Il nome Fierro, qui ad Olevano sul Tusciano è da sempre legato all’olio, l’oro che da sapore ai nostri piatti. È l’anno 1959, quando i coniugi Fierro Michele e Poppiti Carmela decidono di intraprendere l’attività di frantoiani. Inaugurando il frantoio Fierro, Michele e Carmela hanno legato per sempre le proprie sorti all’olivo. Michele, di mestiere era potatore e durante il periodo invernale, quando si svolgeva la raccolta delle olive spesso barattava il proprio lavoro in cambio di olio che a sua volta commerciava. Un sistema che ha conosciuto l’apice nell’apertura del frantoio. Michele era una persona avanti coi tempi, capace di comprendere il valore della “terra” e come vivere con essa. Gli oliveti sono stati la sua seconda casa, amava prendersi cura della pianta d’olivo e le era grato per l’olio, questo prodotto così ricco, nutriente, fondamentale per l’uomo. Purtroppo, Michele lascia molto presto la sua famiglia. Proprio come avrebbe voluto i suoi cari non abbandonano i progetti del padre, il Frantoio Fierro si arricchisce di nuova linfa e Luigi, il primogenito, mostra dal principio la sua lungimiranza. Capace di anticipare i tempi, senza forzarli, comprende di aver bisogno di maggior spazio. Non è una scelta facile, ma sa che è quella giusta. Sradica il frantoio Fierro dall’originaria sede individuata dal padre, per spostarsi in periferia. Corre l’anno 1997, e Luigi inaugura il nuovo Frantoio Fierro. Una rivoluzione in campo olivicolo, maggiore spazio, nuovi impianti più grandi, passando da un originario impianto a quattro presse ad uno nuovo ad otto presse. Anche questo però sembrava non bastare a Luigi, consapevole che la produzione di olio era in aumento, che il mercato stava cambiando, sentiva di apportare ulteriori migliorie alla sua attività. Fu così che decise ancora una volta di sfidare la sorte, e memore degli insegnamenti del padre, affiancò alle sue 8 presse un nuovo impianto. Un impianto continuo, moderno e tecnologico. E proprio come ci mostra la storia, di nuovo nuova linfa si aggiunge all’attività di famiglia. Michele Fierro, figlio di Luigi decide di portare avanti i sudati sacrifici del padre e del nonno. Sa che è la scelta giusta. Conosce il sapore che questa pianta straordinaria può regalare – d’altronde ha vissuto la sua infanzia negli uliveti della sua Olevano sul Tusciano-. L’ingresso di Michele ha fatto sì che fossero apportate ulteriori modifiche al frantoio. I tempi sono cambiati, l’impianto a presse diventa obsoleto e Michele pensa di stravolgere tutto ancora una volta. Sostituire il vecchio impianto a presse con un nuovo impianto ultramoderno. Il frantoio Fierro è da sempre tra le attività locali più all’avanguardia. Il mondo delle olive è cambiato e la famiglia Fierro con esso, continua a prendersi cura delle olive dalla raccolta al prodotto finito, la propria attività è iscritta ai severi disciplinari per produrre olio “Dop colline salernitane”. Attenta alla sostenibilità, nel 2007 fa installare un impianto fotovoltaico, riducendo notevolmente il consumo di energia elettrica preso dalla rete. Sensibili all’ecosostenibilità e all’inquinamento delle falde acquifere i coniugi Fierro fanno istallare nl proprio frantoio un ulteriore sistema di depurazione delle acque di scarico. La salvaguardia dell’ambiente è un monito che i Fierro hanno fatto proprio e che cercano di trasmettere attraverso il proprio operato anche ai propri clienti. Un ulteriore soluzione green è la riduzione degli scarti proveniente dalla produzione di olio, impegnando il rifiuto olivicolo, la sansa, in un processo di trasformazione che da come risultato il nocciolino, un combustibile ecologico. Tutto ciò è possibile grazie all’oliva, il frutto di questa pianta straordinaria. È impensabile pensare di riuscire a calcolare il valore economico dell’olio in un periodo medio lungo. Nei decenni si è passato da un prodotto capace di poter essere un giusto compenso per una giornata di lavoro di un operario ad un prodotto che economicamente parlando non vale più di pochi euro al litro. Un divario questo favorito dalla grande distribuzione e dall’affacciarsi sul mercato degli oli industriali importati ad altri paesi. Uno squilibrio influenzato ulteriormente dalla lenta scomparsa del produttore nostrano, che cura il proprio oliveto tutto l’anno affinchè si possano ottenere oli extravergine di ottima qualità. Paradossalmente ciò anziché far subire degli sbalzi al rialzo del prezzo dell’olio ha permesso che accadesse il contrario snaturando il valore effettivo che un prodotto Dop extravergine, prodotto con processi del tutto naturali possa avere. Nell’ultimo decennio gli sbalzi economici sono stati ulteriori e maggiori passando da prezzi notevolmente eccessivi a prezzi del tutto inappropriati per questo tipo di prodotto. Ritornare alla campagna potrebbe essere un’ottima campagna di ancoraggio verso un settore capace di provvedere al sostentamento economico di una famiglia italiana. Conoscere e imparare a prendersi cura della pianta dell’olivo è un’opportunità lavorativa che purtroppo oggi viene sempre meno a causa di un processo di industrializzazione innescato negli anni ’90 dalla grande produzione e mai più arrestato dimenticando che oggi più che mai c’è bisogno di un fare un passo indietro, di ricalibrare le proprie necessità, le necessità di un intero mercato che con le proprie scelte è la causa principale di un sistema che sta consumando le risorse naturali troppo velocemente.
Cosmo Nicolino