di Andrea Pellegrino
Soldi indietro dagli ex operai della Marzotto di Salerno, l’Inps viene trascinato nuovamente in giudizio. Non finisce qui, insomma, la vicenda relativa agli ex lavoratori dell’ex Marzotto (fabbrica tessile) di Salerno che si erano visti riconoscere i benefici economici per l’esposizione all’amianto durante la lavorazione, per poi vederseli contestati dallo stesso istituto previdenziale. Anzi, l’Inps da più di un anno ha messo in moto procedure di recupero crediti che ammonterebbero fin a 40mila euro ad ex lavoratore. Davanti al giudice del lavoro pende una richiesta cautelare, presentata da un lavoratore che sta subendo il recupero forzoso delle somme. Il 24 giugno è fissata la prossima udienza. Il tutto mentre l’Inps è stato diffidato a revocare i provvedimenti di recupero credito nei confronti dei beneficiari delle somme per l’esposizione all’amianto. In prima linea ci sono gli avvocati Dante Stabile e Anna Amantea che seguono un nutrito gruppo di ex operai che potrebbero essere affiancati anche dall’Adiconsum della Cisl, pronta a sostenere la battaglia contro l’istituto previdenziale.
Secondo la ricostruzione dei fatti, l’Inps sulla base delle ordinanze della Cassazione che si è pronunciata su una questione procedurale amministrativa di puro diritto, senza contestare l’avvenuta ed accertata esposizione all’amianto dei lavoratori, ha proceduto ad effettuare trattenute sulle pensioni degli ex dipendenti, anche su importi esigui. Privando, così, i malcapitati pensionati anche delle somme necessarie alla propria sopravvivenza. Il riconoscimento all’esposizione era giunto in sede d’Appello innanzi al giudice del Lavoro, poi ribaltato in parte (per la procedura amministrativa), però, in Cassazione. Una pronuncia, quella del Palazzaccio, che avrebbe così messo in moto l’Inps che da più di un anno ormai vuole indietro i soldi, aggredendo anche pensioni minime. Come il caso portato che sarà portato all’attenzione del giudice del Lavoro il prossimo 24 giugno. «La trattenuta mensile effettuata dall’Istituto – secondo la ricorrente – è pari al 20 per cento dell’intero importo lordo della rata mensile di pensione e risulta, pertanto illegittima, ex articolo 69 legge 30 aprile 1969 numero 153 che, nel definire il cosiddetto minum vitale per i redditi da pensione, fa salvo l’importo corrispondente al trattamento minimo. Inoltre il pensionato, titolare di un contratto di prestito rimborsabile mediante cessione “pro solvendo”, ha ceduto la quota mensile di euro 120,00. Dunque l’importo della rata di pensione, al netto delle detrazioni è pari a euro 574,34. Importo del tutto insufficiente a consentire alla ricorrente di soddisfare anche le minime esigenze di vita ed al mantenimento di due figli a carico».
Ma al di là degli ultimi aspetti giudiziari, resta alla base accertato che tutti i lavoratori del complesso aziendale “Marzotto Sud” erano stati effettivamente esposti all’amianto e quindi per revocare il beneficio l’Inps avrebbe dovuto dimostrare la mancata esposizione.