Il primo appuntamento musicale dell’ Oasi dell’ozio creativo firmato dall’amministrazione comunale, vede protagonista la grande tradizione partenopea con la famiglia Fiscale al completo
Di Olga Chieffi
E’ il momento della musica nell’ Oasi dell’ ozio creativo, cartellone estivo del Comune di Ispani, firmato dalla nuova amministrazione guidata da Francesco Giudice, latore di una proposta eterogenea, capace di accontentare quel turismo che si ritroverà in questa perla del golfo di Policastro. Caratteristica di questo cartellone è di animare in primo luogo l’intero territorio di Ispani, con le sue frazioncine, nonché di riscoprire angoli pittoreschi e storici che impreziosiscono il paesino. Questa sera, alle ore 21,30, ci si ritroverà nella piazzetta di San Cristoforo, per un concerto di musica napoletana. La serata è stata affidata alla tradizione, sia vocale che strumentale, poiché sul palco saliranno i cantanti Enzo Esposito e Alessia Cacace, supportati dai fratelli Fiscale, con Luigi al basso, Mimmo alla batteria e Peppe alla tromba e sax midi, mentre al pianoforte ci sarà Nunzio Ricci. Sarà un viaggio musicale guidato dalla sirena Partenope; un excursus nella storia della tradizione partenopea attraverso le pagine più amate e anche poco conosciute della nostra tradizione musicale. Lo faremo con nomi che sono ormai nella storia della musica di questo genere, come la famiglia Fiscale, strumentisti che passano dal basso alla batteria, ai fiati senza alcun problema, grazie a papà Oreste, batterista insostituibile di Mario Merola. Risulta non facile fissare la specifica identità della canzone napoletana, perché essa è come un mare che ha ricevuto acqua da tanti fiumi. E’ figlia della poesia, come quasi tutti i canti di antica tradizione, e ha espresso, come le è universalmente riconosciuto i sentimenti, la storia e i costumi di un popolo. Nello stesso tempo, però, si è adattata alle esigenze di mercato, diventando, di volta in volta, canzone di taverna, da salotto, da ballo, teatrale, sia comica che drammatica, e chi sa quante altre cose ancora. Non sempre e non solo bisogno di canto e di poesia, quindi, ma anche buono o cattivo artigianato. Il fatto singolare è che la canzone, “porosa” come la città – per dirla con la definizione che Benjamin coniò per Napoli -, ha assorbito tutto, riuscendo a rimanere in fondo se stessa. Malgrado sia stata contaminata, nel tempo, da sonorità appartenenti ad altre culture e ad altri generi musicali, la melodia napoletana è riuscita a conservare un suo codice di riconoscimento, un proprio DNA, quel “profumo”, che la rende inconfondibile, come una lingua perduta, della quale abbiamo forse dimenticato il senso e serbato soltanto l’armonia, una reminiscenza, la lingua di prima e forse anche la lingua di dopo. Musiche e versi che con i loro contenuti hanno raccontato semplicità ed erotismo, essoterismo e magia, rituali sacri e profani, feste popolari. Ed è proprio qui che trova origine questo incredibile canzoniere, dove le suggestioni, le intonazioni, le evocazioni del nostro vernacolo si trasforma in un canto ora dolente, ora euforico, capace di esprimere l’eterno incanto dei sensi di questa magica sirena Partenope. Dal mare nascono e al mare ritornano, infatti, le note di questo concerto, che abbracciano la tradizione popolare, la “poesia cantata” del repertorio d’autore, completata dalla memoria sonora collettiva con il vigore ritmico e l’aggressività espressiva che sa trasformarsi in danza e nella eterna sfida del popolo partenopeo alla vita.