di Enzo Sica
Rimpianti per aver lasciato il calcio? Diciamo il giusto anche perchè in questi quasi 35 anni di assenza dai campi di gioco Maurizio Di Fruscia, l’arcigno stopper della Salernitana degli anni 80′ che tanti giovani di oggi certamente non ricordano se non attraverso la memoria dei loro papà o dei nonni, non è che si ritrovi del tutto.
<Sono cambiati i tempi, credimi, però il nostro <Vestuti> stadio nel quale ho giocato dal 1981 al 1986 con la maglia granata mi incute sempre quella voglia di tornarci quando, magari, passo davanti aspettando, magari, che un giorno…
Un giorno cosa debba accadere?
<Guarda il problema di riqualificare il nostro vecchio stadio al centro della città è stato sempre un mio vecchio pallino. E da architetto, quale sono, quella idea di progettarlo in un certo modo proprio per tenerlo vivo al centro della città non è svanita del tutto. La mia provocazione è quella di poterlo fare gratis il progetto restituendo alla città il suo stadio visto che è una fortuna mantenere, però, in un altro modo questa struttura e non mettere solo le lapidi di chi, purtroppo, ci ha lasciato>
Ma d’altro canto, non dimentichiamoci neppure dell’Auditorium di via De Renzi a Canalone che tu hai progettato e sei stato anche direttore dei lavori ma non è stato mai aperto?
< Sì è vero. Sono passati ben otto anni con lavori iniziati nel 2015 e finiti un anno dopo, nel 2016. Non c’è stato mai nessun collaudo, tutto è rimasto fermo eppure visto che il conservatorio e l’auditorium dovevano andare a braccetto come capita ovunque e in ogni altra città solo da noi si è fermato tutto. Miopia politica? Direi di si ma su certe cose non bisogna essere miopi. Eppure sono soldi pubblici spesi senza che accadesse niente o si concretizzasse niente>
Forse è meglio parlare di calcio, dei tuoi anni alla Salernitana agli inizi degli anni ottanta, di quello slogan <picchia Di Fruscia> che nel Vestuti riecheggiava ad ogni gara della Salernitana?
<Diciamo che i tifosi chiedevano la cattiveria agonistica contro l’avversario di turno. Ma era nella logica delle cose anche se poi in certe difficili situazioni in campo non mi sono mai trovato. Si giocava, si dava il massimo cercando certamente di dare grandi soddisfazioni alla nostra eccezionale tifoseria che ci spingeva tanto quando giocavano sia in casa che in trasferta>
Tu arrivasti a Salerno da Brindisi insieme a Zaccaro?
<Si ci furono delle trattative improvvise tra le due società e mi ritrovai improvvisamente dalla Puglia a Salerno. Confesso però che appena arrivai ebbi subito delle impressioni eccezionali dal momento in cui misi piedi all’hotel Garibaldi dove stavamo noi calciatori del carissimo amico Gegè fino a quando andammo in ritiro in una località del nord con i miei nuovi compagni di squadra. Con i quali c’era un grande affiatamento ( il primo fu Angelo Del Favero) e grande amicizia. Cose che oggi possono sembrare banali e che forse non lo sono state in questa Salernitana che è retrocessa dalla serie A tra tutti i calciatori che hanno indossato la gloriosa casacca granata ma tra i quali, forse, non c’è stato quel feeling che era necessario>
Quando è importante, secondo l’architetto Di Fruscia,nel calcio moderno, aggrapparsi ai valori di un tempo?
<Direi tanto anche se, credimi, rimpiango quel calcio. Sono romantico? Forse. Oggi è solo business con i tifosi che non si rendono conto che è cambiato davvero tutto. Ed anche i tre anni di Iervolino come presidente nella massima serie di una grande e gloriosa società non sono stati sufficienti per fargli cambiare certe cose>
Anche perchè alcuni calciatori, che nella seconda stagione di serie A, sono stati eccellenti per quanto hanno dato, poi purtroppo si sono bloccati?
<Vedi il caso Dia, se a lui ci vogliamo riferire, ha inciso particolarmente sulla retrocessione. Dopo il suo buon secondo campionato della salvezza, voleva andare via e doveva essere accontentato. Credo che ci voglia anche rispetto per un calciatore. E’ chiaro che se lo trattieni forzatamente iniziano le beghe interne, si spacca lo spogliatoio e purtroppo finisce come la stagione scorsa. Le società devono anche capire che i calciatori hanno una loro vita a termine e, dunque, non li puoi neppure portare in tribunale come è accaduto con l’attaccante in questione>
Ora sembra che ci sono altre situazioni che vanno contingentate in breve tempo. Innanzitutto come vedi il duo Petrachi – Martusciello che sta lavorando per il futuro in serie B?
<Penso che vadano bene anche se condivido poco il discorso che fa il direttore di vendere prima e poi acquisto. Lo capisco perchè magari sono le indicazioni della proprietà ma una volta era l’allenatore a scegliere i calciatori e indicare affinché potessero essere utili al gioco che lui, il tecnico, voleva. Spero che la squadra possa essere rafforzata adeguatamente ed i tifosi di fede granata possano vederla in serie A>
Anni importanti a Salerno dove sei rimasto, chiusura di carriera nel 1990 a Castellammare di Stabia, architetto dal 1988 con la tesi che completasti a Matera dove eri andato a giocare su sollecitazione dell’allora presidente Franco Selvaggi. Cosa ti hanno dato, in definitiva, questi anni da calciatore?
<Mi hanno formato bene, posso dirlo anche se ho sempre anteposto il mio futuro al gioco del calcio. Non era facile ma studiavo e giocavo con l’obiettivo che quando sarei uscito dal terreno di gioco avrei avuto un buon avvenire. Credo di averlo raggiunto con la laurea e sono felice di quello che ho fatto. Tornando alla Salernitana le auguro davvero che possa riprendere in pochissimo tempo il percorso che purtroppo, ha dovuto interrompere in serie A con la retrocessione>