Conversazioni e altri dati intercettati dalle Procure di mezza Italia durante le attività di indagine che -invece di rimanere sui server installati negli uffici giudiziari – finivano in Oregon (Usa): è quanto ha scoperto nei mesi scorsi il pool cybercrime della Procura di Napoli che alla fine di febbraio ha messo sotto indagine quattro persone e ottenuto dal Gip il sequestro di due società, la e-Serv srl di Catanzaro e la Stm srl. Tutto ruotava intorno al sistema spyware Exodus, realizzato da e-Surv e commercializzato dalla Stm. Uno strumento in dotazione agli uffici inquirenti di numerose Procure con il quale era possibile tenere sotto totale controllo le attività telematiche degli indagati, anche le cosiddette “non intercettabili”. Le informazioni “giudiziarie”, però, invece di essere stoccate nelle unità di storage installate delle Procure (i server non avevano neppure il sistema operativo, ndr) venivano trasferite su un’area cloud di Amazon, illegalmente di esclusivo appannaggio della e-Surv. I quattro indagati sono il rappresentante legale e l’amministratore di fatto di Stm srl, e l’amministratore legale e il direttore delle infrastrutture Itdi e-Surv. A tutti vengono contestati, tra l’altro, la violazione delle norme sul trattamento dei dati personali e la frode in pubblica attività. Le indagini, coordinate direttamente dal procuratore di Napoli Giovanni Melillo, hanno portato alla definitiva cessazione di ogni attività della piattaforma informatica illegale. La Procura, inoltre, ha affidato agli specialisti del Cnaipic, del Ros, e del Nucleo Speciale Tutela Privacy e Frodi Tecnologiche della Guardia di Finanza una serie di perquisizioni, sequestri e acquisizioni informative su tutto il territorio nazionale. Sono state le continue interruzioni delle connessioni di rete tra client e server, qualche mese fa, durante un’intercettazione della Procura di Benevento, a dare il via agli accertamenti grazie ai quali è statopoipossibile scoprire l’attività illegale dello spyware Exodus.
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