di Andrea Pellegrino
Ci ha abituati a sermoni contro la casta, i privilegi e così via. Fiumi parole, da gran moralizzatore, da super rottamatore della vecchia politica. E’ l’altra faccia di Vincenzo De Luca, quella televisiva e quella dei comizi pubblici. Poi c’è quella vera, autentica, dell’uomo politico figlio di quella classe politica che oggi raccoglie i frutti (economici) di quella bella epoca in cui i dirigenti di partito erano stipendiati per la loro attività. Ed è proprio grazie a quell’unico lavoro che Vincenzo De Luca, oggi governatore della Campania, percepisce la pensione. Proprio così, 3350 euro lordi per l’ex funzionario del Pci che nel corso degli anni ha accumulato contributi fino all’erogazione della tanto sognata pensione che le nuove generazioni forse non vedranno mai. Più di tremila euro (lordi) che non escludono, naturalmente, l’indennità di carica. Ma De Luca continua i suoi show, caricando le folle, gettando discredito verso gli apparati e verso i partiti. Insomma verso tutto ciò che lo ha mantenuto. Attacca Grillo, i grillini fino ad arrivare ai suoi stessi colleghi di partito, alcuni dei quali pare che non abbiano beneficiato degli stessi privilegi. Partiamo dal 1977, Vincenzo De Luca è lavoratore dipendente dell’associazione Democratici della Sinistra. Si tratta dell’organismo che manteneva a stipendio i funzionari dell’allora Partito comunista italiano e che De Luca, a poco a poco, scala a Salerno fino ad arrivarne ai vertici. Per un mese nel 1993 è in cassa integrazione fino ad approdare a Palazzo di Città. Qui, come accade, è l’ente comunale che versa i contributi in base al contratto in essere. Ed è così fino al 1998, poi sono tutti contributi figurativi versati per la carica rivestita. Ma dalle carte emerge un particolare in più: un’attività di collaborazione con la Fondazione Cassa di Risparmio Salernitana. E’ l’anno 2000 ed il compenso annuo è di 8200 euro. Nulla di illegale o di illecito, sicuramente: la pensione di Vincenzo De Luca appare legittima sotto tutti i profili. Ma certamente (politicamente) è la dimostrazione che tra il dire ed il fare c’è di mezzo il mare.