritroveremo gli esclusi in posizione di potere critico verso le loro stesse maggioranze, impegnati a bloccarle ed azzopparle? Quando tutto ciò non sarà possibile, ritroveremo gli esclusi in posizioni di occupazione dei più importanti spazi politici dei territori? Dunque, la politica dei partiti continua a produrre mostri istituzionali e a non promuovere una cultura sociologica ed antropologica del cambiamento politico e delle giuste limitazioni personali in vista di un rinnovamento democratico delle rappresentanze. Operazione non facile, per carità! Ma se per alcuni il pericolo riguarda solo le Regioni per il riverbero delle presenze, dopo archi temporali lunghi, ripetitivi, obsoleti e marcescibili, perché abbiamo combattuto le monarchie e messo al bando quel sistema di governo, se ritroviamo in molti altri ambiti sempre le stesse famiglie, gli stessi clan, le stesse consorterie alla guida del nostro potere politico?! La vera crisi è lo scollamento tra società e politica. Due realtà che non si conoscono, non si interpretano, non si sostengono e non sostengono cambiamenti utili ad entrambe. Se la società non ha bisogno degli stessi politici per sempre, la politica non muove foglia per reprimere le opa dei potenti di turno dei quali non capisce il grande default sociologico di accettare di passare la mano. Ci sono incrostazioni di potere familiare e di clan che si fanno scudo del loro credo di essere gli unici capaci di fare il mestiere del Re, di governare un territorio, sentendosi migliori degli altri. Se, da un lato due mandati alla Presidenza della Regione sono troppi, la politica non ci fa mancare parlamentari che non sono mai usciti dalle aule di Camera e Senato. Che vuol dire questo? Che modo è di applicare un principio di rinnovamento a scacchiera, dove fa comodo? A nessuno viene in mente che le incompatibilità degli stessi a ricoprire incarichi pubblici di vertice sarebbero un bene auspicarle sempre ed in tutte le aree della vita pubblica?! Non si possono chiudere portoni ed aprire porte e finestre delle istituzioni che avvantaggiano gli stessi. Via dalle Regioni, dal Parlamento, dalle istituzioni elettive degli stessi personaggi e divieto di uscire da una scatola per occuparne un’altra! Questo principio democratico é talmente valido ed assorbente per la vita democratica che dovrebbe avere una dignità legislativa quasi costituzionale É talmente utile la rotazione che perfino nelle carriere dirigenziali, di magistrati e giudici, di alti funzionari e di boiardi di Stato dovrebbe diligentemente provvedere a far cambiare aria a tanta gente, spostandola fuori territorio, in situazioni nuove e contesti destrutturati da quelle camarille organizzative che permettono a molti il girotondo fruttuoso del potere e delle amicizie.





