Fulvio Maffia: la politica del sorriso. Da tutti si faceva chiamare per nome - Le Cronache
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Fulvio Maffia: la politica del sorriso. Da tutti si faceva chiamare per nome

Fulvio Maffia: la politica del sorriso. Da tutti si faceva chiamare per nome

Di Nunzia De Falco*
Se il nostro conservatorio di Salerno è diventata un’istituzione poliedrica, produttiva e dai molti primati in continua crescita il merito è di Fulvio Maffia. La ricostruzione storica del suo ruolo istituzionale è complessa e non entrerebbe in questo spazio, perciò voglio condividere ciò che all’esterno non si poteva cogliere di una personalità esuberante ed esposta come la sua e che ho imparato a conoscere, nella condivisione quotidiana del lavoro.
Il sentimento comune è lo stordimento, lo sgomento, ma il dolore collettivo ci stringe in una cordata di affetto. Siamo stati educati, nei fatti, a un senso di appartenenza istituzionale fondato sulla collaborazione e sullo spirito di cooperazione, trovando la stanza della direzione sempre aperta. Se inclusione è la parola chiave delle istituzioni educative del nostro tempo, il nostro direttore Maffia ne ha reso anche un’altra protagonista: accoglienza.
Credo sia nota la sua peculiare capacità di sollevare la crosta della burocrazia per districarne i fili intrecciati, l’illuminata capacità di precorrere i tempi stando sempre un passo avanti, di arrivare alla risposta prima ancora che molti altri ponessero la domanda.
Il nostro direttore, che da tutti si faceva chiamare per nome, rompendo le righe dell’irrigidimento formale, ha messo in atto la politica del sorriso. Prendo questa espressione da una donna energica ora a presidenza del Consiglio nazionale per l’alta formazione artistica e musicale, Giovanna Cassese, che la usa come modus operandi e approccio positivo a un organismo in un tempo di transizione, atteggiamento che fa effetto domino e che abbiamo avuto la fortuna di condividere nella gestione ottimistica e colloquiale del nostro conservatorio.
La grinta della voce squillante era il primo avviso dell’ingresso del direttore negli uffici di via De Renzi. “E’ arrivato”, il corridoio operante con carte, domande, ansie e confidenze lo attendeva. Ogni giorno, tra firme e responsabilità, lasciava spazio per l’ascolto, ininterrottamente fino al pomeriggio. Anche quando qualcuno di noi aveva una preoccupazione personale che si infilava nei pensieri, non la lasciava scivolare tra le scrivanie, nonostante l’usura di un lavoro incessante a cui si dedicava senza contare i minuti, ma focalizzandosi sull’obiettivo.
Non vi parlo della sua storia istituzionale, accademica e musicale, ma della quotidiana partecipazione da protagonista alla storia del nostro conservatorio, ambiente che frequentava come e forse più di casa sua, altra sua famiglia, perché è lì che ho incontrato l’essenza di una gestione umana tra pari, entusiasta e lungimirante.
Ho imparato a conoscere per davvero il direttore Maffia quando ho messo piede a Salerno da docente, emozionata e recalcitrante per la necessità di affermarmi da professionista e didatta in un ambiente che mi aveva accompagnato nella prima fase dei miei studi, fragile ma robusta, da poco divenuta madre, avendo perso mio padre nello stesso tempo. Volenterosa e sbilanciata, ho scoperto che sapeva essere una guida: erano passati anni e ho ritrovato una persona più plasmata dalle incidenze della vita, più sensibile e rigorosa.
“Sono arrivato quasi alla fine, Nunzia, questo forse è il mio ultimo incarico. Tu sei in crescita, io ho dato tanto. Comincio ad avvicinarmi alla pensione, se non me ne vado prima”. Nel presentimento dell’urgenza, nella consapevolezza della labilità della vita dopo aver pianto amici e colleghi, il pensiero che poteva succedergli qualcosa, da un momento all’altro lo sfiorava. Si è caricato come una molla con questo bisbiglio che probabilmente gli solleticava le orecchie ogni tanto, promuovendo così tante e gioiose occasioni di incontro musicale, da farci rigenerare continuamente nell’energia che la musica condivisa riesce a produrre, divertendosi in prima linea, emozionandosi con le voci e i suoni dei nostri brillanti studenti. Durante la festa della musica, così fortemente voluta, l’esplosione dei fuochi ci rendeva protagonisti di un gaudio collettivo, in cui spirito ludico e culturale andavano a braccetto, per liberarci dalla frattura del covid e per diventare enti partecipanti di una comunità, col suono e col movimento.
Perché era così, Fulvio Maffia, uomo sensibile e spirito dionisiaco, mediatore, buontempone, compagnone, risoluto ed entusiasta, goliardico e intelligente.
L’aver perso una guida istituzionale ci disorienta, l’aver perso un complice ci addolora. Ed è questo tratto umano che ci lascia, a farci sentire tutti un po’ più soli nelle aule del “Martucci.
*Docente di musicologia del Conservatorio “G.Martucci” di Salerno