Le famiglie con figli festeggiano. Il Consiglio dei Ministri ha partorito – è il caso di dirlo – il decreto per l’ assegno unico, una misura di sostegno al reddito basata sul numero dei figli e che va riducendosi all’aumentare del reddito con un tetto fissato ai 50.000 euro: si parte da un massimo di 217,8 euro al mese per figlio per calare fino a 30 euro arrivando alla soglia massima di Isee. Scatta anche un rafforzamento degli assegni familiari che rimangono per i lavoratori dipendenti con figli e redditi bassi: per loro l’assegno unico arrivera’ dal prossimo gennaio. L’obiettivo e’ quello di aiutare i cittadini italiani, europei o con permesso di soggiorno, residenti in Italia da almeno due anni e che abbiano un contratto di lavoro almeno semestrale, nelle spese per la gestione dei figli. “E’ un momento bello per l’Italia – commenta la ministra della Famiglia, Elena Bonetti – E’ davvero il segno dell’Italia che rialza la testa, che riparte”. “Un impegno concreto verso le famiglie – ha commentato il ministro del Lavoro, Andrea Orlando – un pilastro di un nuovo modello di welfare che stiamo costruendo per i piu’ giovani”. A parlare sono i due ministri che insieme al titolare del Mef, Daniele Franco, firmano il decreto attuativo. Ma tutti i partiti commentano positivamente una misura nata da un iter parlamentare e approvata praticamente all’unanimita’. Di sicuro la misura sarà piu’ robusta dei tradizionali aiuti e arriverà direttamente sul conto corrente: a regime varrà sei miliardi in piu’. Per il momento, cioe’ gia’ dal primo luglio, l’assegno andrà ai lavoratori autonomi, disoccupati, incapienti e percettori del reddito di cittadinanza. Cioè a i circa 2 milioni di famiglie che prima non godevano degli assegni familiari. Il decreto approvato dal consiglio dei ministri e’ infatti un decreto “ponte” in attesa che l’ “assegno unico” venga esteso, a partire dal primo gennaio 2022 anche ai lavoratori dipendenti. Benche’ definito come “universale”, l'”assegno unico” si ferma alle famiglie con un reddito Isee fino a 50.000 euro e in alcuni casi andra’ a sommarsi alla misura del reddito di cittadinanza e verra’ erogato dall’Inps. Spulciando dalle tabelle allegate al “decreto ponte” emerge che una famiglia con un reddito annuale fino a 7.000 euro ricevera’ un assegno di 167 euro al mese per figlio, che sale a 217,8 euro a figlio “per i nuclei con almeno tre figli minori” cioe’ dal momento in cui si entra nel settimo mese di gestazione del terzo figlio. In caso di tre figli quindi l’assegno mensile sara’ di 653,4 euro per 7.840,8 euro annui. La cifra scende all’aumentare del reddito chi ha un reddito da 40.000 a 50.000 euro lordi ricevera’ 30 euro al mese a figlio, 40 a partire dal terzo. Chi, ad esempio ha un reddito intorno ai 30.000 avra’ 51 euro o 67 euro a partire dal terzo figlio. L’ammontare dell’assegno e’ stabilito in base a un algoritmo che segue da vicino la variazione del reddito per assicurare la massima equita’. L’assegno e’ poi aumentato di 50 euro mensili per ogni figlio minore con disabilita’. Oltre che con il reddito di cittadinanza, l’assegno e’ sommabile anche ad altre “misure in denaro a favore dei figli a carico erogate dalle regioni, province autonome di Trento e di Bolzano e dagli enti locali,”. In attesa che l’assegno entri in vigore anche per i lavoratori dipendenti, il “decreto ponte” ha aumentato anche gli assegni familiari di 35,7 euro mensili a figlio per i nuclei familiari fino a 2 figli, per i nuclei familiari di almeno tre figli gli importi sono maggiorati di 55 euro per ciascun figlio per equipararli al trattamento previsto dall’assegno unico. L’onere della misura e’ di 3 miliardi complessivi: 1,580 miliardi di euro per finanziare “l’assegno unico” . 1,380 miliardi per finanziare l’aumento degli assegni familiari dei dipendenti, e 30 milioni di euro per il rifinanziamento dei centri di assistenza fiscale previsti dallo stesso decreto La misura non va letta come un primo passo della riforma dell’Irpef richiesta dal Recovery Plan. In realta’ dovra’ piuttosto essere necessariamente armonizzata con il pacchetto fiscale che Governo e il Parlamento dovranno affrontare nei prossimi mesi. In questa sede bisognerà evitare che “l’assegno” finisca – come al momento è destinato necessariamente – per aggravare i disequilibri del peso fiscale che grava sul ceto medio dipendente, disequilibri gia’ ampiamente denunciati nel corso dell’indagine conoscitiva fatta dal Parlamento proprio in vista della riforma.
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