Dividevano il bottino dei borseggi con i ladri della stazione centrale di Milano: pena definitiva a due anni e 1 mese a testa per due poliziotti della Polfer, di cui uno salernitano (Donato Melella). Con loro sanzionata con tre anni e 8 mesi per una complice straniera. In precedenza la Corte d’Appello di Milano aveva ritoccato al ribasso la pena nei confronti dei due poliziotti. I due agenti Polfer (l’altro è Cosimo Tropeano) sono accusati di aver spartito con una banda di ladri il bottino di una serie di furti ai danni di passeggeri alla stazione di Milano. In pratica, gli agenti che erano finiti anche in manette chiudevano un occhio e poi prendevano parte dei proventi dei ‘colpi’. L’accusa per loro è quella di concussione e falso in atti d’ufficio, mentre per i borseggiatori l’accusa di associazione per delinquere finalizzata ad una serie di furti. I giudici di secondo grado dopo aver riqualificato il reato di concussione in induzione indebita (in base alla riforma Severino), avevano ridotto di un anno la condanna decisadal Tribunale che aveva pure dichiarato “estinto il loro rapporto con la pubblica amministrazione di riferimento”. Nel dicembre 2015 i due finirono ai domiciliari nell’inchiesta che aveva portato in carcere anche 23 nomadi di origine serbo-bosniaca, tra cui molte donne, accusati di associazione per delinquere finalizzata ad una serie di furti. Inchiesta condotta dalla polizia ferroviaria e dalla Squadra Mobile nata proprio da denunce di donne rom che hanno parlato sia delle «imposte» o «gabelle» sui proventi dei furti che i capi dell’associazione richiedevano, che dei «soprusi» dei due poliziotti. Il gruppo riusciva ad incassare tra i 5mila e 20 mila euro a settimana rubando portafogli, orologi e gioielli a facoltosi turisti, soprattutto giapponesi, americani o di origine araba, anche con la scusa di aiutarli all’interno dei treni, lungo i binari e sui tapis roulant della stazione. «L’importo dei reati può essere variabile da 100 euro a 10mila euro al giorno» aveva spiegato una delle arrestate. E per chiudere un occhio, questa la ricostruzione degli inquirenti, i due poliziotti (Melella era definito «il cowboy» dalle rom intercettate), in servizio alla sezione di contrasto ai crimini diffusi della Squadra Mobile, avrebbero chiesto e ottenuto soldi, come documentato dai filmati delle telecamere di sorveglianza. Sono due, in particolari, gli episodi contestati agli agenti: avrebbero ‘raccolto’ circa 1.600 euro, ma l’ipotesi criminosa comprendere anche altri episodi in cui non è stato rilevato l’ammontare preciso.
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