di Salvatore Memoli
Non lo dico a cuor leggero! Molti politici, l’opposizione di oggi al Governo, si rendono molto lo simili ai dissennati. Non è una buona giustificazione lo spartiacque della politica italiana, la posizione di chi difende una parte politica, per evitare di essere tutt’uno con essa. Quando ti accorgi di essere onesto con te stesso e libero di valutare le scelte degli altri con obiettività, non ti sottrai dal considerare l’insipienza di certe posizioni strumentali che mirano a trascinare nella dialettica politica argomenti e progetti che per loro natura non dovrebbero appartenere a singoli partiti bensì a tutti coloro che sono chiamati a governare la cosa pubblica.Lui ci Negli ultimi giorni mi è capitato di leggere critiche velenose della sinistra italiana contro il Ponte sullo stretto, liquidato con cattiveria, con fredda determinazione, come opera pubblica inutile e forse inopportuna. A detta dei sostenitori di questa tesi, il Ponte dovrebbe essere sostituito con iniziative a difese delle fasce più deboli, più fragili con interventi a favore dell’edilizia pubblica. Che cosa può essere simile a questo sciovinismo politico che getta nel vago, nel generico e nell’ovvietà l’idea di un progetto di opera pubblica che, invece, ha una sua radicale importanza ed originalità. Non si può accettare l’utilizzo di argomenti importanti per fare un duello politico viscerale. Capirei le opzioni ambientali, le contestazioni tecniche, le riserve sul
Progetto legate a ragionamenti di metodo. Non si può accettare che un’idea progettuale che ha dietro di sè una storia d’impegno professionale e politica venga barattata come banalità ideologica o demagogica. Tutte le opere pubbliche che qualificano un territorio, lo modificano, ne scrivono la storia architettonica o ingegneristica, sono da considerarsi interventi che si inseriscono nella maturazione della civiltà di un popolo, a prescindere da chi le propone. Le grandi opere pubbliche vanno valutate con molta attenzione perché sono molteplici i canoni di valutazione in rapporto alle valenze architettoniche, agli impatti ambientali, alle utilità del manufatto, alla cifra culturale dell’opera pubblica che deve essere valutata oltre alle emozioni individuali, recuperando i fattori positivi del suo radicamento nel patrimonio del Paese. Per una grande opera pubblica non si aspetta d’infilare tutti i consensi nello stesso momento. Penso spesso alle reazioni di parte degli addetti ai lavori e dell’opinione pubblica ostili a quest’opera fredda e lontana dalla cultura umanistica prevalente. Con la stessa franchezza pare di ricordare che molte costruzioni di opere pubbliche strade, palazzi e chiese non abbiano avuto sempre il consenso di tutti. Tuttavia la loro realizzazione ha sempre determinato un impatto critico, riserve architettoniche e perplessità per il recupero delle risorse finanziarie. Ma nel mondo, qualsiasi opera pubblica, non ha mai riscosso ovazioni da parte degli spettatori mentre la testardaggine del suo progettista o quasi del suo realizzatore è stata determinante per la nascita dell’opera. Le grandi opere, soprattutto quelle del patrimonio artistico e quelle dei lavori pubblici, hanno sempre accresciuto il potenziale, inclusivo, delle ricchezze ambientali che le colloca tra i beni prestigiosi di una nazione.
Il ponte sullo stretto di Messina, nonostante le previsioni del conto economico, sarà sicuramente un’opera che qualifica lo stato delle progettazioni italiane, rende visibile lo staff dei professionisti, concorre a determinare la qualità dei servizi da realizzare, la loro contestualizzazione nel territorio che ne riceverà i positivi riscontri logistici. Non vi è dubbio che il Ponte unirà meglio fisicamente la Sicilia al Continente, il suo obiettivo sarà decisamente rilevante per tutti quegli italiani che attraversano lo stretto, servendosi di una miriade di strumenti di trasporti pubblici che sarà sostituita da una proposta semplificata, moderna, razionale, logisticamente avanzata che renderà una soluzione definitiva di alta modernità per tutti. L’opera al di là delle sue finalità avrà un suo significato nella considerazione della vita di un Paese che investe sul suo ammodernamento. Tutta la storia degli interventi di opere pubbliche si colloca nella storia del costume di un Paese e di un Popolo, castrare i suoi risvolti significa voler accoppare le idealità di una Nazione che deve sempre costantemente migliorarsi. In un Paese civile le realizzazioni di opere pubbliche dovrebbe essere circondate da buona considerazione e da una condivisione delle prassi che portano alla sua approvazione e realizzazione. Le grandi opere pubbliche sono un pilastro costituente nella storia di un paese democratico, la loro ricaduta ha effetti distributivi dei benefici. Le stesse opere hanno bisogno semmai di essere inserite in piani pluriennali d’interventi ed accompagnati da progettazioni che si completano di relazioni che chiariscono il suo ruolo, la sua portata ed anche il riporto delle fonti di finanziamento, dello studio completo di tutti i fattori tecnici e finanziari che vengono definiti, legandoli alla storia del territorio ed a tutte le virruosità che generano.
Ecco perché è dissennato chi si mette di traverso nella realizzazione di grandi opere pubbliche. Anche per il ritardo che l’Italia ha accumulato nella sua comparazione con molti Paesi europei, tale da far ritenere il Paese fermo ad un periodo preevolutivo, sia nei servizi, nella viabilità, che nelle tante realizzazioni di spazi pubblici per l’arte, lo sport, il patrimonio museale, alberghiero- turistico … Con un elenco troppo lungo di lacune che tornano a disdoro di una classe politica complessivamente inadeguata a fare da locomotiva di un Paese che potrebbe correre ed invece va a passo lento!